Appunti sul Manifesto dei Comunisti (Prima parte)

Dalla rivista giovanile internazionalista “Amici di Spartaco” #26

Nel primo capitolo del Manifesto, si affronta la società borghese e come questa sia fondata principalmente su due classi: borghesia e proletariato, quest’ultima è definita classe rivoluzionaria, destinata a distruggere la società capitalista stessa.

La prima affermazione, da un certo punto di vista, si può definire non del tutto veritiera:

La storia d’ogni società esistita finora è storia di lotta di classi...

Lo stesso Engels scrive infatti:

Solo con lo scomparire delle comunità primitive inizia la divisione della società in classi separate...

Siamo infatti a conoscenza dell’esistenza di società rurali comunistiche. La società antica e quella moderna, si distinguono per i diversi tipi di classi nelle quali si dividono ma, sono comunque e sempre società divise in classi: oppressori e oppressi, sfruttatori e sfruttati, coinvolti in un perpetuo antagonismo che sfocia o in una rivoluzione e in un cambiamento della società o nella comune rovina delle classi in lotta.

Dopo la breve introduzione, gli autori si soffermano qualche pagina a descrivere la nascita della società borghese, discutono la decadenza della società feudale da cui prese le mosse la società borghese che iniziò in quell’epoca la sua rivoluzione. Il processo di potenziamento della classe imprenditoriale, non ancora definibile tale, venne aiutato dall’incrementarsi delle colonie e dall’espansione dei mercati; l’avvento della macchina e la nascita dell’industria diedero il via al processo di formazione di quella classe sociale formata da milionari imprenditori e sfruttatori: la borghesia. Il suo sviluppo accompagnò la crescita politica della società: la borghesia ha trasformato le modalità di relazione tra gli uomini introducendo l’esaltazione della logica dello scambio, dell’interesse, il tutto alimentando una ideologia politica volta a giustificare il suo dominio.

L’epoca borghese si distingue dalle società precedenti in quanto rivoluziona costantemente gli strumenti di produzione e quindi i prodotti. Basti vedere, per esempio, come oggi le innovazioni tecnologiche, spinte dalla concorrenza, facciano uscire un modello nuovo di cellulare o di qualsiasi altro apparecchio elettronico quasi ogni mese.

Il potere della borghesia industriale si espanse col tempo su scala globale sfruttando il mercato mondiale, utilizzando materie prime importate, allacciando scambi commerciali a livello internazionale con stati che precedentemente non erano ancora dominati dalla borghesia. In questo modo “nasce un’universale dipendenza reciproca tra le nazioni”, nascono cioè nuovi bisogni che non possono essere soddisfatti ricorrendo unicamente alla produzione nazionale, la borghesia mette in atto una conquista mondiale attraverso le sue armi, i prezzi bassi che riducono le nazioni ad un’unica scelta: comprare o morire.

Sul piano sociale la borghesia ha assoggettato l'intera popolazione concentrando i mezzi di produzione nelle mani di pochi, creando una centralizzazione politica: il potere borghese ha superato la frammentazione e ha spinto affinché nascessero i grandi stati-nazione moderni.

A questo punto, nel libro, c’è una proiezione nel futuro: arrivando ad analizzare gli elementi della prossima disfatta della borghesia. Nella società feudale sono nati i presupposti per la nascita di quella borghese, la quale ha rivoluzionato le basi limitate della produzione materiale fino ad allora presenti; la borghesia ha preso il posto della società antica così come la classe proletaria dovrà rivoluzionare il modo di produzione borghese.

La crisi della borghesia è una crisi produttiva che si esprime attraverso la sovrapproduzione. Le uniche vie d’uscita dalla crisi per la borghesia sono: la distruzione di capitale (guerra), la conquista di nuovi mercati o un maggiore sfruttamento di quelli già conquistati, ma in questo modo essa crea, nei fatti, i presupposti per nuove crisi sempre più violente riducendo al contempo i mezzi per evitarle. Qui si chiude la porta di introspezione della borghesia e inizia l'approfondimento della figura del proletario.

I proletari sono la benzina che fa carburare la macchina borghese, la forza lavoro è l’unica cosa che hanno a disposizione da vendere al padrone; per loro il lavoro è sicuro finché questo accresce il capitale. Il lavoro del proletario è monotono e noioso, degno di una macchina. La figura del proletario è quella dello sfruttato “per eccellenza”, sfruttato sul lavoro dal “datore”, cioè, detto correttamente, il capitalista, e successivamente sfruttato dalla società borghese.

Dopo aver fissato la figura del borghese e del proletario, si parla della storia delle lotte di classe. Le prime rivolte proletarie di massa iniziarono nel 1811 con i luddisti e le prime aggregazioni di lavoratori. A quel tempo però la borghesia era fin troppo potente e riuscì a incanalare le rivolte indirizzandole verso il nemico stesso della borghesia (proprietari fondiari, borghesia non industriale, aristocrazia feudale).

Col tempo si accrebbe la coscienza di classe e con il peggiorare delle condizioni di lavoro e di vita proletarie iniziarono a nascere le prime coalizioni antiborghesi. Sempre più operai si unirono alla causa. Le varie lotte di classe locali divennero una lotta nazionale. La borghesia era in lotta con l’aristocrazia e contro la parte di borghesia che ostacolava il progresso industriale oltre che contro la borghesia di altri Paesi, ma per combattere queste lotte aveva bisogno di proletari. Quando la lotta di classe arriva al suo acme, una parte della borghesia stessa si allontana da essa ed abbraccia le idee rivoluzionarie.

Il movimento proletario è il movimento della maggioranza nell’interesse della maggioranza. L’unico modo che ha il proletariato di risollevarsi è mandare in rovina la struttura economica e la sovrastruttura della società borghese. Finché esiste il capitalismo il proletariato non avanza socialmente, ma regredisce, in quanto

tutti i metodi per accrescere la forza produttiva sociale del lavoro vengono fatti ai danni dell’operaio...

finché esso non diventa un accessorio della macchina.

L’esistenza della classe borghese e il suo dominio sono garantiti dall’accumulazione delle ricchezze nelle mani dei privati, così si incrementa il capitale. Condizione dell'esistenza del capitale è il lavoro salariato. L’industria crea un numero sempre maggiore di proletari: la borghesia crea i suoi distruttori.

Stefano (Ostia)
Domenica, March 25, 2012

Amici di Spartaco

Rivista giovanile internazionalista