Esiste o no la caduta tendenziale del saggio medio di profitto?

Anche Pagine Marxiste (Maggio 2009) commette l’errore di molti “comunisti” o “leninisti” che, sottovalutando o ignorando sviluppi e controtendenze della caduta del saggio di profitto, non vedono altro nelle crisi periodiche del capitalismo che gli effetti di un modo di produzione il quale, si dice, procede alla cieca sbandando in continuazione tra eccessi di produzione e crisi congiunturali di assestamento. Quindi, nessuna tendenza assoluta e irreversibile verso la “crisi finale”. Conclusione che, per la verità, nessuno di noi si è mai sognato di sostenere, magari sperando in un capitalismo che crollerà da solo, al seguito di una “concezione oggettivista” - scrive PM - che non terrebbe conto dell’intervento soggettivo dei comunisti. Ripetiamo: se c’è qualcuno che ha sempre respinto, là dove tendeva a manifestarsi, una prospettiva meccanicamente deterministica in assoluto (crisi senza ritorno, inevitabile fine del capitalismo, ecc.), questi è il nostro partito. Contro l’illusione, appunto, che il capitalismo ci consegni un giorno il potere su un piatto d’argento.

PM trascura ogni accenno a quello che fu l’inizio vero (anni Settanta) della crisi nella quale - con alterne fasi - si sta dibattendo il capitalismo. Nel seguito, nulla di nuovo rispetto a quanto sostengono i “leninisti” di Lotta comunista, che dal 1970 ad oggi hanno sempre respinto “scientificamente” una analisi condotta sulla base di una approfondita spiegazione-verifica della legge da Marx ritenuta la più importante nella esistenza del capitalismo, e causa delle sue crisi da un ciclo di accumulazione ad un altro.

Si trattava - per Lotta comunista - della semplice manifestazione di una “ristrutturazione” del capitalismo. Oggi PM si avvale degli alti profitti toccati nel 2006 per osservare, sì, una successiva flessione la quale, però, farebbe soltanto parte degli andamenti ciclici del capitalismo. Non saremmo in presenza delle conseguenze di alcuna presunta tendenza storica verso una caduta del saggio di profitto: staremmo solo uscendo da una precedente fase di alti profitti, al cui “eccesso” risalirebbero le attuali difficoltà del capitale....

Osserviamo come, su dati elaborati dal Bureau of Economic Analysis tra il 1929 e il 2008, si consideri un insieme di profitto, interesse e rendita (“surplus operativo netto” delle imprese) senza rimarcare il fatto della presenza, in quel totale statistico, di una rendita parassitaria e speculativa gonfiatasi di anno in anno a fronte di una diminuzione del profitto industriale. Nel suo recente libro (“Finanza piglia tutto”, Il Mulino), R. Dore analizza le attività finanziarie degli ultimi decenni e mette in risalto l’alto livello di redditività conseguito. Ebbene, scorrendo la serie storica, risulta che mentre fino al 1950 la quota dei guadagni delle imprese finanziarie sul totale dei profitti era pari in media al 9,5%, di anno in anno si arriva a ben il 45% nel 2002 e poi ad una stabilizzazione su questa percentuale. Pure nel periodo dal 1929 al 1933 erano aumentati interessi e rendite mentre i profitti delle società crollavano; nel 1968 i “margini operativi lordi” scendono al di sotto dei dati del 1929, fino a raggiungere un minimo dei profitti nel 1980. Quindi seguono una serie di oscillazioni con qualche picco, nel 1997 e nel 2006, appunto, quando il calo dei salari si aggrava ridando spazio ai profitti.

L’analisi di PM rileva poi un aumento dei lavoratori dipendenti come parte della popolazione complessiva rispetto a 60 o 40 anni fa, e con una porzione più piccola del reddito. Quanto basterebbe per smentire l’ipotesi di uno “stato avanzato” della caduta del saggio di profitto, poiché - continua PM - non sarebbe affatto vero che sta avvenendo da decenni un forte aumento della base di capitale fisso e circolante in rapporto alla massa del lavoro vivo. Tant’è che i profitti sarebbero ancora alti, sia in assoluto che in rapporto al prodotto e al capitale. Un brutto colpo per la teoria marxista (ma si promette di esaminare in seguito questa “apparente smentita”...) poiché il rapporto fra la base del capitale fisso e la massa di lavoro vivo annuo risulterebbe - sempre per PM - quasi stabile nel 1929 e poco più nel 2007. Senza però fare alcuna distinzione tra lavoratori produttivi, di plusvalore, in diminuzione e lavoratori improduttivi in forte aumento... Addirittura vi sarebbe una crescita della forza-lavoro (aumento di forza produttiva del lavoro e per unità di forza-lavoro) la quale avrebbe persino diminuito il rapporto capitale fisso e prodotto. Insomma, il capitalismo prospera e semmai la crisi sarebbe stata avviata da un eccesso di consumi; forse da una “sovrapproduzione” in rapporto alla domanda solvibile. Niente più - leggiamo - di “un fenomeno ciclico nella vita del capitale; normali ‘stagioni’ di ripresa, espansione, boom, crisi e ristagno, con fenomeni di ristrutturazione, ricomposizione del capitale e della produzione tra settori e aree”, e ricorrenti ogni decennio. Tutto semmai farebbe capo alla struttura squilibrata del capitalismo, anzi agli squilibri che si creano durante le ristrutturazioni, nei mutamenti strutturali ciclici.

Almeno due cose vanno brevemente precisate.

  1. La sovrapproduzione, di capitale e di merci, è una forma fenomenica della crisi capitalistica.
  2. La causa della sovraccumulazione di capitale - poiché di questo si tratta - è nella legge della caduta tendenziale del saggio di profitto. Caduta che fa capo allo sviluppo progressivo della produttività sociale del lavoro; sviluppo che porta ad una più alta composizione organica del capitale (meno capitale variabile rispetto a quello costante).

Approfondire questa insanabile contraddizione che rode il sistema capitalistico, unicamente interessato alla massimizzazione del profitto, è il compito per chi - della critica dell’economia politica e seguendo l’analisi teorica di Marx - fa il presupposto per l’elaborazione di una strategia e di una tattica che possano garantire all’azione del proletario gli obbiettivi rivoluzionari del comunismo. Rimandiamo perciò i lettori ai materiali di studio e analisi critica da noi prodotti (vedi anche l’ultimo saggio su Prometeo n. 1, VII serie).

DC

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.