Gli internazionalisti ai proletari della Jugoslavia

Al momento della caduta del Muro di Berlino, le classi dominanti di tutti i paesi dichiararono che si apriva al mondo intero un nuovo periodo di prosperità e di pace fra i popoli.

In tre anni, da allora, si sono verificati in tutto il mondo avvenimenti di enorme portata che smentivano brutalmente quelle "previsioni". In realtà mentre giornalisti, opinion maker e ideologi disegnavano scenari di pace, o loro padroni si preparavano a far scannare lavoratori fra loro per gli interessi dei capitalisti.

Gli eventi della ex Jugoslavia sono una tragica dimostrazione di ciò.

Gli internazionalisti del mondo intero, avanguardia cosciente della classe lavoratrice, denunciano con decisione la borghesia jugoslava - la stessa cresciuta e ingrassatasi nel regime federalista del falso socialismo - quale responsabile dello sfascio prima e della guerra e degli atroci massacri poi.

I responsabili locali

La borghesia è fatta di quei burocrati di partito e di stato e da quei direttori e manager di imprese che sino alla fine degli anni 1980 si erano divisi fraternamente il plusvalore estorto ai lavoratori di tutte le repubbliche.

C'erano soldi e ricchezza per tutti loro, prodotta dai lavoratori nelle fabbriche e nei campi. Intanto i lavoratori venivano presi in giro facendo loro credere che la "autogestione" fosse una forma di socialismo, un modo cioè per esprimere il potere dei lavoratori.

In realtà vigevano in Jugoslavia gli stessi rapporti che esistono nel processo di produzione di un qualsiasi paese capitalista:

  • i lavoratori producono in una frazione della giornata lavorativa l'equivalente del loro salario e tutta la restante produzione di valore è appropriata dal capitalista, individuale o collettivo, che la usa a proprio piacimento;
  • la produzione è fatta non per soddisfare i reali bisogni della società, ma per essere venduta sul mercato, fatto solo da chi può comprare, per realizzare il profitto del capitalista.

Poco importa, poi, se sono gli stessi lavoratori a decidere alcuni dettagli della amministrazione della azienda,.

Mentre i lavoratori vivevano e lavoravano in condizioni ancor peggiori di quelle dei compagni dell'europa occidentale, i borghesi jugoslavi travestiti da socialisti arricchivano.

Poi è venuta la crisi. La crisi economica ha colpito l'intero mondo capitalista. I profitti e le occasioni di arrichimento della borghesia sono diminuite anche in Jugoslavia.

È così che sono iniziate le tensioni nazionalistiche fra le diverse repubbliche jugoslave, ciascuna frazione repubblicana della borghesia ha iniziato a reclamare per sè il massimo dei vantaggi possibili:

  • la borghesia delle zone più povere, più brutalmente colpite dalla crisi (Kosovo Macedonia) ha alzato la reazionaria bandiera dell'etnia per creare nuovi apparati amministrativi e politici autonomi su cui ritagliarsi comode posizioni di rendita politica
  • la borghesia delle repubbliche più ricche (Slovenia, Croazia) ha inizato a reclamare per sè la totalità delle ricchezze prodotte e la fine dunque dei contributi repubblicani alla federazione;

Gl interessi immediati hanno accecato completamente questa classe di parassiti che pretende di guidare la collettività. Le sue frazioni nazionali hanno scatenato le loro campagne ideologiche tutte basate sui concetti più retrogradi e incivili di nazione, etnia e religione contrapposte l'una all'altra. Poi si sono armate: hanno messo mitragliatori, cannoni e carri armati in mano ai loro sgherri mercenari organizzati in eserciti nazionali o in milizie e li hanno lanciati l'uno contro l'altro, in un crescendo infernale, e tutti contro i lavoratori e gli strati più poveri della popolazione.

I responsabili internazionali

In tutto ciò hanno giocato un ruolo rilevante le borghesie dei paesi metropolitani d'Europa e d'America. I padroni italiani, tedeschi, americani, inglesi hanno venduto le armi alle diverse repubbliche jugoslave e le hanno sostenute in modo palese e segreto per due motivi di fondo:

  • fare profitti nella vendita di arni e munizioni
  • legare a sè le repubbliche quali possibili mercati di sbocco delle proprie merci e dei propri investimementi, e pedine del proprio gioco sulla scena internazionale degli scontri interimperialistici in maturazione.

La crisi economica che ha investito il mondo intero ha causato il crollo dell'impero sovietico ed ha accelerato le grandi manovre e gli scontri di interessi fra le potenze capitaliste maggiori. In tutto ciò i proletari del mondo intero hanno solo pagato: con l'aumento dello sfruttamento, la disoccupazione e pesanti sacrifici nei paesi più forti, la miseria assoluta e la fame in quelli più poveri.

Nel percorso delle trattative inter-europee. fra Cee e Onu, fra Ueo e Nato è emerso il gioco osceno e ancora confuso degli interessi contrastanti delle potenze sul modo in cui la Jugoslavia dovrà ripartirsi. A questo gioco non è estranea la Russia, che rimane pur sempre una grande potenza economica, sebbene in crisi profonda, e militare. Ora sotto la mostruosa ipocrisia degli aiuti umanitari quelle stesse potenze si preparano all'intervento armato: chi arriverà prima con i suoi soldati farà le parti del leone nella spartizione imperialista delle spoglie jugoslave. È una passo ulteriore nella marcia del capitalismo mondiale verso una terza guerra imperialista, unica soluzione che i borghesi offrono alla crisi del loro modo di produzione.

Chi combatte nella guerra jugoslava

Sono le potenze capitaliste ad aver armato eserciti e milizie che si fronteggiano in Jugoslavia; sono le potenze capitaliste ad aver alimentato i fondi monetari con cui si mantengono gli eserciti e si pagano i mercenari delle milizie e delle bande nazionaliste private dei Seseli, dei Paraga e degli altri capi e capetti.

Come in ogni società borghese sono sempre disponibili quei disperati, pronti a tutto e a vendersi per un tozzo di pane e per il gusto dell'avventura guerresca, da assoldare nelle bande di massacratori. Si verifica così il colmo della ipocrisia delle classi dirigenti internazionali: dopo aver armato e scatenato i macellai, litigano ora su chi dovrà intervenire per metter fine al macello.

Chi la soffre

Per legge sempre verificata nelle guerre imperialiste, la guerra la combattono i militari, regolari o meno, ma la soffrono i civili. La guerra è pagata da quanti continuano a lavorare nelle fabbrihe e nei campi o rimangono, perché disoccupati, in attesa di un lavoro o di una fonte di sostentamento. I cannoni sparano sulle abitazioni, città e villaggi si conquistano massacrando la popolazione civile; la catastrofe economica indotta dalla guerra getta sul lastrico decine di migliaia di operai e impiegati, taglia loro i salari e i viveri. ne aumenta le sofferenze. Tutto questo in nome di nazionalismi, etnoentrismi o peggo ancora religioni, che di fatto avevano da lunghissimo tempo cessato di costituire una barriera fra gli uomini e donne della Jugoslavia. Matrimoni incrociati, parentele miste, spostamenti spontanei da una zona all'altra di un grande paese: chi badava più fra quanti vivevano del lavoro al fatto che il suo vivino fosse croato piuttosto che sloveno o serbo, montenegrino piuttosto che bosniaco?

Eppure gli scontri e imassacri creati ad arte fra le milizie mercenarie in una divisa o nell'altra hanno riportato sulla scena politica quelle mostruosità reazionarie.

Come rispondere?

Tutti gli eventi tragici che si sono succeduti e si succederanno sono dettati dalla politica della borghesia nazionale e internazionale alla quale non si è ancora contrapposta una autonoma politica della classe sfruttata. Solo la ripresa autonoma della lotta di classe operaia può fermare i massacri in Jugoslavia, così come in altre zone del nostro martroriato mondo.

E la classe operaia può fermare la guerra interborghese pagata dai proletari ponendo nuovamente sul tavolo della storia la questione della lotta fra le classi.

Il problema centrale è ripartire da qui.

Innanzitutto la denuncia e il rifiuto delle losche manovre della borghesia sul nazionalismo, le etnie e le religioni. Gli operai, i lavoratori non devono cadere nella trappola dei falsi principi e concetti con i quali le classi dominanti hanno sempre fatto massacrare le classi dominate. Denuncia e rifiuto del nazionalismo borghese significa denuncia delle sue cause e dei loschi interessi dei padroni a scala internazionale, che si celano dietro di esso.

Contemporaneamente rilanciando la difesa degli interessi autonomi di classe, anche immediati dei proletari.

Ripresa delle lotte operaie in tutte le repubbliche senza alcuna concessione alle necessità di guerra dei padroni e dei loro mini-stati, nella comunità di interessi dei proletari di tutti i paesi.

Non un soldo, non un uomo al nazionalismo borghese.

Organizzazione delle avanguardie rivoluzionarie di classe attorno al programma di lotta alla guerra e di denuncia del capitalismo, per la costruzione della forza politica autonoma di classe operaia.

Gli internazionalisti di tutto il mondo sono al fianco delle avanguardie rivoluzionarie che in Jugoslavia vorranno porsi su questo ineludibile terreno per impedire un terzo massascro imperialista mondiale e per la ripresa della lotta di liberazione dell'umanità dalle catene del lavoro salarariato e dalla divisione in classi,

Il Bureau internazionale per il partito rivoluzionario