Lo Stato, i soviet, la rivoluzione

Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico di transizione, il cui Stato non può che essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.

K. Marx, Critica al programma di Gotha, 1875

Da più parti ci giunge la richiesta di chiarire cosa intendiamo per rivoluzione e per comunismo, di esplicitare meglio il nostro programma evidenziandone i fattori di realizzabilità, di spiegare in termini più dettagliati cosa vogliamo e in che modo pensiamo di ottenerlo. La questione è del massimo interesse e investe in pieno la definizione della proposta politica di cui è portatore il Partito Comunista Internazionalista. Con questo contributo cercheremo di affrontare alcuni aspetti che riteniamo fondamentali, a partire da una premessa: il nostro programma non è elaborazione originale dell'ultimo periodo, ma il proseguo delle battaglie teoriche, politiche e pratiche dei nostri predecessori. Sulla base del materialismo storico, delle esperienze della nostra classe, argomentiamo la necessità della rivoluzione proletaria, mettiamo in guardia contro gli errori che sono stati compiuti, indichiamo le prospettive che dovrà assumere il processo rivoluzionario per risultare vittorioso; si tratta delle necessarie conclusioni di un discorso che viene da molto lontano, conclusioni alle quali nessuno che voglia richiamarsi alla necessità del comunismo può sottrarsi senza effettuare un tradimento della causa rivoluzionaria.

Lo Stato

Abbiamo imparato, con il Manifesto dei comunisti, che il potere statale moderno non è altro che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese. Con Engels (1) abbiamo ulteriormente sviluppato e generalizzato il concetto, comprendendo come lo Stato è «un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con se stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente ad eliminare. Ma perché questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano se stesse e la società in una sterile lotta, sorge la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell'“ordine”; e questa potenza che emana dalla società e che si estranea sempre più da essa è lo Stato». Lo Stato è quindi una potenza che si pone in apparenza al di sopra della società, in sostanza un organo di dominio di classe: l'organo dell'oppressione di una classe da parte di un'altra. È questa la premessa teorica irrinunciabile dalla quale deve prendere le mosse ogni ragionamento sullo Stato e sul potere, sulla lotta di classe e la rivoluzione.

Discutere dello Stato significa discutere di un “ordine” che legalizza e consolida l'oppressione di una classe ai danni di un'altra. Il fine dell'“ordine costituito” è di alternare la moderazione del conflitto tra le classi alla sua repressione. La macchina statale borghese è il garante e il gestore di questo “ordine”. Le due istituzioni più caratteristiche di questa macchina statale sono la burocrazia (apparato amministrativo) e l'esercito permanente (forza pubblica = distaccamenti speciali di uomini armati); le loro funzioni sono: amministrazione, controllo sociale e repressione; i loro fini sono: tutela dello Stato e degli interessi di classe di cui questo è espressione. Vi sono poi le funzioni economiche esercitate direttamente dallo Stato che, dagli anni 1930, sono diventate sempre più importanti, ma la cui trattazione esula dai limiti di questo lavoro.

Il quadro dei caratteri dello Stato, sebbene solo tratteggiato, è già sufficiente per poter anticipare alcune conclusioni:

il potere politico è il potere di una classe organizzato per opprimerne un'altra. Il proletariato, unendosi di necessità in classe nella lotta contro la borghesia, facendosi classe dominante attraverso una rivoluzione, ed abolendo con la forza, come classe dominante, gli antichi rapporti di produzione, abolisce insieme a questi rapporti di produzione le condizioni di esistenza dell'antagonismo di classe, cioè abolisce le condizioni d'esistenza delle classi in genere, e così anche il suo proprio dominio in quanto classe.
Alla vecchia società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi fra le classi subentra un'associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti (2).

Lo Stato democratico

Nella democrazia, grazie al suffragio universale, l'oppressione di classe appare mistificata, vi è cioè l'illusione che gli sfruttati possano influenzare le scelte di gestione della società, che lo Stato sia espressione di tutti i cittadini con diritto di voto.

La mistificazione elettorale, la formazione dell'opinione pubblica ad opera dei media, le false libertà (di stampa, di associazione e di parola...), celano la realtà: la classe dominante ha a disposizione mille modi per far sì che il parlamento sia esclusiva espressione dei suoi interessi specifici. Dalla corruzione economica dei funzionari e dei politici all'alleanza tra governo, banche e grande industria, dall'estrazione sociale borghese dei deputati ai loro concreti interessi economici, alle stesse regole che sovrintendono l'elezione e l'esercizio del potere dei governi, si manifesta una innegabile verità: le istanze proletarie sono costantemente escluse.

È evidente come le “libertà” (parola, stampa, associazione...) affermate in teoria, vengano negate nella pratica. Nessuno spazio o mezzo viene messo a disposizione di chi non ha possibilità economiche. Come tutte le libertà borghesi, sono libertà per i ricchi, libertà che richiedono soldi per essere attuate, libertà che escludono chi non se le può permettere. La democrazia borghese è una democrazia che garantisce il massimo della libertà per i ricchi, mentre i poveri – pur illudendosi di partecipare – hanno solo la libertà di decidere a quale padrone vendere la propria forza lavoro, la libertà di mettere una croce su una scheda per scegliere una volta ogni tot anni quale membro della classe dominante li dovrà rappresentare e opprimere in Parlamento. Il fatto che i “cittadini” si sentano partecipi di un sistema che, quotidianamente, li opprime e li sfrutta dimostra come la repubblica democratica sia l'involucro migliore per il dominio politico della borghesia (3).

L'attuale governo tecnico, però, non è stato eletto da nessuno. Questo, come già i governi “totalitari” del novecento, dimostra la semplice realtà per la quale le misure approvate devono necessariamente essere conformi agli interessi della classe dominante. Laddove il teatrino parlamentare, per mille motivi, dovesse divenire un ostacolo, la forma democratica dello Stato è semplicemente sospesa, la sua sostanza borghese protetta. I padroni sono capaci di passare sopra a qualsiasi formalità. Questo dimostra come, nonostante le forme che possono assumere gli Stati borghesi sono straordinariamente varie, la loro sostanza è unica. Tutti questi Stati sono in un modo o nell'altro, ma, in ultima analisi, necessariamente, una dittatura della borghesia: gli interessi che essi rappresentano sono gli interessi esclusivi della classe borghese.

Non è un mistero per nessuno che le attuali “politiche anti-crisi” emanano direttamente dai centri del potere economico borghese, i parlamenti fungono unicamente da tramite (vengono “ben oliati” per questo). I greci, i primi in Europa ad averle subite, non hanno nessuna difficoltà ad individuarne i mandanti non in questo o quel governo fantoccio, ma nella troika EU, BCE, FMI. È così dimostrato come la democrazia borghese, a partire dalla costituzione che la fonda, possa essere un sacro feticcio solo per chi si illude di poterla utilizzare per difendere gli interessi degli sfruttati, non certo per chi la controlla al fine di difendere i suoi di interessi.

Rivoluzione e mistificazione

Il proletariato non può liberarsi dallo sfruttamento economico e dall'oppressione politica della borghesia fino a quando non abbia rovesciato il suo potere politico, spezzato il suo Stato, sostituito la propria dittatura di classe alla dittatura della borghesia. Affinché questo evento storico si renda possibile, dall'interno della società deve sorgere un nuovo potere – espressione della classe precedentemente esclusa – questo nuovo potere deve entrare in contrasto con il potere della classe dominante, rovesciarlo e, quindi, a far nascere un nuovo ordinamento sociale.

Le condizioni minime affinché un processo storico possa essere definito rivoluzionario sono:

  1. che sotto la spinta di una profonda crisi economica anche il sistema di dominio della classe dominante entri in crisi: che l'apparato burocratico, amministrativo, politico, economico e militare della classe borghese incontri crescenti difficoltà nella gestione della situazione, che questa inizi a “sfuggirgli di mano”;
  2. che le classi sfruttate siano capaci di condurre un'azione di massa tale da mettere in discussione il potere borghese;
  3. che in questa azione di massa sorgano i nuovo organismi politici del proletariato (soviet);
  4. che vi sia la presenza del partito rivoluzionario e che questo abbia la capacità di dirigere al programma rivoluzionario la masse in movimento.

Prima di procedere è importante metabolizzare a fondo come borghesi e proletari siano portatori di interessi di classe irriducibilmente contrapposti.

I primi vivono dell'espropriazione del prodotto della forza-lavoro, accumulandone i frutti per estendere il proprio dominio; i secondi sono sottoposti a questa continua espropriazione, che arriva a metterne in discussione la stessa sopravvivenza. È solo nella rivoluzione che gli sfruttati possono porre in essere la soluzione a tale contraddizione, avanzando il programma dell'espropriazione degli espropriatori.

In questo, raro, momento storico si scontrano due programmi diametralmente opposti: da un lato il mantenimento della società di classe per mezzo della difesa della proprietà privata di una minoranza di sfruttatori; dall'altro l'eliminazione dello sfruttamento per mezzo dell'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e la loro socializzazione. È una battaglia che vedrà schierarsi le classi su due fronti contrapposti ed ognuno dei due dovrà ricorrere a tutta la propria forza per prevalere in uno scontro che pervaderà di sé ogni sfera della vita sociale, ogni territorio, fino a svilupparsi a livello internazionale. “O noi, o loro” sarà il motivo dominante che animerà i due fronti della guerra di classe che ci attende.

Essendo l'affermazione di uno la negazione dell'altro, ne deriva che nessuna soluzione di compromesso – o stabile situazione di equilibrio delle forze e reciproca tolleranza – potrà verificarsi. Nessuna soluzione politica intermedia: o società di classe o liberazione dallo sfruttamento, nel mezzo vi è spazio solo per il conflitto tra le due istanze.

Dall'incomprensione di questa tesi, o dalla paura che essa suscita, nasce l'assurda idea che sia possibile ipotizzare un potere antagonista al capitalismo che si sviluppi e consolidi progressivamente, al di fuori dello scontro frontale. In quanto rivoluzionari dobbiamo combattere l'idea che la costruzione di una società di liberi ed uguali possa procedere dalla conquista progressiva di alcune posizioni (nazionali, economiche, sociali, politiche) nella società capitalista – e magari nel suo Stato – fino ad arrivare a sommergerla.

Si tratta della mistificazione che ha accompagnato e seguito la degenerazione politica successiva alla sconfitta della rivoluzione russa: dai gramsciani consigli di fabbrica all'ipotesi dei governi operai, al socialismo in un paese solo, dai fronti unici ai fronti popolari, dalla resistenza antifascista al contropotere dell'Autonomia, dall'idea di un programma di transizione prima del programma rivoluzionario al governo di blocco popolare, dalle suggestioni autogestionarie alle odierne battaglie in difesa della democrazia e della Costituzione, fino al movimento per i beni comuni e oltre (l'elenco potrebbe essere infinito). Queste sono alcune delle forme politiche che ha assunto l'opportunismo nel suo intento di negare lo scontro frontale tra le classi, la necessità della costituzione degli organi del potere proletario (soviet) all'interno di tale scontro.

L'idea guida è sempre la medesima: il proletariato deve dapprima organizzarsi per battere le fazioni più reazionarie della borghesia, in alleanza con quelle più progressive e, solo successivamente, forse, porre la questione del potere. Di fatto, laddove questa vigliacca visione ha fatto breccia, ha significato unicamente l'asservimento della nostra classe agli interessi di una della fazioni borghesi prima ed il suo disarmo materiale ed ideologico poi (4).

È caratteristica di tutti i processi rivoluzionari – frutto delle difficoltà della borghesia a gestire la “situazione calda” con i “mezzi ordinari” – quella di dare vita a nuovi governi. Ma più si procede a “nuove spartizioni” dell'apparato amministrativo fra i diversi partiti borghesi e piccolo-borghesi più o meno di sinistra, e più si manifesta la necessità di chiudere i conti con la società borghese nel suo insieme. Ad ogni nuovo governo, anche il più democratico, si pone all'ordine del giorno la necessità di accentuare la repressione contro il proletariato rivoluzionario, di rafforzare l'apparato di coercizione, cioè la stessa macchina statale, di disarmare il proletariato. Questo corso degli avvenimenti obbliga la rivoluzione, se vuole essere vittoriosa, a “concentrare tutte le sue forze di distruzione” contro il potere dello Stato; le impone il compito non di migliorare la macchina statale, ma di demolirla, di distruggerla.

Al contrario, gli opportunisti legano mani e piedi proletarie agli interessi della borghesia, evitando meticolosamente di affrontare il problema centrale di ogni rivoluzione: la costituzione di un potere rivoluzionario ed il suo sostituirsi al precedente.

I soviet

È allora compito degli internazionalisti dire parole chiare riguardo questi temi. Affinché gli sfruttati possano concretizzare la loro liberazione dallo sfruttamento è indispensabile che, nell'urto della lotta di classe giunta al suo apice, nascano le nuove forme del potere proletario: i soviet.

Utilizziamo il termine soviet (consigli) per denominare questi organismi perché, fino ad oggi, solo nella Russia rivoluzionaria il processo si è realizzato compiutamente, almeno nella sua prima fase. È d'altra parte indifferente come questi organismi vengano chiamati (comune, consigli, assemblee, organismi di massa...). Nella lotta per la sovversione del capitalismo gli sfruttati daranno vita ai loro nuovi organismi di potere in un'enorme varietà e abbondanza di forme, sarà la loro sostanza ad essere determinante.

Il sistema dei soviet è una rappresentanza politica della classe lavoratrice le cui caratteristiche fondamentali sono: l'esclusione dal diritto elettorale di tutti coloro che non appartengono al proletariato, l'essere espressione della forza di classe degli sfruttati nella loro battaglia contro la borghesia, l'essere organismi dell'esercizio del nuovo potere, della dittatura del proletariato.

Durante la lotta rivoluzionaria questi sono gli organi attraverso i quali la classe lavoratrice lotta per il rovesciamento della borghesia e la soppressione dei suoi organi rappresentativi (parlamento, consigli comunali, etc.), dopo la vittoria rivoluzionaria i consigli sono i mezzi di esercizio del proprio potere politico nel semi-Stato del proletariato, gli organi della dittatura del proletariato. È caratteristica fondante di questi organismi il fatto di attrarre nella loro sfera d'influenza le più vaste masse andando così a costituire quel rapporto di forza indispensabile affinché il potere borghese vacillante ed incapace di gestire la situazione economica e sociale possa essere abbattuto.

Come la dittatura della borghesia si esprime attraverso i parlamenti borghesi, che rappresentano gli interessi dei capitalisti escludendo di fatto il proletariato, allo stesso modo i soviet rappresentano gli interessi collettivi della classe lavoratrice la quale, dal momento in cui è riuscita a rovesciare la classe borghese, non spartisce in alcun modo il potete con questa. I soviet sono eletti esclusivamente da lavoratori con l'esclusione dal diritto elettorale di tutti coloro che si avvalgono di mano d'opera salariata e comunque sfruttano i proletari. Qualche operaio, anche organizzato, potrà essere escluso dalle liste elettorali del soviet politico cittadino ove risulti che, oltre a lavorare nella fabbrica, viva dei proventi di un piccolo capitale pecuniario o fondiario. In ciò consiste la loro sostanziale caratteristica, tutte le altre modalità della loro costituzione hanno importanza relativa. Definisce la dittatura del proletariato l'esclusione della classe borghese da ogni rappresentanza, anche come minoranza, negli organi politici della società. Questa è la condizione storica per la lotta politica contro la resistenza borghese, per la eliminazione di ogni sfruttamento e l'organizzazione del socialismo.

Sebbene organismi di massa proletari siano sorti più volte nella storia (5), solo raramente questi sono stati all'altezza dei loro compiti, arrivando a conquistare il potere politico, e sempre per un periodo di tempo relativamente breve. Consigli che sorgano in una situazione non rivoluzionaria si espongono ad essere inevitabilmente svuotati del loro contenuto, integrati nello Stato borghese e disciolti. Affinché i soviet possano realizzare il rovesciamento del potere borghese è necessario che siano presenti condizioni oggettivamente e soggettivamente rivoluzionarie. Quali sono queste condizioni?

Le condivisibili tesi del 1920 della III Internazionale sulla costituzione dei soviet (6) così si esprimono: affinché i comunisti possano dare l'indicazione di formare i soviet si deve verificare la seguente situazione:

  1. una spinta rivoluzionaria di massa nella più vasta cerchia di operai e operaie, soldati e popolazione lavoratrice in genere;
  2. un acuirsi della crisi economica e politica tale che il potere cominci a sfuggire dalle mani dei governi costituiti [condizioni oggettive NdR];
  3. la maturazione nelle file di strati notevoli di operai e soprattutto del partito comunista della ferma decisione di impegnare una lotta decisa, sistematica e pianificata per il potere [condizioni soggettive NdR].

In assenza di tali condizioni i comunisti hanno sì il compito di propagandare in modo tenace e sistematico l'idea dei soviet, volgarizzarla fra le masse, mostrare ai più vasti strati della popolazione che i soviet sono l'unica forma statale adeguata come transizione al comunismo, ma una immediata organizzazione dei soviet senza le condizioni citate, al di fuori dello scontro frontale tra sfruttati e sfruttatori, è impossibile e, comunque, controproducente.

Se la classe borghese è ancora stabilmente al potere, anche avendo la possibilità di convocare gli elettori proletari ad eleggere i delegati dei consigli, non si farebbe che una imitazione formale di un istituto a venire, ma questo mancherebbe del suo fondamentale carattere rivoluzionario. Siamo tornati alle situazioni ipotizzate dagli opportunisti, all'idea che organismi di massa proletari possano sorgere indipendente dal verificarsi di una situazione rivoluzionaria, quindi che soviet e parlamento possano convivere e integrarsi, insomma che uno non escluda l'altro. Si tratta del più totale tradimento della causa: i soviet significano dittatura del proletariato, il parlamento significa la dittatura della borghesia. È impossibile fondere e conciliare la dittatura del proletariato e la dittatura della borghesia.

È invece possibile che veri e propri soviet di massa appaiano come forma storicamente data della dittatura del proletariato senza che in essi vi siano le condizioni soggettive, anche in questo caso l'esito positivo del processo rivoluzionario è impossibile. La forza proletaria potrà arrivare a mettere fortemente in crisi il potere borghese, ma mai ad abbatterlo definitivamente. Le condizioni soggettive si riassumono nella presenza, nei soviet, di due parole: partito comunista.

Prima di passare a questo aspetto dobbiamo approfondire un altro argomento.

Soviet e comitati di lotta

È fuori discussione che i sindacati siano ormai totalmente asserviti ed integrati ai meccanismi della programmazione e gestione economica del capitale. Ne deriva che, qualora gli sfruttati scendano sul terreno della lotta per la difesa reale dei loro interessi, essi debbano dare vita ad organismi di lotta economica diversi. Abbiamo definito questi “comitati di lotta”, caratterizzandoli come assemblee non permanenti, democratiche e orizzontali, con potere decisionale, le quali organizzano gli individui coinvolti in una determinata lotta. Sarebbe un grave errore, però, confondere questi con i soviet sia prima, che durante, che dopo la rivoluzione.

I comitati nascono a livello di unità produttiva o di settore o comunque sulla base della difesa di un interesse specifico e organizzano gruppi di proletari sulla base dei loro interessi immediati; i soviet sono organizzati su base territoriale e organizzano le masse proletarie sulla base del loro interesse generale e storico. Potrebbe verificarsi una condizione di contrasto tra i due, contrasto che troverebbe soluzione solo nella subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale.

La nascita dei soviet non è nemmeno ipotizzabile come semplice conseguenza dell'estensione organizzativa dei comitati di lotta e/o del loro coordinamento. I comitati nascono, indipendentemente dal processo rivoluzionario, dalla necessità di lottare per la difesa degli interessi economici di settori limitati di classe, per il raggiungimento di determinati risultati nel capitalismo. I soviet storicamente nascono, grazie al duplice impulso del partito e del proletariato rivoluzionario nel suo complesso, nello scontro tra le classi per la distruzione del potere borghese, con la prospettiva di superare il capitalismo. Dopo la rivoluzione, forme di comitati potrebbero sussistere affianco ai soviet come organismi tecnici di gestione operaia della produzione, ma questi si occuperebbero comunque di questioni specifiche, in necessaria subordinazione alle decisioni generali del soviet. È qui, nel consiglio territoriale e centralizzato, che hanno infatti libero gioco gli interessi proletari in quanto attengono a tutta la classe al di sopra delle categorie e a tutto lo sviluppo storico del movimento di emancipazione di essa.

Partito e soviet

Partiamo dalla constatazione dei punti di forza della controparte: il potere borghese è radicato nell'ideologia degli uomini e delle donne, ha immensi mezzi a disposizione, è centralizzato, internazionalmente solidale con se stesso, spietato, abituato all'esercizio del potere, abituato a combattere per difenderlo, ha più volte dimostrato notevoli capacità di rigenerarsi e risollevarsi ogniqualvolta gliene si sia lasciata la possibilità.

Da queste elementari considerazioni deriva l'assunto che, affinché la rivoluzione possa uscirne vittoriosa, il processo rivoluzionario dovrà essere attuato con una azione collettiva e centrale del proletariato, subordinando tutte le misure da adottare all’interesse generale di classe ed alle sorti finali di tutto il processo.

Osserviamo ora i punti di debolezza della nostra classe. Nel momento in cui iniziano a lottare, i proletari sono portatori innanzitutto di interessi particolari e, anche qualora si riconoscano come membri della classe proletaria, esprimono la coscienza che deriva loro dalle esperienze concretamente vissute in questo sistema: lotteranno in maniera generosa e spontanea contro lo sfruttamento, ma non avranno coscienza delle esperienze complessive della classe nella sua secolare lotta contro lo sfruttamento, degli errori commessi, delle sconfitte subite, dei tranelli nei quali i predecessori sono incappati, questo in quanto tali esperienze esulano dall'esperienza pratica quotidiana. Spontaneamente i proletari potranno tentare di avviare una “società migliore”, ma utilizzeranno gli strumenti che conoscono, gli strumenti che sono loro noti, quindi, gli strumenti del capitalismo (l'unico sistema del quale abbiamo esperienza diretta). Non potranno certo avere coscienza della necessità di cancellare i fondamenti dell'economia capitalista, il denaro, il mercato, il salario, la proprietà privata etc., in quanto anche questa necessità esula dalla loro esperienza reale. Per finire, visto che la loro esperienza è localmente limitata, non potranno costituire un centro dirigente internazionale unico, volto a guidare lo scontro per l'abbattimento del capitalismo e a generalizzare la rivoluzione a livello mondiale (“O noi, o loro”).

I proletari in lotta possono sviluppare la coscienza di appartenere ad una classe, possono lottare per abbattere il Sistema, possono arrivare a sovvertire temporaneamente il capitalismo, ma mai a distruggerlo una volta per tutte. Affinché possano prefigurarsi l'obbiettivo di una società futura, di nuove relazioni sociali tutte da costruire, perché lo sforzo rivoluzionario sia concentrato, efficacie al massimo e totalmente volto all'obiettivo, senza tentennamenti e pericolose oscillazioni... c'è bisogno di uno strumento di lotta politica che abbia la capacità di collegare il passato, il presente ed il futuro della lotta di classe dando ad essa una direzione inequivocabile.

Per sopperire a quelle debolezze (le quali si evidenziano con tanta maggiore chiarezza in tutte le esperienze di rivoluzioni sconfitte, dalla Comune in avanti) (7), i proletari hanno bisogno di uno strumento che orienti e guidi la loro lotta e i loro organismi di massa sui passi necessari alla vittoria finale.

La lotta del proletariato contro la borghesia è lotta politica per la conquista del potere. Lo strumento della lotta politica del proletariato è il partito di classe, il partito comunista. Il partito organizza gli elementi migliori della classe, forma e raccoglie coloro che hanno una coscienza storica del processo della crisi del capitalismo e della emancipazione proletaria, coloro i quali sono disposti a sacrificare ogni interesse di gruppi e di individui alla vittoria finale del comunismo.

Quando ancora non si pone il problema rivoluzionario, il Partito Comunista penetra e conquista gli organismi di lotta economica (comitati di lotta) appena essi sorgono sotto la spinta delle condizioni di vita sempre peggiori di gruppi e categorie di proletari; questo allo scopo di radicarsi nella classe e nelle sue azioni per allargarne il campo, nella direzione della lotta unitaria di classe. Il partito costituisce così il terreno favorevole all'agitazione e alla propaganda, tra le masse, degli scopi generali e finali del comunismo. Il partito non considera come scopi della sua azione le conquiste parziali che gruppi proletari possono realizzare nell’ambito del presente regime, tuttavia, esso interviene in queste agitazioni allo scopo di propagandare le sue finalità massime, di mettere in rilievo i rapporti e i fatti che dimostrano la necessità dell’azione politica d'insieme di tutta la classe proletaria, sulla via della rivoluzione, per la eliminazione del regime capitalista. Nella fase rivoluzionaria il Partito Comunista difende la parola d'ordine «tutto il potere ai Consigli».

Quando i consigli sono costituiti, il Partito Comunista lotta al loro interno per conquistare la maggioranza dei loro mandati e gli organi centrali del sistema dei consigli. In tale opera il Partito persevera dopo la conquista del potere, sempre con l'obbiettivo di dare coscienza politica e unità d'intenti all’azione proletaria, combattendo gli egoismi ed i particolarismi. I consigli sono di fatto l'unico organismo possibile intermedio tra il partito e la classe, passibile di veicolare le parole d'ordine del comunismo nel corpo della classe stessa, dirigendone l'azione nella direzione della conquista del comunismo. È caratteristica del Partito Comunista la battaglia politica in seno ai consigli, prima della rivoluzione, contro ogni forma di collaborazione e combinazione dei Consigli operai con gli organi del potere borghese, diffondendo in tal modo, nelle masse in movimento, la coscienza che i primi non possono avere il loro valore storico se non dopo il violento abbattimento dei secondi, dopo la conquista del potere, contro i residui dell'ideologia borghese.

Qualora organismi assimilabili ai consigli prendessero vita al di fuori di una situazione rivoluzionaria il partito avrebbe comunque il compito di lavorarvi all'interno per estendere la sua influenza nella classe, non ultimo denunciando i limiti di quell'esperienza. Allo stesso modo il partito, anche in una fase rivoluzionaria, deve intervenire nei soviet chiarendo che essi non sono rivoluzionari per virtù propria, ma solo se agiscono nella direzione della rivoluzione comunista se, cioè, si riconoscono nella direzione del partito politico di classe e nel suo programma.

Il semi-stato proletario e la sua estinzione

Abbiamo quindi dimostrato che l'unica forma possibile di potere proletario è quella che si esercita non attraverso i parlamenti e altri istituti democratici, ma tramite i consigli eletti solo dai membri della classe proletaria. Abbiamo inoltre visto come ad una simile forma di potere, alla dittatura proletaria, non si arriva attraverso la democrazia borghese, ma attraverso la demolizione di essa, come il potere dello stato resta di fatto nelle mani della borghesia fin quando sono in piedi gli istituti - più o meno - parlamentari ed esecutivi dello Stato attuale. Il proletariato che abbatte lo Stato borghese ed instaura lo Stato proletario, il proprio semi-Stato, sostituisce la “forza repressiva particolare” della borghesia con la sua di “forza repressiva particolare” (dittatura del proletariato) attraverso l'armamento generale del proletariato.

Lo Stato è oppressione organizzata di una classe su un altra, il proletariato nel momento in cui conquista il potere inizia a metter in atto tutte quelle misure necessarie ad abolire la divisione in classi della società per mezzo della socializzazione dei mezzi di produzione. Va da se che il proletariato ha bisogno dello Stato solo in funzione della repressione della borghesia e dei suoi tentativi di tornare al potere, solo per reprimere la resistenza degli sfruttatori.

Nel momento in cui non ci sarà più traccia di divisione in classi della società, anche lo Stato proletario – che per questo preferiamo chiamare semi-Stato – non avrà più ragione di esistere e si estinguerà, riducendosi il suo meccanismo alla semplice amministrazione e distribuzione dei prodotti del lavoro sociale.

Anche la democrazia proletaria è una forma di Stato, con l'estinguersi dello Stato anch'essa si estinguerà. Il proletariato ha quindi bisogno di uno Stato in via di estinzione, un semi-Stato, organizzato cioè in modo tale che cominci subito ad estinguersi e non possa non estinguersi. Lo Stato borghese non può essere abbattuto senza rivoluzione violenta, violando cioè la volontà della borghesia di preservare a tutti i costi il suo potere. La soppressione dello Stato proletario, cioè la soppressione di ogni Stato, non è possibile che per via di “estinzione”.

Vogliamo accennare, in conclusione, alcuni dei caratteri, passibili di generalizzazione, che hanno contraddistinto le esperienze rivoluzionarie del passato, per quanto di breve durata e infine sconfitte.

Si tratta di osservare come, nei fatti, è storicamente avvenuta la sostituzione della macchina statale spezzata con una vera e vasta democrazia per gli sfruttati: per questa via lo Stato (forza particolare destinata a opprimere una classe determinata) si è trasformato in qualche cosa che non era più propriamente uno Stato. Dal momento che è stata la maggioranza stessa della popolazione a reprimere i suoi oppressori, non c'è più stato bisogno di una “forza particolare” di repressione. In questo senso lo Stato ha cominciato ad estinguersi. Quanto più i proletari stessi assumeranno le funzioni del potere statale, tanto più sarà debellata la base economica di esistenza della borghesia, tanto meno si farà sentire la necessità di questo potere.

La riduzione degli stipendi assegnati a tutti i funzionari dello Stato al livello di “salari operai” e la loro eleggibilità e revocabilità in qualsiasi momento hanno messo in rilievo la svolta dalla democrazia borghese alla democrazia proletaria. Questi semplici e “naturali” provvedimenti, mentre stringono pienamente in una comunità di interessi i salariati e la maggioranza della popolazione, servono in pari tempo da passerella tra il capitalismo e il socialismo, riducono progressivamente l'apparato statale alla semplice amministrazione e contabilità della produzione sociale, alla distribuzione dei suoi prodotti sulla base dei bisogni.

Riducendo i funzionari dello Stato alla funzione di semplici esecutori di incarichi stabiliti nei soviet, riducendoli alla funzione di “sorveglianti e di contabili”, modestamente retribuiti, responsabili e revocabili in qualsiasi momento, si spezza l'idea borghese che il funzionariato pubblico possa essere una passerella verso le posizioni di maggior privilegio, semplicemente perché queste “posizioni di maggior privilegio” cessano di esistere.

Grazie all'immenso sviluppo tecnico che ha caratterizzato l'ultimo secolo di vita del capitalismo possiamo affermare che mai come oggi questo programma è realizzabile. Grazie all'informatica, alle reti e alle telecomunicazioni, l'immensa maggioranza delle funzioni del potere statale si sono a tal punto semplificate da poter essere benissimo compiute, dopo un breve addestramento, da tutti i cittadini con un minimo di istruzione e per un normale salario da operai.

I soviet non sono organismi parlamentari, ma di lavoro, esecutivi e legislativi allo stesso tempo. Dopo la rivoluzione le istituzioni rappresentative sono rimaste, ma il parlamentarismo, come sistema speciale, come divisione del lavoro legislativo ed esecutivo, come situazione privilegiata per i deputati non è esistito più. La democrazia proletaria è la più larga che si possa concepire, è la democrazia dell'immensa maggioranza con l'esclusione di un'infima minoranza di sfruttatori. Non è possibile concepire una democrazia senza istituzioni rappresentative, ma essa deve essere concepita senza parlamentarismo.

A differenza degli anarchici noi non immaginiamo che gli uomini e le donne si trasformino nel giro di ventiquattr'ore. Non ci sogniamo di fare a meno, dall'oggi al domani, di ogni amministrazione, di ogni subordinazione; noi vogliamo la rivoluzione socialista con gli uomini e le donne quali sono oggi, uomini che – almeno da principio – non potranno fare a meno né di subordinazione, né di controllo, né di sorveglianti, né di contabili. Quello che si può fare dall'oggi al domani è cominciare a sostituire la specifica gerarchia dei funzionari statali con le semplici funzioni di sorveglianti e di contabili: il passaggio dal capitalismo al comunismo è anche il passaggio dalla gestione politica e gerarchica della società alla sua amministrazione tecnico-pratica, lo svuotamento di ogni contenuto politico del semi-Stato proletario, la sua estinzione. «le funzioni pubbliche perderanno il loro carattere politico, e si trasmuteranno in semplici funzioni amministrative veglianti ai veri interessi sociali.» (8)

Dal primo giorno del potere proletario, ed in misura direttamente proporzionale all'affievolirsi della resistenza borghese, si deve passare alla graduale estinzione di ogni burocrazia, alla graduale instaurazione di un ordine in cui le funzioni, sempre più semplificate, di sorveglianza e di contabilità saranno adempiute a turno, da tutti, diverranno poi un'abitudine e finalmente scompariranno in quanto funzioni speciali di una speciale categoria di persone.

L'economia sarà allora totalmente socializzata, la proprietà privata sparita e la borghesia, con la divisione in classi della società, lo sfruttamento, il denaro e la guerra, si ridurranno a semplici argomenti da studiare con curiosità sui libri di scuola.

Diego

(1) Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, 1884. (Questa e le altre citazioni sono tratte dal sito marxists.org)

(2) Marx-Engels, Manifesto comunista, 1848.

(3) Lenin, Stato e rivoluzione, 1917.

(4) Citiamo tre esempi, tra i molti possibili, tanto lontani e diversi quanto caratterizzati dalla medesima dinamica: la Comune di Canton in Cina nel 1927, la Resistenza italiana e la Primavera Araba del 2011.

(5) Dalla Russia del 1905 e 1917 all'Ungheria e Germania nel 1919, ancora dall'Ungheria nel 1956 alla Polonia nel 1980 etc.

(6) Tesi della III Internazionale sulle condizioni di costituzione dei soviet, 1920.

(7) La stessa rivoluzione russa fu sconfitta a causa del suo isolamento internazionale. Uno dei principali motivi di tale isolamento fu proprio l'assenza di un partito internazionale di classe, questo doveva nascere solo due anni dopo il 17, in maniera estremamente tardiva e, a tratti, confusa. Vedi in proposito l'articolo “Verso la nuova internazionale”, Prometeo, 2000.

(8) Engels, Dell'autorità, 1872 .

Martedì, November 13, 2012

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.