I fallimenti della scienza economico-finanziaria

Gli esperti borghesi, stipendiati a servizio del capitale, hanno coltivato la speranza che a seguito della crisi qualche correzione nei complicati meccanismi finanziari (non certo in quelli produttivi) sarebbe stata la politica dei vari governi. Nulla di ciò è avvenuto e così si piange, qua e là, su un ciclo di accumulazione del capitale da anni ufficialmente “stagnante”, per lo meno in tutte le economie occidentali. Ed altrove comincia a dare segni di evidente sofferenza.

Per contro, hanno ripreso una marcia, che avrebbe invece dovuto arrestarsi, quei processi ai quali fu addebitata l’origine stessa della crisi: cartolarizzazioni, “convivenze” fra banche ordinarie e d’investimento, speculazioni e relativi scandali ultra miliardari. Molti ricorderanno il meccanismo dei sub-prime, prestiti immobiliari fatti (pur di movimentare il… mercato) anche a chi non avrebbe potuto restituirli e poi ceduti dalle banche ad altri “investitori” con le tecniche della cartolarizzazione (incorporazione dei crediti in titoli negoziabili sul mercato). Una “irresponsabilità” denunciata ipocritamente dai moralizzatori del sistema, ma che consentiva di far “girare” i prestiti cedendoli facilmente ad altri. Quindi la banca che emetteva il titolo non si preoccupava molto della qualità dello stesso e apriva porte e finestre alla proliferazione dei vari salsicciotti (subprime): Cdo, Clo, Abs, Mbs, eccetera. Ed oggi il loro massiccio ritorno sul mercato (se ne parla alla luce del sole…) sembra essere bene accolto persino dalla BCE a nome della “massa” di investitori alla ricerca della famosa trasformazione di D in D’. Altra speranza (scientifica?): con l’aumento delle cartolarizzazioni sarebbero ripresi i flussi di credito delle banche verso gli operatori dei settori industriali…

In proposito, l’unione Europea ha allo studio da anni delle norme in formulazioni invise a questa o quella lobby finanziaria. E’ scontato che se saranno introdotte delle regole, marginali e solo… solleticanti per il settore bancario, l’unico risultato sarà solo una complicazione burocratica della gestione degli affari, sempre sporchi! Già lo si constata con le farraginose regole che dovrebbero riguardare gli hedge fund e i fondi di private equity. Vani i tentativi di trovare un equilibrato rapporto fra i capitali e tutte le attività a rischio (capital ratio), oltre quelle totali (leverage ratio), nel confronto con la capacità di fronteggiare gli impegni finanziari a breve (liquidity ratio).

Il calcolo del leverage ratio si baserebbe su un indice a livello del 3% delle attività complessive: basta un capitale di 3 euro ogni 97 euro di debiti. I più “critici” chiedono il 10%. E viene sempre tollerata la presenza dei derivati e altre attività di quel tipo nei bilanci bancari. Così negli USA alcune grandi Banche stanno pagando grosse somme (penalità di decine di miliardi di dollari, una cinquantina!) a riparazione delle gansteristiche operazioni sub-prime. Ciò nonostante, i bilanci delle Banche vanno a gonfie vele: se qualche passivo ci sarà lo pagheranno gli azionisti ma non i grossi manager (e i loro bonus), cioè i veri responsabili di alcuni conti in rosso.

Quanto a quello spettro (parafrasando Marx!) che s’aggira per il mondo (la tendenziale caduta del saggio di profitto) c’è chi si consola blaterando di “una previsione non azzeccata da Marx”. Un errore del “filosofo di Treviri”, a seguito della sua teoria del valore e di un supposto crollo del capitalismo. Colpa della “dialettica hegeliana” che avrebbe portato Marx ad

una previsione che ogni giorno il capitale smentisce riuscendo dopo più di cento anni, e nonostante acciacchi anche gravi, a sopravvivere con rinnovata vitalità.

Pensieri di un R. C. Gatti (Segreteria nazionale Lega dei socialisti). Altri pensatori, a… sinistra – seguendo la scia fumosa di quello che figura come il massimo economista del secolo scorso, Keynes – ripetono con “spirito riformista” gli aforismi del Maestro:

Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non produce i beni necessari. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.

… E quindi gli applicano qualche cerotto!

I difensori della tesi dei mercati efficienti, di merci e di denaro, soffocano in una palude di retorica liberista, con “sfide scientifiche” uscite malconce negli ultimi accadimenti; ora ci si lamenta dei “fattori psicologici” che dominerebbero i mercati finanziari, soggetti ad ondate imponderabili di euforia o di panico. Le bolle speculative si gonfiano e scoppiano rendendo instabile il sistema economico complessivo… Sarebbe questa la causa dei cicli di boom e di depressione nella produzione di merci e nell’occupazione.

Fumano, dunque, le teste pensanti della borghesia, fino a ieri sventolanti la bandiera della libertà e deregolamentazione dei mercati. Mancano “comportamenti razionali degli agenti economico-finanziari”. Qua e là qualche timido tentativo di ricerche alternative sfiorate dal dubbio che, forse, le stesse bolle speculative non siano “anomalie” dovute ad esplosioni momentanee di irrazionalità individuali, bensì la conseguenza del presente “regime”. Dove la produzione di merci (e relativo plusvalore) non riesce più ad incrementare un’accumulazione di capitale sempre più in crisi: che fare se non ricorrere alla illusione del denaro che di per sé produce denaro? Con momentanei salti di gioia degli apologeti del mercato finanziario e della sua centralità, i quali, quando criticano Keynes, lo fanno solo per quella sua altra idea di una “repressione della finanza” quale antidoto ai malanni del capitalismo… I quali, comunque, restano inguaribili.

DC
Martedì, January 28, 2014