Una prima risposta ai compagni del GIGC

Pubblichiamo la risposta alle osservazioni critiche che i compagni del Groupe International de la Gauche Communiste hanno fatto al nostro articolo “A dieci anni dallo scoppio della crisi, a che punto è l'economia mondiale”, apparso su questo sito e sul numero 20 di Prometeo. Quei compagni hanno pubblicato il nostro articolo, tradotto in francese e in inglese, sul n. 11 della loro rivista – Révolution ou guerre – assieme alla nostra risposta, che avevamo inviato loro, visto che, correttamente, ci avevano anticipato i loro rilievi critici. I documenti – in francese e inglese – si trovano all'indirizzo web del GIGC: igcl.org-

Cari compagni,

crediamo che le vostre critiche all'articolo siano viziate da preconcetti che vi hanno costretto a leggere quello che non c'è e a travisare quello che c'è. In più c'è il solito stile cicista (della CCI) che non riuscite a togliervi di dosso.

Sugli errori della CCI per quanto riguarda il corso storico non ci interessa affatto. Come diciamo nel testo, non esistono cicli predeterminati, ma solo i rapporti di forza tra le classi che determinano un ciclo piuttosto che un altro. Solo una precisazione: l'errore di formulare che il corso storico andava verso la rivoluzione non era soltanto nella sopravvalutazione del '68, ma nell'aver scambiato lo stalinismo, il maoismo e lo studentismo piccolo borghese, che all'interno dominavano, come un momento politico comunque “positivo”, perché di lotta e che, al momento buono, avrebbe lasciato il posto al vero internazionalismo proletario, in virtù di un percorso già segnato dallo spirito santo. Solito approccio idealistico.

Ma veniamo al dunque. Ci accusate di concepire la futura “guerra mondiale” come generalizzazione degli episodi di guerra locale. Allo stato attuale delle cose abbiamo usato il termine generalizzazione dei focolai di guerra come possibile passaggio ad una guerra generale che preveda inizialmente la dilatazione di quella che già esiste, per poi passare ad uno scontro diretto e generale (mondiale). Volutamente abbiamo usato un sinonimo di guerra mondiale perché questo termine, ampiamente abusato, andrebbe usato con parsimonia in quanto la prossima guerra, se ci sarà, sarà diversa dalle altre due per i fronti, per il loro numero, per metodi metodi bellici e, soprattutto, per il coinvolgimento delle masse. Per cui guerra mondiale o guerra generalizzata stanno ad indicare uno scontro diretto tra gli interpreti imperialisti. Ma oggi, per il momento, siamo ancora nella prima fase. Voi ci ammonite dicendo che c'è una bella differenza tra una serie di guerre locali, dove gli imperialismi non si toccano direttamente, e una dove lo scontro mortale è diretto. Sappiamo tutti che una guerra mondiale, banalmente, implica uno scontro diretto degli imperialismi e non soltanto una serie di guerre per procura, non a caso abbiamo usato l'aggettivo “bizzarra” (che a voi è evidentemente sfuggito) da affiancare al concetto di guerra mondiale. Bizzarra proprio perché oggi i grandi imperialismi che alimentano le guerre non si scontrano direttamente come nei due precedenti episodi mondiali. Il loro comportamento è più simile a quello della “guerra fredda”che a quello di una guerra diretta e generalizzata. Per cui la guerra generalizzata può essere sinonimo di guerra mondiale da non confondersi, evidentemente, con gli episodi di guerre locali, anche se gli interpreti imperialisti sono sempre gli stessi. Ma siamo alla polemica per la polemica.

Secondo punto in questione. Foto o film. Nell'articolo si dice semplicemente che allo stato attuale delle cose (rapporto di forza tra le classi) sarebbe più probabile una soluzione di guerra, ma poi si aggiunge che le cose possono cambiare (non a caso si fa l'esempio della rivoluzione russa che nasce all'interno della prima guerra mondiale), ed è su questa prospettiva che intendiamo lavorare e non sulla prima, mentre voi continuate ad attribuirci la visione statica della foto e non del film, facendo della prima metafora l'argomento su cui intervenire polemicamente, tralasciando colpevolmente il secondo su cui proiettiamo le nostre analisi di tutto l'articolo e non soltanto di questo.

Quando diciamo che la soluzione più probabile, oggi, con gli attuali rapporti di forza sia la guerra, non escludiamo che in divenire una ripresa della lotta di classe, e solo essa, possa rovesciare gli attuali rapporti di forza e dare il via ad un processo di scontro i cui esiti non sono mai prevedibili. E' solo la lotta di classe, la lotta proletaria che potrà dare, a determinate condizioni, un cambiamento ai rapporti di forza tra le classi.

Sul terzo punto credo che ci sia della mistificazione. Vi risponderemo brevemente perché non possiamo argomentare quanto abbiamo mille volte detto in altri documenti. Prendere una frase e distorcerla in un unico senso non è corretto:

“_S_oit le prolétariat mondial réussira à échapper aux chaînes du nationalisme, aux mille mécanismes de guerre que l'impérialisme déclenche chaque jour, soit l'explosion d'une des nombreuses bulles spéculatives – peut-être due à la hausse des taux d'intérêt par la Réserve fédérale – sera suffisante pour intensifier et généraliser le drame des guerres existantes et faire du monde un immense cimetière”. Cette formule nous semble pour le moins maladroite.

Per niente, “maladroite”, è la vostra interpretazione. Qui si vuole soltanto dire che nella fase attuale di crisi del capitalisnmo mondiale è sufficiente lo scoppio di qualche bolla speculativa per aggravare la situazione economica, per dare vita a nuove nuove guerre e alla loro generalizzazione, viatico per una terza gurra mondiale (guerra generalizzata e non più generalizzazione degli episodi di guerra). Ma se il proletariato internazionale non si sarà tolto di dosso i fardelli dell'ideologia borghese, seguirà inevitabilmente il “suo” imperialismo. Ma noi non ci aspettiamo che questa presa di coscienza del proletariato possa avvenire spontaneamente (la grande illusione). Tutto questo è spiegato nella chiusura dell'articolo. Solo con la presenza di un partito di classe rivoluzionario e comunista è possibile che i moti spontanei, che potranno esprimersi con maggiore frequenza ed intensità con l'aggravarsi della crisi, saranno il terreno di intervento del partito stesso e di maturazione politica delle masse. Sono le lotte che, con la guida del partito, trascrescono sul terreno politico e smantellano i cardini dell'ideologia borghese, come il nazionalismo, come la guerra “necessaria” per esportare la democrazia e come tutte quelle fandonie che ogni borghesia elabora per trascinare il proletariato sul carro dei suoi interessi. Noi non aspettiamo che spontaneamente le masse si disfino del nazionalismo, rifiutino la guerra o il razzismo, noi diciamo che questo può avvenire sulla base di una forte ripresa della lotta di classe guidata dal partito di classe. Nella nostra storia, come abbiamo sempre combattuto l'idealismo della CCI, abbiamo anche combattuto il meccanicismo di certo bordighismo che su questi temi hanno rappresentato i poli opposti.

Solo se la classe si muove - pur confusamente, senza obiettivi politici, continuando a rimanere all'interno del quadro rivendicativo - le avanguardie politiche (il partito in fieri) possono dare una prospettiva politica anticapitalistica.

Per ultima cosa, è pura invenzione che noi concepiamo la funzione del partito soltanto come elemento chiarificatore, così come è un'altra invenzione l'attribuirci l'idea che lo scontro rivoluzionario sia tra la borghesia e il partito di classe. Anche in questo caso la nostra pubblicistica politica di settant'anni e oltre si è battuta contro l'idealismo che prevede una maturazione autonoma della coscienza di classe (vedi sempre CCI) e contro la visione autoritaria del partito bordighista (sostituzionista) prefigurazione del socialismo, infallibile e pronto alla sua dittatura. Il nostro sforzo dialettico, se ci è consentita l'ennesima sintesi è che: il partito è lo strumento politico della lotta di classe, detentore di una tattica e di una strategia, portatore di una coscienza anticapitalista e di una alternativa sociale che spontaneamente non nasce dalle lotte rivendicative. Ma è in queste lotte rivendicative che il partito deve intervenire per svolgere il suo ruolo di punto di riferimento politico.

Per concludere non abbiamo mai sostenuto una visione statica del proletariato come se fosse un soggetto passivo. Riteniamo che senza una ripresa autonoma (dai sindacati e dai sedicenti partiti di sinistra) della lotta di classe nessun partito è in grado di fare la rivoluzione, così come nessun movimento rivendicativo contro la borghesia, anche se duro e prolungato, possa uscire dagli schemi borghesi e dal quadro economico capitalista, senza la presenza del partito di classe che lo porti verso una vittoria contro lo stato capitalista.

Ma queste sono discussioni vecchie, che in parte abbiamo già fatto, ma che rimarranno a marcare le nostre impostazioni sulla questione del ruolo del partito, sulla coscienza di classe e sulla impostazione dialettica del rapporto partito-classe.

Al riguardo proponiamo un passo di Onorato Damen che riteniamo particolarmente illuminate.

Il formarsi e il modificarsi della coscienza umana, il suo trasformarsi in volontà e in azione, è il riflesso sul piano della vita sociale e politica di quanto avviene nel sottosuolo dell'economia in un nesso fra fattori determinanti e mondo determinato della sovrastruttura, che a sua volta compie l'azione di ritorno sulla base come elemento indispensabile al compimento di qualsiasi accadimento della storia. Non c'è schema geometrico, né calcolo aritmetico che possa chiudere questo nesso tra il mondo che determina e quello determinato in una formula sempre vera e sempre valida quale che sia la spinta proveniente dal sottosuolo dell'economia e quali che siano gli accadimenti della sovrastruttura.
Nel caso nostro, non sempre a date condizioni obiettive della crisi capitalistica corrisponde un adeguato e tempestivo condensarsi della coscienza rivoluzionaria e della volontà d'azione. La crisi del primo dopoguerra in Germania e in Italia ha dato la tragica dimostrazione di un proletariato istintivamente portato alla comprensione della necessità della lotta per il potere a cui è venuta a mancare la direzione rivoluzionaria. La storia delle lotte operaie è piena di esempi di situazioni favorevoli di fronte alle quali il proletariato perde ogni volta l'autobus della rivoluzione per la presenza di un Partito inadeguato al suo compito di guida.
Qui sta il punto focale, non solo della interpretazione dialettica, ma anche della natura e funzione del Partito di classe.

Onorato Damen, 1952, dalle “Cinque lettere”

Saluti fraterni

TCI
Martedì, February 26, 2019

Comments

Com'è possibile che le osservazioni critiche del Groupe International de la Gauche Communiste in “A dieci anni dallo scoppio della crisi, a che punto è l'economia mondiale” siano state censurate sui siti inglesi e francesi di TCI?

igcl.org

igcl.org

(poco) gentile Steve. La risposta vi è stata inviata come gruppo, e tanto basta. Non credo proprio che dobbiamo rendere conto a te dei tempi con i quali decidiamo, se decidiamo, di pubblicare materiale sul nostro sito. Capisco che hai bisogno di aggrapparti a queste cose per pubblicizzare il sito dell'igcl. Ma accusarci di censura è veramente troppo. Alla prossima accusa di questo tenore (provocatoria) saremo costretti a rimuovere i tuoi commenti. Mi spiace ma abbiamo da fare altre cose più importanti che rendere conto del perchè non seguiamo i passaggi che tu (e solo tu) hai deciso debbano essere seguiti.