La riforma infinita delle pensioni - Governo e opposizioni contro i lavoratori

Al peggio non c'è mai fine, recita un proverbio. Ma quello che la borghesia italiana - al pari delle altre - sta facendo ai danni del lavoro dipendente non è affatto frutto di un destino cinico e baro. No, alla base di tutto questo c'è una logica lucida e dritta come una spada: estorcere, spostare quanto più denaro possibile dalle tasche del proletariato a quelle dei padroni e dei loro famelici lacchè.

Chi ci legge abitualmente sa che tutto ciò non è dovuto a un improvviso incattivirsi dei borghesi, ma alla crisi del sistema capitalistico mondiale che, più si avvita su se stessa, più li costringe a spremere la classe operaia (intesa in senso lato) in mille modi diversi, perché quando lo sfruttamento "normale", quello dei tempi di "prosperità ", non basta a garantire saggi del profitto soddisfacenti, ecco che si va direttamente all'attacco del salario diretto, indiretto e differito.

La riforma del sistema pensionistico messa in cantiere dal governo si inscrive precisamente in tale quadro. Naturalmente, per giustificare questa tremenda mazzata sulle teste dei lavoratori, Berlusconi & Co. hanno messo all'opera i loro miserabili scagnozzi che, dalle pagine dei giornali o dai programmi televisivi, ci devono convincere che lo stanno facendo per il nostro bene, addirittura per onorare un sentimento di giustizia verso le giovani generazioni, le quali, altrimenti, non potranno mai godere della pensione, a causa dell'aumento dell'età media di vita e, soprattutto, dell'egoismo di chi attualmente è al lavoro. La "potenza di fuoco" dei mass media è impressionante, eppure non può nascondere del tutto il fatto che, dopo le riforme Amato, Dini e Prodi (appartenenti al centro-sinistra), l'INPS è già da ora in attivo (ma, a rigore, lo è sempre stato) e ancor di più lo sarà negli anni a venire, visto che le pensioni future sarebbero state da fame anche senza l'intervento di Berlusconi.

Ma il faccendiere di Arcore e la sua degna compagnia hanno fatto un altro passo in avanti. I punti qualificanti (si fa per dire) di questa ennesima riforma sono sostanzialmente due: un ulteriore innalzamento dell'età necessaria per andare in pensione e l'imposizione, di fatto, a tutte le categorie della previdenza integrativa, vale a dire il trasferimento del TFR (la liquidazione) ai fondi pensione privati tramite il subdolo meccanismo del silenzio-assenso. In pratica, se passa la legge, la liquidazione - a meno di un rifiuto esplicito, con tanto di scartoffie, del lavoratore - sarà dirottata automaticamente ai pescecani della finanza, che la useranno per le loro spericolate avventure speculative, come il caso Parmalat insegna. Si tratta di una massa monetaria imponente - pressappoco 12 miliardi di euro all'anno - che, sommata a quella risparmiata direttamente sulle pensioni quando la riforma sarà "a regime" (dal 2008) ossia circa 9 miliardi annui, spiega l'ostinata determinazione del grande capitale nel voler smantellare il sistema pensionistico pubblico. Così come spiega non solo la blanda opposizione dei sindacati, ma addirittura il loro giudizio positivo su questo elemento fondamentale. Certo, devono recitare la loro parte, se non vogliono perdere consensi (le quote delle tessere), e uno sciopero di facciata probabilmente lo proclameranno; ma non per modificare "l'articolo TFR". A loro sta benissimo così, visto che già cogestiscono coi padroni i fondi pensione privati di alcune categorie (metalmeccanici, per esempio) e la nuova legge creerà opportunità, prima insperate, di giganteschi affari.

E la sedicente opposizione di centro-sinistra, che fa? A differenza del '94, quando usò strumentalmente milioni di proletari giustamente imbufaliti per abbattere il primo governo del televenditore, oggi ha toni molto più smorzati, perché le "alternative" che offre sono sostanzialmente identiche a quelle del governo. Lo dice, tra le righe, Enrico Letta, responsabile economico della Margherita, su la repubblica del 19 febbraio scorso. Anzi, dal suo punto di vista la nuova legge è frutto di un compromesso che non risolve i problemi strutturali del sistema pensionistico, ma, al contrario, li incancrenisce: "La decisione di riformare la previdenza solo a partire dal 2008 [sottolineatura nostra, n. d. r. ] e di mantenere lo status quo oggi [è presa] per costringerci nel futuro a operazioni più pesanti". Come dire: non lasciatelo a noi il lavoro sporco, fatelo voi!

Ma anche i padroni si lamentano, perché il sacrificio del loro (loro?!) TFR non è stato compensato da un'adeguata riduzione dei contributi a carico delle imprese. Questo grido di dolore è "giustificato" dal fatto che le piccole imprese (sotto i venti dipendenti) detengono circa 8 miliardi annui di TFR (dei dodici complessivi); con la riforma corrono quindi il rischio di perdere una fonte importante di autofinanziamento e di finire ancor più subordinate al grande capitale industriale, visto che, a differenza di quest'ultimo, non partecipano alla gestione - con le banche e altri istituti - del capitale finanziario. Ciononostante, come ha detto il vicepresidente di Confindustria, Guidi, i padroni sono fiduciosi che il governo manterrà fede alle promesse, tagliando i contributi a loro carico per i nuovi assunti e/o altri "oneri impropri, come per esempio gli assegni familiari e l'assegno per la maternità " (il manifesto,25 febbraio).

Tuttavia, questa massa colossale di salario sottratta con la forza e con l'inganno al mondo del lavoro dipendente, non farà ripartire il ciclo economico, néè questa l'intenzione: arricchirà scandalosamente i possessori/gestori del capitale finanziario (sindacati e partiti "di sinistra" compresi) e impoverirà milioni di lavoratori. Dopo di ché, alla borghesia non resterà che riscoprire un sistema per eliminare in modo efficiente gli anziani e gli "inutili"; ma un sistema democratico e umanitario, ci mancherebbe!: la svastica non è più di moda...

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.