Fra Lenin e Stalin il mare

Una delle tipiche accuse che ci vengono mosse quando dichiariamo di essere comunisti e quando rivendichiamo la Rivoluzione russa del 1917, è che noi vorremmo instaurare un regime simile a quelli crollati in Unione Sovietica e nei paesi dell'Est europeo, o che comunque e/o che abbiamo in testa è irrealizzabile, poiché la storia lo avrebbe ampiamente dimostrato.

Vedremo invece come, in realtà, la storia abbia dimostrato che in Russia e in Europa orientale non sia crollato il comunismo, ma lo stalinismo, cioè il capitalismo di stato, e come al contrario la rivoluzione condotta da Lenin e dal partito bolscevico abbia dimostrato che il comunismo è l'unica soluzione, l'unica via per superare una società barbara come la nostra, che vive di distruzione e sfruttamento.

Il millenovecentocinque

La sollevazione rivoluzionaria che nel 1905 i borghesi liberali condussero contro lo zar Nicola II, riuscendo a controllare il moto delle masse e a isolare le avanguardie comuniste - anche se fu proprio in quell'occasione che i bolscevichi iniziarono a radicarsi veramente fra i proletari - non ottenne nessun cambiamento sostanziale, e

Il potere rimase saldamente nelle mani della monarchia: la "duma", il parlamento concesso dallo zar, non contava nulla. Per questo misero bottino, però, già molti lavoratori persero la vita a causa della dura repressione monarchica (9 gennaio 1905: domenica di sangue). Questa sconfitta, più la guerra perduta poco prima col Giappone per il possesso della Manciuria, erano disgrazie che si andavano a sommare ad una situazione sociale tragica già di per sé: di fronte a 30.000 famiglie di nobili, di latifondisti, di contadini agiati (i kulaki) c'erano 15 milioni di famiglie di contadini poveri, che possedevano terre del tutto inadeguate al proprio sostentamento, per non parlare dei braccianti senza-terra che non disponevano di nessuna garanzia di vita. Inoltre, tra il 1900 e il 1914, gli operai divennero tre milioni da due milioni che erano: molti di meno rispetto ai contadini, ma tutti concentrati intorno a complessi industriali enormi che sorgevano nelle regioni occidentali della Russia, soprattutto presso Mosca, Pietroburgo, Ucraina meridionale, e in parte nella zona degli Urali e del Caucaso.

Fu proprio questa concentrazione che permise alla classe operaia di diventare una forza politica rivoluzionaria, in un paese vastissimo, dominato ancora da un'economia di tipo agricolo-feudale. Tuttavia, la scarsità numerica degli operai rispetto alla stragrande maggioranza contadina, fu determinante nella velocità del fallimento della rivoluzione russa. Questo perché solo i lavoratori salariati possono oggettivamente fare proprio il programma della socializzazione; programma che, liberando i salariati dallo sfruttamento, libera la società dal capitalismo.

D'altra parte, come vedremo, il Partito bolscevico non poteva aspettare che la Russia si industrializzasse prima di condurre l'insurrezione, perché la forza dei fatti chiamò i comunisti a prendere le redini di un paese profondamente disastrato.

Dalla guerra imperialista al febbraio 1917

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Nel 1914 la Russia dello zar entrò in guerra contro la Germania e l'Impero Austro-ungarico, presto seguita da Francia e Inghilterra. Era l'inizio della Prima Guerra Mondiale, che nel giro di quattro anni fece circa dieci milioni di vittime.

Il motivo particolare del conflitto fra la Russia e l'Impero Austro-ungarico era il controllo dell'area balcanica, dominata a nord dagli austro-ungarici e a sud dalla Serbia, nazione legata alla Russia. L'attacco alla Serbia da parte degli austro-ungarici (28 luglio 1914) fece quindi scattare il sistema delle alleanze; rigidamente costruito in base ai contrapposti interessi economici e imperialistici, che ponevano una contro l'altra le diverse borghesie nazionali. Accadeva insomma ciò che Marx aveva sempre sostenuto, e che Lenin, nella furia della lotta, continuava a sostenere: il capitalismo, fondato sul conflitto economico fra i capitalisti per la conquista dei mercati internazionali, non può che generare tremende guerre, finalizzate alla acquisizione di nuovi mercati e alla distruzione delle forze produttive avversarie, ovvero le macchine... e gli esseri umani.

E infatti - a dimostrazione che la borghesia russa era già forte e sviluppata e quindi degna di essere spazzata via - i maggiori promotori dell'entrata in guerra erano in Russia soprattutto i cadetti, cioè i rappresentanti politici della borghesia, legata al capitale finanziario franco-francese e ai suoi investimenti in terra russa, che dalla guerra si attendevano un'espansione ai danni dell'Impero ottomano e il controllo degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, e quindi il libero passaggio dal Mar Nero al Mediterraneo.

Nel febbraio del 1917 gli scioperi causati dalla fame si trasformarono in rivolta, ma essa fu ancora una volta pilotata dalle forze borghesi, che formarono un governo provvisorio e costrinsero lo zar a lasciare definitivamente il potere. Si era così passati, anche a livello politico, dal vecchio dominio feudale della nobiltà al dominio della giovane borghesia russa. E, come volevasi dimostrare, la borghesia non aveva affatto intenzione di uscire dalla guerra; d'altronde era essa che l'aveva voluta! In più, il governo provvisorio non voleva nemmeno esaudire la richiesta contadina della spartizione delle terre, dato che il governo stesso era formato da proprietari fondiari che, ovviamente, non avevano alcuna intenzione di svendere il proprio patrimonio.

Ma accanto al governo provvisorio sorsero i soviet, cioè consigli spontaneamente eletti dagli operai nelle fabbriche e dai corpi dell'esercito che si erano ammutinati; presto si formarono anche nelle campagne e nacquero così i soviet dei contadini.

Le Tesi di Aprile

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La maggioranza dei soviet era però ancora sotto il controllo politico di menscevichi e socialisti rivoluzionari, che avevano, entrambe queste forze, posizioni riformiste e piccolo-borghesi: riformiste perché non volevano assolutamente che operai, contadini e soldati ammutinati prendessero le armi contro i capitalisti e i grandi proprietari terrieri per liberarsi dal loro

sfruttamento e per uscire dal sanguinosissimo conflitto bellico scatenato proprio per i loro interessi. Piccolo-borghesi perché non volevano affatto che i mezzi di produzione (i campi e le industrie) passassero nelle mani di coloro che vi lavoravano (operai e contadini) abolendo così il lavoro salariato e la proprietà privata delle fonti collettive di ricchezza. Queste erano invece le parole d'ordine di Lenin e dei bolscevichi.

Lenin in particolare, andando controcorrente anche rispetto alle posizioni espresse dalla maggioranza del suo partito, tornato in Russia dopo un esilio forzato in Svizzera enunciò in aprile le sue tesi, che dichiaravano quelli che dovevano essere gli obiettivi da raggiungere affinché fosse possibile l'inizio del passaggio dal capitalismo al socialismo:

  • tutto il potere ai soviet;
  • abbandono immediato della guerra imperialista; nazionalizzazione delle terre per essere messe a disposizione dei soviet locali dei salariati agricoli e dei contadini poveri;
  • unificazione delle banche poste sotto il controllo dei soviet operai;
  • soppressione della polizia e dell'esercito permanente e armamento del proletariato;
  • eleggibilità e revocabilità dei funzionari di stato e abbassamento dei loro stipendi a quello di un operaio medio.

Come lo stesso Lenin diceva a conclusione delle tesi, ciò non era ancora

l'instaurazione del socialismo, ma, per ora, soltanto il passaggio al controllo della produzione sociale e della ripartizione dei prodotti da parte dei soviet dei deputati operai.

L'alba della vittoria

Nel giugno del 1917 il governo provvisorio russo preparava una grande offensiva in Galizia contro i tedeschi, con cui erano in guerra da ormai quattro anni. Ma l'operazione si risolse in un grande disastro e portò al disfacimento di interi reparti; moltissimi soldati familiarizzarono col nemico e disertarono in massa per tornare ai loro villaggi.

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La maggioranza dei soviet era ancora sotto il controllo di menscevichi e socialisti rivoluzionari, niente affatto intenzionati a sbarazzarsi del governo provvisorio per uscire dalla guerra e per risolvere il problema contadino. Anzi, da maggio, capo del governo provvisorio era proprio un socialista rivoluzionario: Kerenskij. Il governo più a sinistra che questo governo riuscì a proporre fu quello che prevedeva la conservazione assoluta del diritto di proprietà da parte dei latifondisti, con la messa in affitto per i contadini di quelle terre non coltivate con le risorse dei proprietari, e l'affitto pagato dai contadini sarebbe comunque andato ai latifondisti. Insomma, era sempre più chiaro a tutti i lavoratori che anche il governo di Kerenskij non aveva nessuna intenzione di schierarsi contro i padroni: fu così che nelle campagne iniziarono i primi espropri di massa e i contadini impararono a collegarsi in modo organizzato agli operai.

Quando nel luglio 1917 ci fu un tentativo insurrezionale operato dalle truppe di Pietrogrado, il governo decise di mettere sotto accusa i bolscevichi come agenti sobillatori al soldo della Germania e li dichiarò fuorilegge. Trotzkij e altri militanti del partito furono arrestati, Lenin fu costretto a fuggire in Finlandia, la pubblicazione della Pravda ("verità") - il giornale di partito - fu sospesa, le sedi del partito occupate dalla polizia. Ma gli scioperi operai, gli espropri contadini e gli ammutinamenti militari aumentavano ovunque. In settembre il partito della borghesia - i cadetti - e gli ambienti più reazionari dell'esercito capeggiati dal generale Kornilov, tentarono un colpo di stato per imporre una dittatura militare, deporre il governo provvisorio e sciogliere definitivamente i soviet.

E' adesso che il Partito bolscevico, composto ancora da poco più di cinquantamila aderenti in tutta la Russia, iniziò a crescere numericamente all'interno dei soviet, e soprattutto a divenire il punto di riferimento politico per molti di essi. I soviet di Mosca e Pietrogrado approvarono le risoluzioni proposte dai bolscevichi, che intanto riuscirono ad armare una propria Guardia Rossa, di base operaia, che risultò determinante nella lotta contro le truppe reazionarie di Kornilov.

Il colpo di stato, dunque, fallì e fu anche a tutti chiaro come il governo provvisorio non fosse affatto in grado dì fronteggiare il collasso economico e sociale che dominava le campagne e le città, mentre il prestigio dei bolscevichi, il loro programma, il loro partito e la connessa struttura organizzativa, cresceva notevolmente.

L'assalto al potere

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Il 10 ottobre il Comitato Centrale del Partito bolscevico (Lenin era tornato segretamente dalla Finlandia, Trotzkij liberato dal carcere) deliberò di passare all'insurrezione armata. La preparazione del movimento insurrezionale fu affidato al Comitato Militare Rivoluzionario stabilito presso il soviet di Pietrogrado, che poteva contare su 12.000 Guardie Rosse e sull'appoggio di alcune navi da guerra ancorate nel porto della città, le cui ciurme erano anch'esse di sentimenti leninisti. I commissari del Comitato Militare Rivoluzionario iniziarono a istruire nel maneggio delle armi gli operai di tutte le fabbriche cittadine, procurandosi il materiale bellico direttamente dalle industrie d'armi.

Nel giro di due settimane, quindi, i bolscevichi organizzarono l'esercito proletario di Pietrogrado: 40.000 uomini più gli incrociatori corazzati, passati uno dopo l'altro alla causa comunista. Al contrario, non v'era minima traccia di milizia civica anti-rivoluzionaria; il governo provvisorio disponeva solo di 300 cosacchi, 700 allievi della Scuola Ufficiali, e un Battaglione d'Amazzoni composto da figlie di contadini. Un battaglione chiamato in aiuto da Kerenskij arrivò effettivamente in città, ma una volta giunto, si unì immediatamente agli operai insorti. Kerenskij allora si accorse che per lui la situazione era senza speranza e abbandonò Pietrogrado, mentre nel Palazzo d'Inverno rimasero tutti gli altri ministri.

Così, dopo che nella notte fra il 24 e il 25 ottobre le Guardie Rosse e l'esercito operaio occuparono senza incontrare resistenza la centrale dei telefoni, la posta, i ministeri, la banca di Stato e le stazioni ferroviarie, il giorno dopo venne conquistato il Palazzo d'Inverno, contemporaneamente all'apertura - sempre a Pietrogrado - del secondo congresso panrusso dei soviet, dove grandiose manifestazioni di gioia scoppiarono impetuose quando, poco dopo, giunse l'annuncio che molte delle grandi unità militari mobilitate da Kernskij contro l'insurrezione s'erano ammutinate, dichiarate solidali al nuovo stato sovietico, e andavano già creando nuovi comitati militari rivoluzionari.

I primi atti del nuovo governo, passati alla storia come Decreti di Novembre, riprendevano in sostanza le Tesi di Aprile di Lenin. Fu infatti decisa la soppressione senza indennizzo delle grandi proprietà terriere,di quelle demaniali e dei monasteri, la nazionalizzazione delle banche, il controllo diretto degli operai nelle industrie mediante i consigli di fabbrica. Fu anche proclamata l'uguaglianza di tutti i popoli della Russia a qualsiasi nazionalità appartenessero e il loro diritto all'autodeterminazione: una misura questa, adottata per togliere spazio ai movimenti separatisti già manifestatasi in alcune regioni periferiche.

Riguardo alla terra i decreti non risposero fino in fondo ai principi socialisti; le terre espropriate, cioè, non passarono in proprietà dello Stato proletario, ma furono spartite, tramite i soviet di villaggio, tra i contadini, sia pure a titolo di usufrutto. I bolscevichi capirono che sarebbe stato un errore imporre subito alle grandi masse contadine la socializzazione delle terre, poiché il loro interesse immediato era la scomparsa del latifondo e la distribuzione egualitaria dei campi coltivabili. Ma il problema contadino rimase comunque fondamentale e mai risolto fino in fondo nel processo di organizzazione socialista del neo-nato Stato sovietico, fatto dovuto prima di tutto alla maggioranza oggettiva, di classe, piccolo-borghese presente nelle campagne della Russia rivoluzionaria, ben superiore numericamente alla classe operaia, schierata invece praticamente in blocco con il Partito bolscevico e il suo programma.

La grande scommessa dell'Ottobre vittorioso era quindi l'espansione della rivoluzione comunista in Europa, dove il proletariato industriale era già divenuto il cardine centrale dell'economia.

La guerra civile

Conquistato il potere politico, il Partito bolscevico doveva prima di tutto strappare il giovane Stato sovietico dagli artigli della guerra imperialista con la Germania. Si arrivò dunque al Trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) che sanciva la pace coi tedeschi alle durissime condizioni imposte dai vertici militari di questi ultimi, cioè, soprattutto, la totale perdita dell'Ucraina, regione popolosa e relativamente industrializzata.

Intanto, la nobiltà, la borghesia e il contadiname agiato organizzarono un potente esercito contro-rivoluzionario per schiacciare il potere sovietico: l'Armata Bianca. Ad essa si contrappose il più grande esercito a base inizialmente volontaria che la storia umana abbia mai conosciuto: l'Armata Rossa. Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Italia e Giappone elargirono aiuti militari e finanziari all'Armata Bianca, e applicarono, oltre ad un blocco economico, un cordone sanitario intorno alla Russia per evitare la diffusione dell'epidemia bolscevica.

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Nel giro di tre anni di guerra civile, comunque, l'Armata Bianca fu completamente spazzata via: da un punto di vista politico-militare la rivoluzione proletaria aveva vinto, ma per sopravvivere e riuscire così a trasformare la struttura economica in senso socialista, essa doveva estendersi nella Germania industrializzata e successivamente in tutta Europa. Il socialismo, o trionfa a livello internazionale, prendendo gradualmente il posto del capitalismo sul pianeta, o non è socialismo. Questo Lenin disse sempre e fu coerente nell'azione: il 2 marzo 1919 viene fondata sotto l'impulso dei bolscevichi la Terza Internazionale Comunista, che si propose di coordinare tutti i partiti comunisti del mondo, nell'intento di avviare la rivoluzione proletaria oltre i confini russi.

In gennaio era tra l'altro fallito tentativo insurrezionale della classe operaia tedesca avvenuto senza la presenza di un partito comunista che sapesse guidare lo scontro rivoluzionario con la borghesia, che invece non esitò a soffocare nel sangue la rivolta (Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, dirigenti della Lega di Spartaco, un abbozzo di partito, furono arrestati e uccisi senza processo).

Nell'agosto del 1920 furono gli operai del triangolo industriale Milano-Genova-Torino che occuparono le fabbriche con le armi per tentarne la gestione diretta sulla scia dei soviet. Ma anche in Italia mancava il partito comunista, cioè l'unica forza in grado di trasformare la ribellione spontanea del proletariato in rivoluzione. L'unico referente organizzato per gli operai insorti era infatti il sindacato, che, conformemente alla propria natura contrattualista, frenò qualsiasi slancio verso la necessaria conquista del potere politico. L'occupazione delle fabbriche si consumò tristemente nel giro di un mese, mentre il Partito Comunista d'Italia vide la luce solo nel gennaio del 1921 con la scissione dai riformisti del Partito Socialista Italiano... troppo tardi. Da questa sconfitta prese grande forza la reazione padronale che armò e finanziò i fascisti affinché schiacciassero definitivamente il movimento operaio e contadino.

In Russia, nei tre anni di guerra civile (1918-1920) si attuò il cosiddetto comunismo di guerra, basato sulle requisizioni forzate dei prodotti agricoli - indispensabili per il vettovagliamento dell'Armata Rossa e per le città sempre più affamate dal conflitto bellico e dal blocco economico imposto dalle potenze occidentali - e sulla trasformazione di milioni di braccianti in tanti piccoli proprietari, parallelamente all'alleanza stretta con i contadini poveri, ai quali si cedettero terre, attrezzature e bestiame dei contadini più facoltosi.

La Nuova Politica Economica

Il socialismo è inconcepibile senza la tecnica della grande industria capitalistica. (...) Tutto il problema, sia teorico che pratico, consiste nel trovare i metodi giusti per incanalare lo sviluppo inevitabile (fino a un certo grado e per un certo periodo di tempo) del capitalismo nell'alveo del capitalismo di stato, nel trovare in quali condizioni ammettere questo, come assicurare in un futuro non lontano la trasformazione del capitalismo di stato in socialismo. (...) L'espressione Repubblica Sovietica Socialista significa decisione del potere sovietico di attuare il passaggio al socialismo, ma ciò non significa affatto riconoscere che l'attuale sistema economica è socialista.

Lenin, Sull'imposta in natura, 1921

La rivoluzione socialista potrà avere successo in un tale paese solo a due condizioni. Primo, a condizione che essa venga sostenuta, al momento opportuno, da una rivoluzione socialista in uno o più di uno dei paesi principali. (...) L'altra condizione è un compromesso fra il proletariato che esercita la dittatura e ha nelle sue mani il potere statale, e la maggioranza della popolazione contadina.

Lenin, Intervento al X Congresso del P.C.B., marzo 1921

Al X Congresso del Partito Comunista Bolscevico Lenin propose, e fu accettato, un nuovo indirizzo di politica economica in sostituzione del comunismo di guerra. La Nuova Politica Economica - NEP - si fondava sostanzialmente sul ripristino del commercio privato nelle campagne e sull'amministrazione capitalistica della piccola impresa industriale. La motivazione di questo "passo indietro" compiuto volontariamente da Lenin sul piano economico, si può già chiaramente dedurre dalle citazione riportate sopra, formulate proprio alla vigilia del nuovo orientamento. Risulta evidente cioè che il compito spettante allo Stato proletario russo non fosse quello dì cimentarsi nell'impresa impossibile di creare un'isola produttiva socialista nel mezzo del grande mare capitalistico mondiale, bensì quello di resistere, ovvero, di riuscire a mantenere la guida politica nella nazione fino a quando la rivoluzione non avesse vinto almeno in uno dei paesi occidentali industrialmente avanzati.

Bisognava resistere nel senso che, dopo tre anni di violentissima guerra civile, la Russia si trovava in una situazione tale da rischiare in qualsiasi momento il collasso.

Il bisogno e la rovina sono tali, che noi non possiamo subito restaurare la grande produzione, quella delle fabbriche, la produzione di Stato, in senso socialista (...). Ciò significa che è necessario favorire la piccola industria (...), che può dare subito un certo aiuto all'economia contadina ed elevare le forze produttive.

Lenin, Sull'imposta in natura, 1921

...dobbiamo sforzarci di costruire uno stato in cui gli operai mantengano la loro direziono sui contadini, la fiducia dei contadini (...), tenendo in debito conto che è tuttavia difficile reggersi su questa fiducia fino alla vittoria della rivoluzione socialista nei paesi più progrediti...

Lenin, Meglio meno, ma meglio, 1923

Ma la rivoluzione, in Occidente, non venne.

Il Capitalismo di Stato

Saremo noi in grado di resistere con la nostra piccola e piccolissima produzione contadina, nelle nostre condizioni disastrose, fino a che i paesi capitalisti dell'Europa occidentale non avranno compiuto il loro sviluppo verso il socialismo?

Questo si chiedeva Lenin nell'ultimo suo scritto, Meglio meno, ma meglio, del marzo 1923.

Noi non abbiamo un grado sufficiente di civiltà per passare direttamente al socialismo, pur essendoci da noi le premesse politiche

dichiarava infatti subito dopo. E, a dimostrazione del fatto che, comunque, anche il raggiungimento da parte della Russia di un'industrializzazione più elevata era per Lenin condizione necessaria, ma non sufficiente per realizzare l'economia socialista nelle repubbliche sovietiche, ma soltanto la strada obbligata per poter prolungare l'attesa della rivoluzione in occidente, egli conclude dicendo:

...saremo in grado di resistere non già restando a livello di un paese a piccola economia contadina, a livello di questa limitatezza generale, ma ad un livello che immancabilmente si eleverà fino alla grande industria meccanica.

Nel frattempo, però, all'interno del Partito bolscevico erano già sorti forti contrasti: Stalin, sostenitore del socialismo in un solo paese, deteneva la carica di segretario del Partito già nell'aprile del 1922 e la sua forza decisionale era in continua ascesa. I violenti scontri con chiunque si opponesse alla sua linea non si fecero attendere.

Ecco quel che diceva Lenin nella Lettera al Congresso del dicembre '22, il suo cosiddetto "testamento":

Il compagno, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. (...) Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti fra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerabile, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotzkij, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.

In sostanza, questa critica pesante ma limitata al comportamento formale, faceva parte del tentativo di Lenin - chiaramente espresso - di disfarsi di Stalin, senza però aumentare ulteriormente il rischio di frattura in seno al Partito.

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La frattura, comunque, non ebbe luogo, per il semplice fatto che Stalin sbaragliò con la forza tutta l'opposizione internazionalista interna. Trotzkij e Zinovev nel 1927 sono espulsi, il primo costretto all'esilio due anni dopo. Stalin ha ora fino in fondo mano libera e la via per il radicamento del capitalismo di stato è spianata. Nel 1928 parte il primo piano quinquennale, basato sulla pianificazione dall'alto dell'economia: la burocrazia di partito che, insieme alle gerarchie militari, sono la borghesia rossa detentrice del potere politico ed economico strappato ai soviet proletari, ormai completamente esautorati, indirizza i tre quarti degli investimenti totali sull'industria pesante, costringendo i lavoratori ad enormi rinunce sul piano dei consumi di massa quotidiani. La marcia forzata dell'industrializzazione non poteva che passare sulla pelle operaia. I ritmi di lavoro son ovviamente altissimi.

Ecco l'inevitabile risultato di una rivoluzione politica che, non potendo realizzare la propria base economica nei limiti di una nazione, si snatura e riallinea nella tendenza capitalistica generale che, in quegli anni, spingeva verso l'ingerenza statale nel mercato (vedi gli stati totalitari in Europa, vedi il New Deal negli Stati Uniti, ecc.): mercato unico, nel caso dell'URSS, ma sempre d mercato si tratta, e dove c'è mercato, ci sono merci, prezzi, salari, plusvalore, concorrenza con i capitali esteri, imperialismo... In breve, c'è modo di produzione capitalistico.

Ma giravano ancora troppi comunisti in Unione Sovietica per i gusti zaristi di Stalin. Così, dopo aver massacrato qualche milione di contadini che si opponevano alla nazionalizzazione delle terre, fra il '34 e il '38 egli si dedicò alla deportazione e alla fucilazione di centinaia di migliaia di oppositori politici, fra cui il 50% dei quadri dell'Armata Rossa, 35.000 ufficiali, 600.000 iscritti al partito e i bolscevichi che condussero con Lenin la rivoluzione (Zinovev, Kamenev, Bukharin, ecc.).

La seconda guerra mondiale è cominciata (...) Se la guerra provoca, come noi crediamo fermamente, una rivoluzione proletaria, porterà inevitabilmente al rovesciamento della burocrazia in URSS (...) In questo caso, la questione se la burocrazia staliniana fosse una "classe" o una escrescenza di uno Stato operaio, sarà risolta automaticamente. Ad ognuno sarà chiaro che nel processo di sviluppo della rivoluzione mondiale la burocrazia sovietica è stata solo un'episodica ricaduta.

Trotzkij, scritto del 25 settembre 1939

Purtroppo Trotzkij si sbagliava: la borghesia rossa trascinò i proletari sovietici nel secondo macello mondiale, sancendo definitivamente la natura capitalista e imperialista dell'URSS.

Natalia Trotzkij alla IV Internazionale (Prima appendice)

Pubblichiamo di seguito una parte della lettera che Natalia Sedeva, la moglie di Leone Trotzkij, indirizzò al Comitato Esecutivo della IV Internazionale, cioè l'organizzazione fondata da Trotzkij per portare avanti la lotta del movimento operaio internazionale su posizioni anti-staliniste e rivoluzionarie.
La IV Internazionale aveva già in origine dei limiti significativi, soprattutto riguardo al mancato riconoscimento della natura capitalistica e controrivoluzionaria dello stato sovietico, per lo meno dalla fine degli anni 1920 in poi, e riguardo alla presunta necessità della rivoluzione democratica come tappa di transizione per la rivoluzione socialista (quindi, entrismo nei partiti stalinisti per recuperarne la base, appoggio ai fronti unici contro il nazifascismo, alleanze tattiche con i riformisti, "governo operaio" come fase transitoria per la dittatura proletaria, ecc.). Tutti tentativi falliti e teorie smentite clamorosamente dalla logica degli imperialismi contrapposti della seconda guerra mondiale; imperialismi mascherati dietro la falsa opposizione democrazia-totalitarismo, ovvero le due facce del potere borghese.
Ma dopo la morte del fondatore, assassinato in Messico dai sicari di Stalin nel 1940, la IV Internazionale degenerò completamente, continuando a valutare l'URSS come stato operaio burocratizzato e non come regime capitalistico; quindi, in ultima istanza, degno di essere difeso e di non essere paragonato agli altri stati imperialisti, malgrado tutte le aggressioni sovietiche future (Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan, ecc.). Di questo la moglie di Trotzkij se ne era già resa conto nel 1951, anno a cui risale la lettera.
A dimostrazione della differenza che fin da allora passava fra il pensiero di Trotzkij e i trotskisti, ecco cosa scrisse Natalia Sedova.

Compagni,
sapete benissimo che io non ero più d'accordo politicamente con voi da cinque o sei anni, dalla fine della guerra e anche prima. La posizione che avete preso sugli importanti avvenimenti degli ultimi tempi mi mostra che invece di correggere i vostri errori precedenti, persistete in essi e anzi li approfondite. Sulla strada che avete imboccato siete arrivati a un punto in cui non mi è più possibile restare in silenzio e limitarmi alle proteste in privato. Ora, devo esprimere pubblicamente le mie opinioni.
Mi sento obbligata a fare un passo per me grave e difficile, e non posso che dispiacermene sinceramente. Ma non c'è altra via. Dopo molte riflessioni ed esitazioni su di un problema che mi ha profondamente addolorata, devo dirvi che non vedo altra via che quella di dire apertamente che i nostri disaccordi non mi permettono più di rimanere oltre nei vostri ranghi.
Le ragioni di questo mio atto definitivo sono conosciute dalla maggior parte di voi. In questa sede non le ripeto se non per coloro ai quali esse non sono familiari, non interessando altro che le divergenze fondamentali, essenziali e non le divergenze sulle questioni di politica quotidiana a quelle collegate o da cui conseguono.
Ossessionati da formule vecchie e sorpassate, voi continuate a considerare lo Stato staliniano come uno Stato operaio, lo non posso e non voglio seguirvi su questo punto. Dall'inizio della lotta contro la burocrazia usurpatrice, Trotzkij ripeté praticamente ogni anno che il regime sì spostava verso destra, date le condizioni di ritardo della rivoluzione mondiale e del sequestro di ogni posizione politica in Russia da parte della burocrazia. A più riprese, egli sottolineò che il consolidamento dello stalinismo in Russia comportava un deterioramento delle posizioni economiche, politiche e sociali della classe operaia e il trionfo di un'aristocrazia tirannica e privilegiata. Se questa tendenza continua, disse, la rivoluzione si esaurirà e il capitalismo sarà restaurato. Purtroppo, è ciò che avvenuto, sebbene sotto forme nuove e inattese.
Non c'è nessun altro paese al mondo in cui le idee e i difensori autentici del socialismo siano perseguiti in modo così barbaro. Dovrebbe essere chiaro a chiunque che la rivoluzione è stata completamente distrutta dallo stalinismo. Tuttavia voi continuate a dire che, sotto questo regime inaudito, la Russia è ancora uno stato operaio. Lo stalinismo e lo Stato staliniano non hanno assolutamente niente in comune con uno Stato operaio e con il socialismo. Quelli sono i più pericolosi nemici del socialismo e della classe operaia.
Oggi voi ritenete che gli Stati dell'Europa orientale sui quali lo stalinismo ha posto il suo dominio durante e dopo la guerra siano anch'essi Stati operai. Ciò equivale a dire che lo stalinismo ha avuto un ruolo socialista rivoluzionario, lo non posso e non voglio seguirvi su questo punto. Dopo la guerra e anche prima che terminasse, in quei paesi ci fu un movimento rivoluzionario montante delle masse. Ma non furono le masse che si impadronirono del potere e non furono Stati operai quelli che sorsero dalle loro lotte. Fu la controrivoluzione staliniana che si impadronì del potere, riducendo quei paesi alle condizioni di vassalli del Cremlino, strangolando le masse lavoratrici, le loro lotte rivoluzionarie e le loro aspirazioni rivoluzionarie.
Ritenendo che la burocrazia staliniana abbia edificato Stati operai in quei paesi, le assegnate un ruolo progressivo e persino rivoluzionario. Diffondendo questa mostruosa contro-verità, negate alla IV Internazionale ogni fondamentale ragione d'essere come partito mondiale della rivoluzione socialista. Nel passato noi abbiamo sempre considerato lo stalinismo come una forza controrivoluzionaria in ogni senso del termine. Voi non lo fate più, ma io continuo a farlo.
(...) So benissimo che dite spesso che voi criticate lo stalinismo e lo combattete: ma il fatto è che la vostra critica e la vostra lotta perdono il loro valore e non possono dare risultati perché sono determinate dalla vostra posizione di difesa dello Stato staliniano e subordinate a quest'ultima. Chiunque difenda quel regime di oppressione barbara, abbandona, indipendentemente dalle sue intenzioni, i principi del socialismo e dell'internazionalismo.
Nel messaggio che mi è stato inviato dall'ultimo congresso del S.W.P. [Socialist Workers' Party, il partito trotskista degli USA che durante la seconda guerra mondiale deteneva la maggioranza del Comitato Esecutivo della IV Internazionale -- n.d.r.] è scritto che le idee di Trotzkij continuano a guidarvi. Devo dire che ho letto queste parole con molta amarezza. Come avete potuto constatare da quanto ho scritto, non vedo quelle idee nella vostra politica, lo ho fiducia in quelle idee. Resto convinta che la sola via d'uscita alla situazione attuale sia la rivoluzione socialista, l'auto-emancipazione del proletariato mondiale.

La rivoluzione insegna (Seconda appendice)

I brani che riportiamo di seguito sono tratti dalla "Storia della rivoluzione russa" di Leone Trotzkij

... in un'epoca rivoluzionaria i rapidi mutamenti di vedute e di umori nelle masse non provengono dall'elasticità e mutevolezza della psiche umana, ma, al contrario, dal suo profondo conservatorismo. Il cronico ritardo di idee e di rapporti rispetto alle nuove condizioni obiettive, fin proprio al momento in cui queste precipitano sugli uomini, sotto forma di catastrofe, provocano appunto, durante il periodo rivoluzionario, quel movimento a salti dì idee e dì passioni, che alle menti poliziesche sembra un semplice risultato dell'attività dei "demagoghi".

dalla Prefazione

La rivoluzione insegna, e per di più in fretta. In questo sta la sua forza. Ogni settimana portava alle masse qualcosa di nuovo. Ogni due mesi formavano un'epoca. Alla fine di febbraio l'insurrezione. Alla fine di aprile la dimostrazione degli operai e dei soldati armati a Pietrogrado. Al principio di luglio una nuova dimostrazione, su scala molto più vasta e con parole d'ordine più risolute. Alla fine d'agosto il tentativo di colpo di stato di Kornilov, respinto dalle masse. Alla fine di ottobre la conquista del potere da parte dei bolscevichi. In questo ritmo di avvenimenti, che stupisce per la sua regolarità, avvenivano profondi processi molecolari, che riunivano le parti eterogenee della classe operaia in una sola unità politica. Una parte decisiva in questo l'ebbe di nuovo lo sciopero.
Spaventati dal tuono della rivoluzione, scoppiato in mezzo al baccanale dei guadagni di guerra, gli industriali nelle prime settimane facevano concessioni agli operai. I proprietari di fabbriche di Pietrogrado consentirono perfino, con riserve e limitazioni, la giornata lavorativa di otto ore. Ma questo non introduceva la calma, giacché il livello di vita si abbassava ininterrottamente. Nel maggio il Comitato esecutivo fu costretto a constatare che, col rincaro crescente, la situazione degli operai "confinava per molte categorie con la fame cronica". Lo stato d'animo nei quartieri operai diventava più nervoso e più teso. Più di tutto deprimeva la mancanza di una prospettiva. Le masse sono capaci di sopportare le privazioni più gravi, quando capiscono in nome di che cosa. Ma il nuovo regime si svelava loro sempre di più come una mascheratura dei vecchi rapporti, contro i quali esse erano insorte in febbraio. Questo non lo volevano sopportare.
(...) Agli operai evoluti diventava sempre più chiaro che gli scioperi economici parziali, in condizioni di guerra, di sfacelo e d'inflazione non potevano portare un miglioramento serio, che ci voleva un qualche cambiamento delle basi stesse. (...) La crescita degli scioperi e della lotta di classe in genere aumentava quasi automaticamente l'influsso dei bolscevichi. (...) Ogni soldato che esprimeva più coraggiosamente degli altri quello che tutti sentivano era così ostinatamente apostrofato dall'alto come bolscevico, che alla fin fine si trovava costretto a crederci. Dalla pace e dalla terra il pensiero del soldato passava alla questione del potere. Gli echi suscitati da parole d'ordine scompagnate del bolscevismo si trasformavano in una simpatia cosciente per il partito bolscevico.

Comments

RACCONTATE UNA MAREA DI PALLE!!!!

W IL COMPAGNO STALIN!!!

PADRE DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE!!!!!

Ciao Luxa, se magari puoi strutturare un po' meglio le tue considerazioni...possiamo confrontarci sul tema...

Per strutturare al meglio un discorso sarebbe il caso che prendiamo in considerazione il fatto che Stalin ha protetto il movimento comunista mondiale dagli attacchi dei contro rivoluzionari, trotskisti in testa. Se non fosse stato per lui ci potevamo dimenticare lo stato Socialista, la Cina maoista o il Vietnam dello "zio" Ho.

Troppi erano (e sono) le teorie che sviano il proletariato dal suo fine ultimo: la liberazione ed il Socialismo. Per essere più pratici: cercate su Wikipedia cos'è l' "Operazione Chaos"....è molto interessante.

Per quanto concerne il grande compagno Stalin, un libro molto interessante che vorrei portare alla vostra attenzione è: STALIN UN ALTRO PUNTO DI VISTA di Ludo Martens. Provate a leggerlo e poi sappiatemi dire.

Il marxismo-leninismo è la più VIVA e VERA ed UNICA forma del vero comunismo, tutto il resto è da dimenticare.

Leggendo ogni scritto di Marx/Engels/Lenin/Stalin/Mao possiamo effettivamente capire dove sta la Verità e su che basi effettivamente si fonda la teoria comunista.

Sono però troppe le argomentazioni da affrontare. Veramente troppe per essere tutte esaurite in un piccolo commento. Vi invito a leggere il libro di Martens, poi "I principi del leninismo" e "Questioni del leninismo" di Stalin: solo dopo potremo affrontare la questione e discutere nel dettaglio.

Non ce l'ho con voi, siete compagni anche voi e non è bene litigare, ma spiegarsi e confrontarsi pacificamente.

Ma quando sento sparlare di Stalin mi viene un nervoso incontenibile.

Ricordate solo una cosa: "L'anti-stalinismo è il germe dell' Anti-comunismo".

Cordialmente.

Ciao Luxa, figurati, non siamo permalosi… la home del sito è strutturata proprio tipo blog per permetterci di interagire con gli altri, anche con compagni che la pensano diversamente da noi.

Visto che giustamente fai riferimento al marxismo… credo che un punto fondamentale del materialismo storico e dialettico sia proprio quello di incentrare l’attenzione sulle caratteristiche della struttura produttiva per analizzare di conseguenza le caratteristiche di una data società. Allora: sfruttamento della forza- lavoro, gestione dei mezzi di produzione da parte della dirigenza del “partito comunista russo” e di chici stava intorno, lavoro salariato, accumulazione del capitale, ecc ecc ecc, durante lo stalinismo (e stiamo parlando di decenni e decenn…) erano presenti tutte queste categorie, tipiche del capitalismo. Partiamo da questo, è vero o no? Poi ovviamente possiamo cercare di spiegarci il perché (ed è quello che cerchiamo di fare in questo breve opuscolo…).

Altra osservazione, cosa ci faceva secondo te Stalin al conferenza di Yalta? La Russia parteciperà alla guerra come potenza imperialista e alla conferenza proprio in tale veste, altro che paese socialista.

Ciao….avrei anche io qualche domanda.

Chi ha sconfitto il nazifascismo in Europa (per lo meno sul fronte est)?

Chi ha permesso che milioni di russi siano potuti andare a scuola, abbandonando ogni analfabetismo, proprio dello zarismo e del capitalismo più sfrenato?

Chi ha sviluppato l’agricoltura e l’industria regalando ad ogni contadino l’usufrutto dei mezzi di lavoro e dei campi, quando prima di Stalin milioni di contadini poveri non avevano neanche la speranza di ciò?

Chi ha permesso alla Russia di divenire in pochi decenni la seconda potenza mondiale?

Chi, da dopo la seconda guerra mondiale, non ha più partecipato ad una guerra, ma sviluppato la pace?

Chi, per l'eccidio di Khatyn è stato additato come principale artefice, quando invece fu strage nazista?

Ed ancora invece: chi ha lottato contro lo stato sovietico, addirittura sperando in una vincita dei nazisti, solo per rovesciare Stalin, non rendendosi conto delle immani conseguenze che questa azione avrebbe riflettuto?

Per tornare a noi: la conferenza di Yalta è stata una giusta ricompensa per i grandi sforzi bellici (e non solo) che il giovane stato socialista ebbe avuto durante il secondo conflitto mondiale. Non c’è nulla da recriminare al compagno Stalin per questo. Ha fatto il suo dovere di buon capo di stato. Non credo che se ci fosse stato Lenin al posto suo, non avrebbe approfittato di questa ghiotta occasione per potenziare lo stato russo. Partecipare ad una conferenza internazionale, non vuol necessariamente dire “andare a braccetto” di chi ti sta al fianco.

Con molte persone ha funzionato la cieca ed inetta campagna diffamatoria che i maggiori stati capitalisti mondiali (quelli della conferenza di Yalta, per capirci) hanno mosso contro l’ URSS. Questo per paura che le teorie socialiste e comuniste si espandessero a macchia d’olio nel resto del globo (vedi “operazione chaos” e "l'eccidio di Khatyn"). Alla morte di Stalin anche il giornale l’Unità titolava a caratteri cubitali “GLORIA IMPERITURA AL COMPAGNO STALIN”….la stessa Unità che negli anni ha perso di sapore (e di colore) rosso.

Nulla mi farà cambiare idea. Noi comunisti dobbiamo stare fermi nelle nostre posizioni, fare blocco e capire che Stalin è stato da molti attaccato perché faceva veramente paura….ma alla classe dominante e borghese! Non alla classe lavoratrice e proletaria! Faceva paura perché aveva trovato il modo di fare funzionare uno Stato seguendo gli insegnamenti di Marx Engels e Lenin e mettendoli fedelmente in pratica.

Solo Mao dopo di lui ci riuscì, ma perché anche lui seguì fedelmente i loro grandiosi insegnamenti.

Se vediamo (e studiamo bene) quanto realmente accaduto, potremo trarne solo giuste e buone conclusioni, senza dimenticarci comunque che “errare umanum est”.

Infine, accumunare il marxismo-leninismo al capitalismo non è assolutamente accettabile, perché denota gretta ignoranza e accettazione passiva di quanto, da Krushov in poi, è stato raccontato diffamando l’opera di tanti decenni di lotta.

Resto dunque fermo e saldo nelle mie posizioni, ed a disposizione di altre discussioni, se volete.

A pugno chiuso.

Rispondo.

Premetto che continui, secondo me ovviamente, a commettere un errore di fondo, non tener conto della struttura economica della Russia, dove permanevano tutte le caratteristiche del’economia capitalista. Ripeto, una formazione sociale si giudica andando a studiare la struttura produttiva, questo è alla base del materialismo storico.

Infatti, e così rispondo alle tue domande.

Secondo te la Russia stalinista sarebbe socialista perché:

1)Ha sconfitto il nazifascismo. La Russia (ovvero l’insieme di uomini che detenevano il potere e gestivano – come Stato- l’accumulazione del capitale… la borghesia russa insomma) si opponeva al nazismo e quindi era per questo comunista. Usando questo metro gli americani (mio riferisco sempre alla borghesia ovviamente), per esempio, hanno sostenuto la “liberazione” dell’Italia perché buoni o comunisti? Ovviamente son intervenuti per i propri interessi economici così come la Russia stalinista; non dimenticare che una parte della Germania poi sarà sovietica…

2)La Russia era comunista perché ha sviluppato le forze produttive e ha dato vita ad una espansione economica, con “giovamenti” anche per i contadini e lavoratori? Quindi secondo questo metro anche l’Italia della democrazia cristiana era comunista… visto che anche in Italia nei decenni della DC c’è stata crescita economica e i lavoratori – sempre sfruttati- vivevano condizioni meno peggiori di quelle odierne… Ed ancora più comunista sarebbero stati – sempre secondo questo tuo metro di valutazione – gli USA, visto che in quegli anni erano la nazione certamente più sviluppata e con il reddito dei lavoratori più alto (ovviamente sempre sfruttati…)

3)La Russia non ha partecipato a guerre? Intanto ha partecipato alla seconda guerra mondiale, che è già abbastanza, poi, forse, dimentichi le repressione di Ungheria nel ‘56 o i carri armati sulla Cecoslovacchia… ecc ecc

Comunque, non è il problema Stalin, cioè la persona… lo stalinismo è stato l’espressione politica e burocratica della Russia in quegli anni, si usa il nome stalinismo per identificare quella sovrastruttura del capitalismo di stato sovietico.

Come hai letto dall’articolo… il capitalismo di Stato e lo stalinismo sono stati la conseguenza di una sconfitta, della sconfitta della rivoluzione internazionale e dell’apertura quindi di una fase storica controrivoluzionaria.

Caio

Siete sulla luna...ma come fate a sragionare così???

Giusto per dovere di cronaca, la citata rivolta ungherese del '56 vide un capo-di-stato sovietico che rispondeva al nome di Nikita Chruščёv. Acerrimo nemico del proletariato, colui che ha cancellato in un sol colpo tutto il lavoro di Lenin e Stalin.

Stalin dal canto suo è STATO COSTRETTO ad entrare nel secondo conflitto mondiale perchè attaccato dai nazisti. Stalin non ha mai scatenato guerra contro nessun popolo!

E' errato poi pensare che gli USA siano intervenuti in Italia solo per i propri fini economici come dite...il fine fu strategico: evitare che l'Italia divenne comunista, ossia un paese strettamente legato all' URSS; Italia che, in piena guerra fredda, fu molto importante mantenere. La nostra posizione geografica e metà tra l'Europa e l'Africa è molto importante per il controllo di tutto il bacino mediterraneo....non dimentichiamocelo.

E poi spiegatemi cosa c'entra la DC!...ma stavamo parlando di Stalin e Lenin, o no???

Non venite dunque a fare la scuola al sottoscritto.

Ma cercate di essere più obiettivi (e più reali) nelle vostre considerazioni.

Grazie.

Luxa, come CAZZO fai a chiamare comunismo un sistema dove: esisteva il mercao, c'era il capitalismo, esistevano le merci, le assemblee decisionali (soviet) erano solo contenitori vuoti... Fa una cosa, se vuoi davvero capire cos'è il comunismo, guardati il film IL PIANETA VERDE. Chissà che non ci arrivi a capire perché Stalin, Mao, Castro e compagnia cantante hanno solo snaturato il concetto di comunismo...

Raccapezzarsi in questa palude ideologica è arduo. Dunque secondo te in URSS ci sarebbe stato il comunismo fino alla morte di Stalin e Chruscew (lo so non si scrive così) avrebbe condotto yuna controrivoluzione. Sbagli enormemente. Un paio di spunti. In URSS c'era il capitalismo, lo si evince dallo studio della sua economia. Stalin ha massacrato migliaia di comunisti in Russia ed in giro per il mondo. I dissenzienti generici assassinati sono ancora più numerosi. Beneficiò dell'aiuto economico e diplomatico dell'Italia fascista che vendette progetti militari più avanzati di quelli che lei stessa utilizzava. Si alleò con Hitler e fu così ingenuo da pensare che i tedeschi fossero sinceri. Si spartì la Polonia con Hitler e sterminò centinaia di polacchi a Kathyn. C'è in proposito un rapporto dettagliato del SIM servizio segreto milirare italiano dell'epoca. Lo zio Ho era un nazionalista da far invidia a Bush, per non parlare di Castro. E' lunga in effetti

Scusate ma siete comunisti o cosa???

Se prendiamo in mano il Manifesto del Partito, il Che-Fare, Stato e Rivoluzione, senza tralasciare neanche uno scritto di Mao: come si fa a pensare che quello che si è realizzato non sia stato realizzato in conformità agli insegnamenti di Marx, Engels & Lenin?

Per vasco: grazie x le tue osservazioni. non sono in accordo con le tue considerazioni, ma sono comunque aperto a leggere e studiare tutto quanto possibile per meglio verificare la tua visione. se potessi indicarmi uno scritto o un libro sull argomento te ne sarei grato.

Per mauro: offendere una persona che neanche conosci dimostra solo quanto sei piccolo di fronte ad una discussione politica di una certa rilevanza. va bene che (suppongo) siete tutti di questo movimento, dunque vi fate forza l'un l'altro, ma il tono che hai usato non è propriamente aperto al dialogo, e dunque dovrebbe essere riveduto e corretto.

PS: non definitemi lo zio Ho come nazionalista. Passi per Castro, ma non per chi ha liberato dall'imperialismo americano il popolo vietnamita.

Luxa, se la parola "cazzo" ti spaventa, mi dispiace, ma a quanto vedo chi offende sei te, perché io non ti ho "offeso", ho semplicemente giudicato in maniera colorita una tua affermazione, non un tuo livello intellettuale (cosa che tu invece ti sei permesso di fare, a quanto vedo). Quindi impara a valutare ciò che ti viene detto e a reagire di conseguenza, come prima cosa.

Seconda cosa, oltre appunto a scrivere quanto sopra e piagnucolare perché hai letto la parola "cazzo" (oh dio che parolaccia!), non hai dato spiegazioni e non mi hai replicato, e non l'hai fatto semplicemente perché NON puoi farlo, perché ciò che dico è inoppugnabile. Poi se per te il comunismo è possibile instaurarlo in un solo paese, tenendo in piedi mercato e merci, salario e quant'altro, allora scusami, ma sbagli a chiamarlo comunismo.

Saluti.

ti consiglio Storia della guerra del Vietnam di Stanley Karnow in cui la figura del "portatore di luce" viene delineata più che a sufficienza. Lo stesso Libro Nero sulle atrocità fasciste in URSS rende palese la natura capitalista del paradiso dei lavoratori. basta prendersi un'opera sulla Spagna perchè il tradimento di Stalin fosse palese. I russi si presero giusto per gradire le riserve auree spagnole in cambio del sensato consiglio a Caballero di accattivarsi le simpatie della borghesia nazionale. Eziando assassinarono Andreu Nins, Andrade, Camillo Berneri, e forse Durruti. Ma è assurdo continuare Mao e Stalin hanno assassinato migliaia di comunisti. Hanno adulterato la teoria comunista e hanno lasciato in eredità alle loro vittime il dissesto ideologico e la fama da belve

Grazie Vasco per le informazioni: ribadisco che non condividiamo la stressa idea, ma cercherò di leggere ed approfondire lo studio con i testi che mi hai consigliato. Questo per approfondire il nostro dibattito. Da parte tua procurati "Stalin un altro punto di vista" di Ludo Martens, così il dibattito potrà essere veramente completo!

Mauro la parola "cazzo" non mi fa per niente paura...di cose che mi fanno paura ce ne sono ben poche! E non mi lascia neanche nessun timore. Resto solo allibito e disgustato quando incontro persone che non riescono ad instaurare neanche un seppur minimo dibattito. Non ce l'ho con te. Sto cercando solo (pacatamente) di instaurare anche con te un seppur minimo dialogo. Ne sei capace?

Io sono disponibilissimo al dialogo, ma mi infervoro quando leggo certe castronerie. Partiamo dal presupposto che senza l'abbattimento delle classi, delle merci e del salario non c'è comunismo, e poi possiamo discutere di quello che vuoi.

L'importante è la buona fede pur nelle differenze d'idee. Si può e si deve discutere su tutto i forum esistono per quello. Ci scontriamo e lasciamo ai tanti che leggono senza intervenire il compito di giudicare.

Ora che "abbiamo fatto amicizia virtuale" e ci siamo chiariti possiamo proseguire (se volete).

Relativamente all'autore che mi avete indicato (Stanley Karnow, con il suo libro "Storia della guerra del Vietnam", mi pare di intuire che non avrebbe potuto scrivere diversamente. Leggo che fu arruolato nella United States Army Air Corps in Asia. E fu presente in Vietnam nel 1959 quando i primi americani vennero uccisi dai Vietcong. Certamente si sviluppò in lui un profondo sentimento anti-comunista. Dunque perché leggere un libro di parte, di chi si è trovato a combattere al fianco dell'imperialismo americano? Certo che è sempre bene approfondire il nostro studio e non relegare la mente a concezioni "a senso unico", ma si capisce che questo testone pensate di un americano abbia volutamente e deliberatamebnte gettato fango sul nostro caro zio Ho. Vi esorto a leggere il libro di Ludo Martens per comprendere che l'eccidio di Kathyn fu una chiara menzogna nazista per gettare fango su Stalin.

Scusate sta facendo casino il PC.

Buon fine settimana.

Tutti i libri sono di parte l'importante è capire bene da quale parte è giusto stare per servire i propri interessi. L'autore chiarisce come l'unico interesse dello stalinismo vietnamita consistesse nel creare un Vietnam indipendente ed unito. Economicamente capitalista. Se avesse voluto semplicemente usare la conta dei cadaveri fatti da Pol Pot e simili in Asia e ripercorrere le facili argomentazioni dei tanti interessati "mangiacomunisti" modello preti e simili avrebbe dato alle stampe un libro ben diverso. Non c'è odio o desiderio di rivincita ma un'accurata analisi politica e militare. Limitandosi al primo aspetto la natura capitalista e iperburocratica dello stalinismo viene fuori a chiare lettere. Del resto il Vietnam di oggi è capitalista ed amico degli USA alla faccia dei tanti morti ancora freschi nella tomba

L’opera di Marx si caratterizza per un’istanza conoscitiva che intende investire criticamente l’esistente nella totalità dei suoi aspetti, al fine di contribuire alla realizzazione della radicale emancipazione degli uomini, senza sclerotizzarsi assiomaticamente nella formulazione di una nuova dottrina sociale. Da ciò l’incompiutezza della sua opera a cui si contrappone, sin dalla Seconda internazionale, il suo sovvertimento e la fondazione di un nuovo sistema, che nell’U.R.S.S. viene usato come strumento ideologico di potere.

Dunque Marx ci dice cosa e' il capitale mentre Stalin cos'e' il comunismo, onore al compagno Stalin!

Poi pero' arriva Cruscev Nikita e cancella il lavoro di Stalin!? Quindi siamo qui, a propagandare il partito come fondamentale per una seria teoria rivoluzionaria, quando invece dovremmo identificare "l'uomo giusto", che ci riporti al socialismo?

Non so proprio...

La denuncia di Cruscev aveva uso interno, serviva a sbarazzarsi dei collaboratori di Stalin facendoli carcerare o peggio, e a preparare la un accordo con gli USA dato che dopo la Corea a Mosca erano prevalse le correnti pacifiste. In URSS (di Stalin, Cruscev, Andropov, Gorbaciov.... c'è sempre stato solo il capitalismo) ci si voleva godere la ripresa economica post bellica senza sfiancarsi in eccessive corse al riarmo. Di qui l'ordine a tutti i partiti stalinisti di perorare la coesistenza pacifica etc