Breve storia internazionalista della sinistra comunista italiana

Testo presentato ai compagni dell’EKS il 5 marzo 2009

“Noi del Partito Comunista Internazionalista - sezione italiana del Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario - veniamo direttamente dalla sinistra comunista italiana e abbiamo fatto i necessari passi avanti, affrontando le reali dinamiche del capitalismo e la natura attuale dell’imperialismo (che, ricorda, non è solo una politica). Secondo noi, gli altri che vengono dalla tradizione della sinistra comunista italiana o ne hanno abbandonato il terreno metodologico generale - e questo è il caso della CCI - o - come i bordighisti - sono rimasti fermi (invarianti?) alle posizioni del 1921-22, ponendosi al di fuori dallo sviluppo delle prospettive rivoluzionarie rispetto al capitalismo odierno.” (Mauro Stefanini, in una e-mail a un contatto)

Il termine “sinistra comunista” oggi crea un po’ di confusione. I gruppi che aderiscono alla Bureau non usano spesso il termine. Preferiamo essere chiamati “internazionalisti”. Cerchiamo anche di non usare il termine "sinistra italiana", che pure può creare molta confusione. Nella tradizione della “sinistra italiana” ci sono tre componenti: il Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista, il gruppo principale del futuro IBRP), la Sinistra comunista francese, precursore della CCI, e i bordighisti, oggi rappresentati da tanti gruppi che non possono facilmente essere enumerati, ma il cui ceppo originale è quello di Programma Comunista; i gruppi bordighisti di solito prendono il nome di “Partito comunista internazionale”. Per noi una delle più grandi confusioni è che, quando diciamo che apparteniamo alla tradizione della sinistra comunista italiana, veniamo spesso identificati con Bordiga e il bordighismo.

La sinistra italiana ha vissuto due periodi in cui le sue idee hanno avuto un grande seguito, gli anni 1919-24 e, in misura minore, gli anni 1943-49. Curiosamente nessuno di questi periodi viene discusso in qualsiasi forma nell’opuscolo della CCI sulla sinistra italiana. Questo è dovuto al fatto che la CCI non si riferisce a tutta l'esperienza della sinistra italiana e certamente preferisce guardare al periodo degli anni 1930, quando la sinistra era debole, divisa e stava cercando di trarre un bilancio rispetto al tradimento della Terza Internazionale e lo sviluppo di una nuova forma di capitalismo in URSS. Tuttavia, quello è il periodo in cui Marc Chirik, fondatore della CCI, ha iniziato la sua attività politica in Europa occidentale, quindi per loro è più significativo.

Il Partito Comunista d'Italia

A partire dalla Prima Guerra Mondiale e dalla Rivoluzione Russa, il grosso problema in Italia è stato quello della creazione di un partito comunista che potesse affiliarsi alla Terza Internazionale istituita nel 1919. Il problema che la sinistra aveva di fronte era la confusione deliberatamente diffusa da parte del PSI, sotto Serratti, che manteneva aperta la possibilità di affiliazione alla Terza Internazionale, senza effettivamente farlo. Inoltre, il PSI aveva mantenuto una ambigua posizione di “né sostegno, né sabotaggio” rispetto alla guerra, a cui l'Italia non partecipò fino al maggio 1915. In questo modo riusciva a confondere ulteriormente le acque. In quel periodo (1919-20) l'Italia era alle prese con sommovimenti politici, con i lavoratori che occupavano le fabbriche e scioperavano in migliaia; è questo il periodo definito “Biennio Rosso”. Ma non vi era nessun partito di classe che potesse guidare queste lotte all’assalto contro lo stato. I lavoratori rimasero chiusi nelle fabbriche e la classe dirigente dovette solo aspettare fino all’esaurimento del movimento stesso. In quel periodo gli “intransigenti”, come erano chiamati all’epoca quelli della sinistra, riuscirono a compiere la rottura con i socialisti e fondare il Partito Comunista d'Italia, a Livorno nel 1921; ma il movimento era già finito e la borghesia stava già virando verso il fascismo.

Il partito appena fondato era stato creato dalla sinistra, e il suo primo segretario generale fu il giovane Amadeo Bordiga. Bordiga aveva una tendenza al formalismo, anche allora, e uno dei suoi errori fu quello di chiamare la sua frazione “la frazione astensionista”, quando in realtà avrebbe dovuto chiamarsi frazione comunista. Il risultato fu che molti comunisti, che pensavano che il parlamento dovesse essere utilizzato come tribuna per ottenere pubblicità (ma senza vederlo come una strada per la conquista del potere) esitarono ad aderire, e questo comportò non solo una dimensione del partito numericamente inferiore a quella che avrebbe dovuto avere, ma anche che il partito apparve più tardi di quando avrebbe dovuto. L’idea tattica di Bordiga, alla base della scelta del nome “astensionista”, era che il vecchio partito socialista fosse diventato corrotto e riformista, perché i suoi membri avevano ottenuto i privilegi da parlamentare, e questa era la sua maniera di tenere fuori i riformisti. Aggiunse altra confusione il fatto che Bordiga andò al Secondo Congresso del Comintern e insistette per aggiungere la 21a condizione, ossia che tutte le decisioni del Comintern fossero vincolanti per tutti i partiti comunisti. Ciò significava che lui aveva vincolato il Partito Italiano al lavoro in parlamento e nei sindacati, cosa da alcuni considerata un passo indietro. Ma Bordiga era stato coerente nell’insistere che la fondazione della sezione italiana della Internazionale avesse la precedenza su tutto. Questo spiega perché una delle critiche di Bordiga ai compagni del KAPD, la sinistra comunista tedesca, era che questi sollevavano questioni da loro ritenute tattiche fino a farne questioni di principio, da anteporre all’unità dell’azione comunista. Scrisse a loro che “come marxista sono prima di tutto un centralista, e solo dopo un astensionista”.

In Italia intanto la situazione era sempre più disperata per la classe operaia, dato che lo slancio rivoluzionario era stato perso. Ora faceva seguito un periodo di reazione. Allo stesso tempo il Comintern era in visibile declino. Al suo quarto Congresso, nel 1922, aveva deciso di adottare la forma dei “fronti uniti” con quegli stessi partiti socialisti che avevano sostenuto la guerra imperialista e che avevano gravemente rallentato il processo di fondazione dei partiti comunisti. Per la sinistra comunista l'adozione del fronte unito segna un punto di svolta nella storia della classe operaia. È uno dei fattori che oggi ci distinguono da tutte le correnti trotskiste.

In Italia la sinistra, che controllava ancora il partito, propose l'idea di proclamare un “fronte unito dal basso” e provò anche a convincere gli altri partiti dell'Internazionale ad adottare questa interpretazione. L'idea era che i comunisti avrebbero collaborato con i lavoratori socialisti a livello di fabbrica, ma non con i loro partiti. Tuttavia, anche questo era troppo per il Comitato Esecutivo del Comintern che, quando Bordiga fu arrestato dal governo fascista nel 1923, ebbe la possibilità di insediare Gramsci come segretario del partito. Gramsci aveva sempre riconosciuto Bordiga come il vero leader del partito, ma Mosca prevalse su di lui nella sostituzione del più noto leader. Sotto di lui il partito fu “bolscevizzato” e la sinistra fu gradualmente allontanata dal potere.

Bordiga non si oppose attivamente a questo processo, dato che riconosceva l'autorità centrale del CE del Comintern. Ma non nascose la sua opposizione dal nuovo corso che il partito e l’Internazionale stavano prendendo. Ciò lo portò a sostenere gli sforzi dei compagni del Comitato di Intesa che avevano redatto una critica della degenerazione del partito. Tra i firmatari c’erano Onorato Damen e Francesca Grossi (Cecca), che successivamente diventerà sua moglie. Gli stessi saranno in seguito tra i fondatori della nostra sezione italiana, il Partito Comunista Internazionalista. Il Comitato di Intesa sosteneva che

“È errore ritenere che in ogni situazione si possa con espediente e manovra allargare la base del partito tra le masse, in quanto i rapporti fra partito e le masse dipendono in massima parte dalle condizioni oggettive della situazione.” (Piattaforma del Comitato di Intesa, leftcom.org )

Il CE del Comintern chiese l'espulsione di tutti coloro che avevano sostenuto il Comitato. I suoi membri furono privati di tutti gli incarichi da Gramsci, ma la sinistra continuò a combattere politicamente contro la degenerazione del partito. Il culmine si ebbe nel 1926, in due eventi che riassumono questa lotta: l'ultimo discorso di Bordiga alla Internazionale Comunista e il Congresso di Lione del PCd'I. La prima vide Bordiga denunciare Stalin, l'abbandono dell'internazionalismo da parte della rivoluzione russa e il trattamento di Trotsky. Si dice che Stalin abbia risposto "Che Dio vi perdoni". Ma il PCd'I certamente non lo perdonò. Al Congresso di Lione a tutti i funzionari del partito che avevano sostenuto la sinistra fu detto da Gramsci che se non avessero votato per la sua tesi avrebbero perso le loro posizioni nel partito e le loro paghe (che è uno dei motivi per cui i nostri compagni da allora si sono sempre opposti all’idea dei “rivoluzionari di professione”). Dietro queste pressioni molti ritrattarono, lasciando dunque la sinistra più isolata. La sinistra fu a quel punto espulsa dal partito e alcuni andarono in esilio in Francia e in Belgio. Damen non andò mai in esilio. Dovette invece più volte affrontare l’arrestato e la prigione, sia durante la guerra civile spagnola che durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche Bordiga rimase in Italia, ma si ritirò a vita privata e si dedicò all’esercizio della sua professione di ingegnere a Napoli. Non giocò nessun altro ruolo nella vita politica fino al 1945.

La Frazione di Sinistra del Partito Comunista d'Italia

La sinistra italiana emerse come tale nel corso degli anni 1930 in particolare in Francia, dove nel 1928 (a Pantin) si costituì la Frazione di Sinistra del Partito Comunista d'Italia. La frazione pubblicava Prometeo (in origine rivista rivoluzionaria della sezione di Napoli del partito, quella di Bordiga) e poi Bilan.

La frazione non era un corpo omogeneo, non avrebbe potuto essere tale.

I nostri compagni si trovavano nel mezzo del processo contro-rivoluzionario. Il problema era quello di capire le sue ragioni, la sua natura e così via. La Guerra di Spagna divise la frazione. Alcuni compagni pensarono di poter andare in Spagna e prendere parte alla guerra al fianco dei repubblicani, con la speranza di riuscire a portarla sul terreno di una vera e propria lotta comunista. Anche quelli che si opponevano andarono in Spagna, per tentare di riportare gli altri su posizioni comuniste. Alla fine i compagni che entrarono nelle milizie capirono presto a loro spese che non era possibile conquistare i lavoratori al comunismo in quella che era diventata una guerra imperialista. Il principale conseguimento fu che i compagni di Bilan riconobbero che la guerra anti-fascista era il preludio all’intruppamento della classe operaia a sostegno dell'imperialismo, in una forma o in un'altra.

Tuttavia due tendenze, almeno, esistevano all'interno del gruppo di Bilan. Ad esempio, mentre una parte negava la possibilità di caratterizzare decisamente la natura delle URSS, un’altra affermava che una politica controrivoluzionaria di un partito e di uno stato era il prodotto di uno sviluppo sociale e politico contro-rivoluzionario, in cui lo Stato non era più semi-stato proletario (Lenin - Stato e Rivoluzione) e il partito aveva attraversato la linea di classe, sostituendosi esso stesso alla vecchia, tradizionale borghesia (capitalismo di stato). Ma Bilan non era chiaro su molte questioni, una delle quali era lo stato nel periodo di transizione. Un’altra era l'analisi delle contraddizioni economiche del capitalismo, dove il testo di Mitchell vedeva nelle teorie tardo-luxemburghiste l'unica vera spiegazione delle crisi capitalistiche. Questi errori portarono alla disastrosa sottovalutazione della natura della crisi nel 1939. Ritenendo (dal capitolo 18 de “L'accumulazione del capitale” di Rosa Luxemburg) che la produzione di armi avrebbe permesso al capitalismo di uscire dalla Grande Depressione, pensavano che il capitalismo potesse evitare un'altra guerra imperialista. La frazione abbandonò Bilan e lo sostituì con Octobre, che uscì solo in una mezza dozzina di numeri negli ultimi mesi prima della guerra. Vercesi (Perrone) sosteneva che la classe operaia non era stata battuta e che la rivoluzione era ancora possibile. Non c'era da stupirsi che la frazione di sinistra in esilio si sfaldasse all'apertura della Seconda Guerra Imperialista. Quella era sicuramente la mezzanotte nel secolo, per la classe operaia. Alcuni delle frazione saranno uccisi da Stalin e altri da Hitler, ma nel brutale, ma più disorganizzato stato fascista in Italia, la sinistra continuerà a sopravvivere anche se al confino, in carcere e agli arresti domiciliari.

La Fondazione del Partito Comunista Internazionalista

Con il crollo del regime di Mussolini nel 1943, si apriva uno spazio per una maggiore organizzazione di questa attività clandestina. Damen e Stefanini, tra gli altri, colsero l'occasione per fondare in gran segreto il Partito Comunista Internazionalista (PCInt). Furono prodotti i primi numeri del nuovo Prometeo e alcuni volantini per il disfattismo rivoluzionario. La sua dichiarazione era intransigente:

“Lavoratori! Contro lo slogan di una guerra nazionale che armi i lavoratori italiani contro i proletari inglesi e tedeschi, opponiamo lo slogan della rivoluzione comunista, che riunisce i lavoratori di tutto il mondo contro il loro nemico comune - il capitalismo.” (Prometeo 1 novembre 1943)

A poco a poco molti dei compagni “francesi” (e “belgi”) tornarono in Italia per aderire al partito. Solo la piccola Gauche Communiste de France si rifiutò di aderire al nuovo partito, collaborando invece con trotskisti e consigliaristi su volantini comuni. Alla fine decise che quello non era il momento per un nuovo partito, con la motivazione che si trattava di un periodo ancora controrivoluzionario. Infatti la GCF di Marc Chirik avrebbe presto concluso che una nuova e più devastante guerra fosse all'ordine del giorno e nel 1952 abbandonò l'Europa e l'attività rivoluzionaria. Tornò dal Venezuela per fondare Rivoluzione Internazionale nel 1967 e la CCI nel 1975.

La mancata adesione della GCF al PCint fu un errore, come dimostra anche la storia della sinistra italiana elaborata dalla CCI. Il PCInt aveva ripreso il lavoro di Bilan, ma risolvendo molte delle sue confusioni. Damen aveva insistito sul fatto che:

  1. Rosa Luxemburg, e non Lenin, aveva ragione sulla questione nazionale.
  2. I vecchi partiti comunisti (ormai pienamente stalinizzati) non erano centristi, ma borghesi.
  3. Non c’era speranza di conquistare i sindacati e bisognava sviluppare nuove strategie verso la quotidiana lotta di classe, per collegare questa lotta quotidiana alla lotta a lungo termine per il comunismo.
  4. L'URSS non era una società ambigua [neither-nor] ma capitalismo di stato.
  5. Il partito non avrebbe potuto sostituirsi alla classe nel suo insieme. “Il partito comunista non deve prendere il potere, per esercitarlo in nome del proletariato, perché il proletariato non delega ad altri la sua missione storica, né concede una procura generale, neanche al suo partito politico.” (Tesi della tendenza di Damen al Congresso del 1952 del PCInt)

E Bordiga? Bordiga rimase a casa durante il periodo fascista e durante la guerra, e non aderì mai al partito, pur collaborando alle sue pubblicazioni. Nel 1945, alla fine della guerra (e alla riunificazione d'Italia) molti compagni del Sud, vicini ad Amadeo Bordiga, aderirono al partito. In quel momento il partito aveva 5000 membri in tutta Italia, e anche alcuni sostenitori in Francia, Belgio e Stati Uniti.

Tuttavia nel 1948, con l’ondata di scioperi in Italia e la costituzione della repubblica borghese, riemersero le differenze tra le due vecchie tendenze della frazione. Bordiga, che in effetti non aderì mai al PCInt, aggiunse ulteriore confusione, con l'aiuto di Vercesi. Maffi e altri riuscirono, tre anni più tardi, a dividere il Partito Comunista Internazionalista, per poi fondare (1952) la loro organizzazione (Programma Comunista, poi chiamata Partito comunista internazionale - non internazionalista). I punti di disaccordo politico e metodologico erano i seguenti:

  • Caratteristiche dell’imperialismo - il gruppo di Bordiga insisteva sul fatto che in alcune aree “arretrate” del mondo la lotta nazionale fosse ancora parte del movimento anti-imperialista delle “persone di colore”, come si espresse Bordiga.
  • Questione sindacale - Bordiga insisteva sul fatto che fosse ancora possibile guadagnare influenza sulla classe operaia attraverso la conquista della direzione dei sindacati.
  • Rapporto partito-classe. Bordiga (che deve essere considerato come un Bordiga diverso da quello del 1920) sosteneva che non si potesse parlare di classe in assenza di un partito politico, distruggendo così la distinzione di Marx tra classe per sé e classe in sé. La conseguenza di questo punto di vista è che il partito da solo farebbe la rivoluzione - una impossibilità dialettica.
  • Bordiga respingeva l'idea che l’Unione Sovietica fosse capitalismo di stato e quindi non aveva una posizione chiara a riguardo di quel tipo di società (in realtà Bordiga avanzò opinioni diverse per tutto il resto della sua vita).
  • La distorsione finale del marxismo era l’insistenza sul fatto che esso fosse “invariante” e che la dottrina fosse la stessa dal 1848 in poi. Una teoria che ignorava tutto ciò che il proletariato aveva imparato nel suo lungo cammino di emancipazione, che si poneva in netto contrasto con le opinioni di Marx e Engels, che più volte avevano criticato le proprie formulazioni alla luce delle esperienze proletarie.

Il gruppo di Programma si sarebbe poi scisso diverse altre volte, ciascuna delle cui schegge avrebbe poi insistito sull’essere il vero partito di classe. Quindi oggi in Italia ci sono diversi gruppi che si denominano “Partito Comunista Internazionale”, ma un solo Partito Comunista Internazionalista.

Il PCInt, come il resto del movimento rivoluzionario, si ridusse gradualmente come numero di militanti nel periodo del boom postbellico, durante cui il capitalismo si era stabilizzato. Ma alla conclusione di questa fase Damen notò che una situazione nuova era apparsa nel 1970 e scrisse un articolo che invitava questi nuovi elementi ad unirsi al partito. Tuttavia i nuovi gruppi che apparivano erano per la maggior parte consigliaristi e, di conseguenza, avevano scarso interesse a rapportarsi ad un “partito”. Questo valeva anche per la Communist Workers' Organization, che si era formata nel settembre 1975. Su Battaglia apparve una critica della sua piattaforma, che la CWO trovò molto fraterna e convincente. Ma non era ancora pronta per trovarsi d’accordo con essa. La CCI aveva detto che il gruppo di Battaglia era “bordighista” e quindi la CWO si mantenne molto cauta nei suoi confronti. Tuttavia quando il PCInt diede avvio alle Conferenze Internazionali, nel 1977, la CWO accettò l'invito con un certo interesse.

Le Conferenze Internazionali

La CWO aveva autonomamente raggiunto posizioni analoghe al PCInt sulle basi economiche come spiegazione della crisi capitalista. Entrambe le organizzazioni ritenevano che la fase ascendente del ciclo di accumulazione post-bellico fosse giunta a termine nel 1971, basandosi su una analisi del valore nell’accumulazione capitalistica. Entrambe le organizzazioni convenivano inoltre sulla natura del periodo di transizione tra il capitalismo e il comunismo e c’era crescente avvicinamento sulla questione del partito, sulla base delle critiche mosse dal PCInt alla piattaforma della CWO del 1975. Su tutte le altre questioni (liberazione nazionale, sindacati - nonostante alcune sfumature - , decadenza, natura dell'URSS, democrazia sociale, ecc.) entrambe le organizzazioni condividevano le stesse posizioni della CCI. Ciò che emerse con sempre maggiore evidenza dalle conferenze era una ulteriore differenza sulle prospettive e sul metodo e questo, assieme alla questione chiave del partito, portò al fallimento della terza conferenza nel 1980.

Inoltre, le prime due conferenze furono in realtà scontri tra la CCI e il PCInt (alla prima la CWO, per motivi pratici, fu presente solo attraverso i suoi testi). Anche se alla seconda parteciparono diversi altri gruppi, i due protagonisti principali rimasero gli stessi. La delegazione della CWO tornò dalla seconda conferenza affermando che si fosse trattato in gran parte di una ripetizione della prima e sostenendo che una terza conferenza incentrata esattamente attorno allo stesso dibattito sul partito sarebbe l’ultima a cui avrebbe partecipato. Pertanto, la delegazione della CWO alla terza conferenza ricevette mandato di annunciare il suo ritiro, in mancanza di qualsiasi nuova iniziativa. E questo fece, allo stesso modo del CGI (Belgio). Il PCInt aveva ora di fronte la scelta di finire col ripetere gli stessi discorsi solo con la CCI, o cercare di salvare qualcosa dalle conferenze. Così si arrivò al famoso settimo criterio sul partito. In quel momento il nuovo criterio non poteva essere accettato dalla CCI, che invece rappresentava il ruolo del partito come una sorta di tifoso che incoraggiasse la classe operaia dall’esterno, mentre Battaglia sosteneva che il partito fosse una parte della classe (la sua parte più cosciente), presente fisicamente al suo interno, con un ruolo organizzativo di guida. Il nuovo criterio provava a fare una distinzione tra le due posizioni. Alla fine solo la CWO e Battaglia votarono a favore. Con l'eccezione del CGI, tutti gli altri gruppi sarebbero poi scomparsi. In realtà sembra che la CCI fosse confusa sulla organizzazione (non era sola) e infatti subì una serie di spaccature nel 1980, quando gli elementi più consigliaristi se ne andarono. Il Bureau non ha avuto stretti rapporti con nessuno di questi gruppi ex-CCI per il semplice motivo che rappresentavano un passo indietro rispetto alla CCI, sia dal punto di vista organizzativo che politico. La CCI, d'altro canto, non ha mai segnalato al Bureau che, con l'abbandono degli elementi più consigliaristi, avesse ora fatto un passo avanti sulla questione partito.

La formazione del Bureau

Nel 1982 il PCInt e la CWO tennero poi una quarta conferenza, assieme agli studenti iraniani del SSUCM, che avevano accettato i sette criteri. Questa conferenza fu una semplice discussione (che difficilmente potrebbe essere definita un confronto, in quanto il SSUCM era troppo sfuggente da definire), ma almeno permise al PCInt e alla CWO di lavorare assieme, e questo spianò la strada per la creazione del Bureau alla fine del 1983. Una ulteriore conferenza internazionale si tenne a Vienna nel 1989, sulla crisi in Europa orientale, con GIK (Austria), IRK (Germania) e CCA (Messico). Il Bureau era cresciuto modestamente con nuclei in Canada, Stati Uniti, Germania e Francia, così come compagni associati in Sud America.

Noi non vediamo noi stessi come il partito, ma siamo per il partito. Cioè, riconosciamo la necessità di un partito internazionale e riteniamo che vi debba essere una preparazione politica in anticipo, prima che un tale partito possa emergere. Non pensiamo neanche di essere il nucleo del futuro partito rivoluzionario, ma ci vediamo solo come uno dei suoi elementi costitutivi. Ci aspettiamo che dalle lotte della classe in futuro emergeranno nuovi elementi, che si porranno problemi in modi nuovi, e ci auguriamo di riuscire ad allacciare con loro un rapporto positivo. Non riteniamo di essere neanche un rivale della CCI, dato che la CCI ha un progetto diverso (è già una organizzazione centralizzata con sezioni in molti paesi). Riteniamo che questo sia prematuro e che debba esserci un reale sviluppo dei movimenti della classe prima che tale centralizzazione sia necessaria o auspicabile.

Jock, per il BIPR - Marzo 2009