Tattica di intervento del partito rivoluzionario

Dalle tesi del V Congresso del P.C. Internazionalista, 1982 - Rapporto partito-masse

Scopo permanente della battaglia politica del partito e dei suoi quadri è la sconfitta della ideologia borghese, nelle sue diverse forme e specialmente nella forma socialdemocratica (perché la più pericolosa e influente) in seno alla classe operaia. Tale sconfitta, che è già maturata nei dati obiettivi e cioè nella incapacità delle ideologie e dei programmi socialdemocratici a risolvere le crisi di ciclo, deve tradursi nell'orientamento rivoluzionario del proletariato e nel ritorno del programma per il comunismo alla direzione del movimento operaio.

Ciò non significa che il partito subordina alla conquista della maggioranza del proletariato nelle sue file la possibilità della intrapresa e della vittoria della battaglia per il potere. Il Partito ha da lungo tempo assodato e riconferma che è nello svolto della situazione obiettivamente rivoluzionaria, nel momento storico in cui la dinamica stessa del capitale si incarica di spingere sull'arena di lotta l'intera classe operaia nel ruolo di materiale antagonista alla conservazione borghese, che il programma rivoluzionario può attrarre a sé le masse proletarie in lotta. Tale assunzione del programma da parte delle masse non consiste nella organizzazione di queste nel partito, bensì nell'operare negli organismi di lotta prima e di potere poi, che la classe si è data (i consigli operai) secondo le indicazioni e il programma politico del partito comunista.

L'attuale preminente battaglia contro la socialdemocrazia e le sue molteplici diramazioni, deve assicurare al partito l'organizzazione - nel suo seno e sulla base della sua piattaforma - delle avanguardie politiche che il proletariato esprime e che sono tuttora vittime delle più diverse mistificazioni sortite dalla rovina della Terza Internazionale e ancora indugianti su posizioni opportunistiche o confuse.

Le possibilità di simili acquisizioni sono dipendenti dalla capacità del partito e dei suoi militanti a presentare in tutta la sua chiarezza e determinazione la teoria e la pratica per il comunismo. Ciò vale a dire che tali possibilità sono escluse se viene a mancare, o si nasconde, la originalità politica, teorica e organizzativa del partito comunista rivoluzionario.

Non ci si può infatti illudere che le bufere prossime, spazzando via le inconsistenti ideologie e tendenze di falsa sinistra che ammorbano oggi l'ambiente operaio, portino, per forza propria, a un rafforzamento organizzativo del partito con un nuovo orientamento di quelle che vengono genericamente considerate avanguardie. Il programma rivoluzionario orienta e attiva nuovi militanti solo se e in quanto il partito, che ne è portatore, sarà stato capace, pur nei limiti operativi che la situazione gli impone, di farlo vivere, di farlo circolare, di tradurlo in prassi organizzativa all'interno del proletariato.

  • Il crollo delle impalcature sovrastrutturali borghesi che si accompagna all'atteso collasso economico, determinerà una situazione caotica, di totale rimescolamento della scena sociale, politica e anche civile, nella quale il partito rivoluzionario potrà costituire un polo di attrazione di classe, un solido punto di riferimento per le disperse soggettività politiche, alla sola condizione che esso sappia attrezzarsi a reggere gli urti più violenti. Ciò significa che il partito dovrà porre, come sempre, la massima attenzione nella preparazione e forgiatura dei suoi quadri per renderli capaci di affrontare la battaglia contro la guerra imperialista che si profila e contro tutte le correnti che alla guerra trascinano il proletariato e che nella guerra lo vorranno far soggiacere.
  • Per quanto riguarda gli organismi solo apparentemente aperti, ma che in realtà si configurano come "intergruppi", il partito opererà per stimolare e importare in essi la discussione dei problemi politici reali di classe. I quadri internazionalisti persisteranno in tale lavoro sino a che non si dimostri impossibile con il loro allontanamento, fino al già sperimentato fallimento e scioglimento dell'organismo stesso.
  • Medesimo atteggiamento sarà tenuto nei confronti dei cosiddetti circoli o gruppi operai, i quali - presentati dagli opportunisti e dai controrivoluzionari come spontanee emanazioni del proletariato - sono in realtà espressioni di minoranze più o meno politicizzate, quando non di particolari tattiche di organizzazioni avversarie. Nell'uno e nell'altro caso l'intervento dei rivoluzionari consisterà nel denunciarne la vera natura e smascherando le inevitabili reazioni dell'avversario. Nell'eventualità di una genuina natura operaia, sarà così assicurata la possibilità di lavoro secondo le linee di partito.
  • Il partito e i suoi quadri porranno comunque la massima attenzione a che la più rigida osservanza l'indipendenza e originalità del partito rivoluzionario e la più assoluta esclusione di ogni tipo di fronte unico o alleanza con forze estranee, non si traducano in atteggiamento settario e tale da precludere le future possibilità di attrazione da parte del partito di militanti oggi ancora inseriti in organizzazioni e tendenze opportuniste o confuse.
  • Deve essere sempre tenuto presente che le soggettività oggi ancora inquadrate nelle espressioni politiche della sconfitta o addirittura nella socialdemocrazia, potranno domani orientarsi verso il partito rivoluzionario, quando il collasso dell'economia capitalista e delle sue istituzioni determinerà lo sconvolgimento degli attuali squilibri politici.
  • Il partito conferma la classica posizione marxista, valida per l'intero arco storico del capitale, secondo cui forza centrale della rivoluzione comunista è la classe operaia, in quanto unica classe capace di superare la contraddizione fra socialità del lavoro produttivo e proprietà dei mezzi di produzione. È dunque alla classe operaia nei centri di produzione che il partito continua a rivolgere il suo intervento teso alla direzione politica.
  • La crescente disoccupazione e la progressiva proletarizzazione di strati sociali precedentemente dispersi sul territorio, hanno indotto alcune nuove forze della vecchia tradizione sostanzialmente socialdemocratica a spostare su di essi il centro della attenzione, dando per morta la classe operaia o comunque non più centrale alla strategia per il comunismo.
  • Il partito comunista, nel mentre denuncia per anticomuniste tali pretese strategie alternative, riafferma invece la necessità della ricomposizione della complessiva potenza proletaria attorno al nucleo centrale produttivo, riconquistato alla sua lotta di classe anticapitalista.
  • Il complessivo dispiegarsi dell'intervento rivoluzionario sul territorio e verso gli strati disoccupati o marginalizzati, sarà dunque teso a ricomporre tale unità di classe sulla base dell'unica piattaforma rivoluzionaria.
  • In concreto, l'azione dei comunisti fra i disoccupati o i marginalizzati consisterà nel legare le battaglie di questi alla lotta operaia in fabbrica, eventualmente dirigendo le forze organizzate verso la mobilitazione e l'agitazione, tendenti a stimolare l'insorgere delle lotte degli operai occupati.
  • L'unità di classe che perseguiamo consisterà nell'operare coordinato e congiunto di occupati, disoccupati e proletari nelle battaglie di fabbrica e nel territorio sul quale le fabbriche esistono.

La competitività dell'azienda è uno degli argomenti (e delle preoccupazioni) di fondo del sindacalismo e del riformismo dominante. Per stare sul mercato si devono ridurre i costi della manodopera e/o aumentare la produttività: a questo imperativo si adeguano i sindacati i quali si limitano al tentativo di distribuire questa operazione in modo equo fra tutti i lavoratori ed a costo zero per l'azienda - dopo averne constatato e approvato la necessità secondo le leggi della produzione capitalistica.

L'azienda deve continuare la sua attività per il mercato e il capitale investito deve avere il suo giusto profitto. Questa è la logica portata avanti dal sindacato, il cui obiettivo è quello di gestire, amministrare le fasi delicate della crisi in modo quanto più morbido possibile attenuando i metodi troppo brutali e discriminatori dell'azienda. I sacrifici - ammessi e concessi dal sindacato stesso - vanno ripartiti fra tutti i lavoratori affinché la crisi sia gestita democraticamente. Questo è il massimo che si possa chiedere al capitale nel tentativo di addomesticare le inevitabili (e sempre pericolose per l’ordine sociale) ribellioni operaie.

Negando il rapporto diretto esistente fra aumento della produttività e conseguente esubero del personale (è questa una delle principali contraddizioni del modo di produzione capitalistico il quale non può ridurre al minimo l'orario di lavoro senza ridurre il salario e quindi costringendo alla miseria il proletariato, anche quello più fortunato, cioè occupato), il sindacato arriva al suo massimo livello rivendicativo: quello della cassa integrazione a rotazione fra tutti i lavoratori. Questa falsa concezione dell'egualitarismo (e come tale spacciata) non mette in discussione la fondamentale disuguaglianza tra i capitalisti e i privilegi di cui gode tutta la classe borghese - da una parte - e i lavoratori, le miserie, sofferenze ed emarginazioni a cui viene condannato il proletariato - dall'altra parte.

La medesima logica sindacale (vale a dire di conservazione dell'attuale modo di produzione e distribuzione, il capitalismo) fa capo, per esempio, ai contratti di solidarietà, una delle ultime spiagge sulle quali i sindacati si rifugiano per gestire i più bassi livelli di forza-lavoro richiesti oggi dalla produzione capitalistica. Ovvero, riduzione generalizzata degli orari di lavoro con conseguente riduzione del salario per tutti. L'importante è che in ogni caso i costi dell'operazione ricadano sui lavoratori per il bene dell'azienda ed a salvaguardia della sua competitività.