Contratto metalmeccanici

Un’ulteriore stangata su cui riflettere

Puntuale e largamente annunciata è arrivata la fregatura, padroni governo e sindacato hanno chiuso come peggio non si poteva il contratto metalmeccanici.

I punti centrali dell’ accordo sono tre:

Salario. L’aumento medio mensile a regime sarà di 200.000 lire lorde in tre tranche, 100.000 lire a partire da gennaio 1997, 50.000 dal marzo 1998 e 50.000 dal novembre 1998, il che significa che le categorie più basse, dove massima e la concentrazione degli operai, porteranno a casa al netto neppure la metà. Una cifra ridicola, che non compensa neppure lontanamente la perdita del potere di acquisto del salario subita negli ultimi tre anni, da quando cioè è stata abolita la contingenza.

Contrattazione. L’accordo sul costo del lavoro del luglio 1993 prevedeva la separazione della contrattazione nazionale da quella aziendale, ora il contratto va oltre decretando il blocco per un anno di tutte le vertenze aziendali ancora aperte e dilatando la durata del contrattuale di altri sei mesi. Così, in totale, i padroni che hanno già guadagnato nove mesi portando per le lunghe la trattativa, possono congelare i salari per altri dodici mesi. Tra un anno poi, gli aumenti retributivi derivanti dalla contrattazione aziendale dovranno essere legati esclusivamente ai risultati d’impresa, alla ‘produttività, redditività e competitività conseguiti attraverso rigidi programmi di intensificazione dello sfruttamento come flessibilità degli orari, intensificazione dei ritmi e dei carichi di lavoro, nuove turnazioni ecc.

Nel caso poi che a livello aziendale dovessero sorgere delle controversie sui criteri da utilizzare per spremere gli operai, la contrattazione passerà alle strutture territoriali o nazionali che elaboreranno dettagliati e specifici piani di razionalizzazione dello sfruttamento. Il che significa, tra l’altro, cancellare anche quel poco che era rimasto della contrattazione aziendale e rendere inutile anche dal punto di vista formale le RSU.

Previdenza integrativa. Viene costituito un fondo previdenziale di categoria ad adesione volontaria. Per tutti i lavoratori però la tredicesima verrà esclusa dalla base di calcolo delle liquidazioni e i soldi accantonati andranno nel fondo previdenziale; questo sarà alimentato anche da una trattenuta sulla busta paga dei lavoratori iscritti al fondo. In questo modo, i lavoratori, anche quelli che non vogliono aderire alla truffa delle pensioni integrative, perderanno una parte di salario differito per finanziare la parte di previdenza integrativa che dovrebbe essere a carico delle imprese.

Con questo contratto i padroni miravano a contenere al massimo i costi contrattuali e a ridurre la contrattazione a un unico livello; hanno ottenuto molto di più: hanno imposto la logica che gli accodi possono esere rimessi continuamente in discussione e riscritti a seconda delle opportunità. E ora, incassato il contratto, si preparano ad aprire altri fronti: la riforma del mercato del lavoro e la modifica del regime previdenziale. Non a caso si stanno intensificando gli incontri tra i rappresentanti della Confindustria e i ministri del lavoro e dell’economia e il governo Prodi ha da tempo messo al lavoro una commissione con lo scopo dichiarato di elaborare un pacchetto di proposte per riformare radicalmente il cosiddetto stato sociale. Alcune ipotesi di correzione su pensioni, assistenza e occupazione sono già in cantiere. Per le pensioni l’obiettivo è l’accelerazione del processo messo in moto dalla legge 355/95 per l’abolizione delle pensioni di anzianità. Le ipotesi più probabili sono l’introduzione nel 1988 della soglia minima di pensionamento a 57 anni di eta anagrafica con la maturazione obbligatoria di almeno 40 anni di contributi, inasprimento del divieto di cumulo, innalzamento progressivo dell’aliquota contributiva e ulteriore incentivazione della previdenza integrativa. In materia di mercato del lavoro è allo studio l’estensione dell’utilizzo dell’apprendistato anche agli impiegati. Lo schema di applicazione prevede un doppio regime di apprendistato, uno a più basso livello professionale della durata di tre anni e l’altro, rivolto a formare operai specializzati, della durata di 5 anni tutti naturalmente a salari ridotti.

Rispetto all’assistenza sono infine allo studio misure per sostituire la cassa integrazione speciale con un sussidio di disoccupazione (minimo vitale) e ridefinizione delle regole sulla mobilità, vincolandola ai lavori socialmente utili che già oggi interessano oltre 100 mila persone. In questi giorni, per esempio, è entrato a regime il progetto del ministero di Grazia e Giustizia per utilizzare lavoratori in mobilità o in cassa integrazione negli uffici dei distretti di Corte d’appello carenti di personale. In questo modo lo stato risparmia svariati miliardi in stipendi ed ha a disposizione manodopera da utilizzare nei luoghi e per il tempo che serve senza neppure il fastidioso problema di licenziarla quando non serve più.

Le legnate continuano a piovere sulla classe operaia, che nel suo insieme si limita, per ora, a incassare. Prevale evidentemente la paura: di perdere il posto, di perdere anche quel poco di salario o addirittura che i padroni perdano il loro mercato e dunque... la possibilità di pagare i salari agli operai.

E un dato da registrare e che farebbero bene a tener presente tanti sinistri pseudo radicali. Quei timori sono legittimi se si limita la visuale allo stato di cose presenti; se non si sa o non si vuole guardare più in là.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.