Borghese di nome e di fatto

Riceviamo e pubblichiamo la corrispondenza di un compagno, sul livello di sfrontatezza, arroganza e disprezzo dei lavoratori, da tempo ormai raggiunti da larghi settori della borghesia, che non si perita nemmeno più di mascherare la propria “ottocentesca” protervia padronale. Dalla Fornero a Borghese, il coro è unanime: proletari, tacete, lavorate e tirate la cinghia -- nel senso letterale della parola.

Alessandro Borghese, famoso cuoco e personaggio televisivo, non è il primo membro della classe dominante a pronunciare parole (“Lavorare per imparare non significa essere per forza pagati”) senza vergogna e, ovviamente, senza rispetto nei confronti della classe sfruttata. Si ricordino a questo proposito le parole dell'ex ministro Fornero che definiva “choosy” (esigenti, schizzinosi) i “ragazzi di oggi”. Per carità. Probabilmente esisteranno anche questi, ma ce ne sono altrettanti – anzi, molti di più – che pur avendo un titolo di studio anche elevato, si accontentano di fare i lavapiatti, in Italia o a Londra. Un altro esempio sono le parole dei proprietari degli stabilimenti balneari romagnoli, che lamentavano un anno fa il poco afflusso di domande di lavoro, affermando la stessa cosa della Fornero, ovvero che piuttosto di lavorare i giovani “schizzinosi” oggi preferiscono il divano e il reddito di cittadinanza. I signori sopra però dimenticavano volutamente di precisare orario di lavoro e salario mensile che i contratti dei “choosy” prevedevano. Certo che chiunque, di fronte alla scelta tra lavorare 12 ore al giorno, sei o sette giorni alla settimana, per 800 euro al mese, preferirebbe prenderne magari 200 o 300 di meno per stare a casa ad oziare: ma la colpa è della proposta di lavoro che l'imprenditore fa, non certo del ragazzo che la rifiuta, perché ha i suoi buoni motivi per farlo.

Alle dichiarazioni di Borghese dei giorni scorsi, seguono quelle della ristoratrice Viviana Varese, la quale afferma che l'unica maniera per spingere al lavoro questa generazione di viziati è... generare fame. L'ha detto davvero. Aggiungendo che se uno non la sente, allora il sistema la deve indurre.

Non bastano i caduti che quotidianamente il proletariato deve contare sul lavoro, e non basta lo schifo dell'alternanza scuola-lavoro che non è che un modo tra i tanti per il padronato di estorcere profitti spremendo come limoni dei ragazzini con il pretesto di insegnare loro un mestiere, pretendendo oltretutto che il ringraziamento per questa “opera di bene”, sia non lamentarsi e lavorare a testa bassa.

Quando affermo che quella tra fascismo e democrazia è una falsa dicotomia, intendo dire che la classe dirigente “democratica” ha dei tratti caratteristici come l'arroganza, la tracotanza e lo sprezzo della vita dei lavoratori (e in ultima analisi, della vita umana), che sono tipici del fascismo (… o della borghesia di sempre). Quindi oggi più che di battaglie sull'antifascismo contro 4 sfigati di Forza Nuova o di Casa Pound, la classe lavoratrice ha bisogno di ritrovare la bussola per orientarsi sul terreno tanto accidentato quanto necessario dello scontro frontale di classe, anche contro personaggi del calibro dei Borghese o delle Varese di turno; i quali solo per avere pronunciato parole del genere, meriterebbero la gogna in piazza, con i ragazzi da loro tanto disprezzati a guardarli, armati di ortaggi non più freschi...

Sabato, April 23, 2022