La riforma della signora Moratti

Si completa lo smantellamento dell'istruzione pubblica

Le recenti proteste contro le riforme della scuola e dell'università hanno coinvolto decine di migliaia di persone. Fianco a fianco hanno dimostrato studenti liceali e docenti universitari, professori delle scuole superiori e ricercatori, sullo sfondo delle occupazioni e delle proteste che stanno coinvolgendo molte università e scuole medie superiori di tutto il paese. Tutto il mondo dell'istruzione si è mobilitato, ed è proprio questa la grossa novità che salutiamo con interesse: studenti e lavoratori della scuola hanno protestato uniti contro lo smantellamento dell'istruzione pubblica, il taglio dei finan-ziamenti, la precarietà del personale e la conseguente sempre peggiore qualità dell'insegnamento. Una tale mobilitazione è la risposta immediata, in molti casi spontanea, ad un attacco di intensità e ampiezza senza precedenti, diretto contro l'università e contro l'istruzione di base.

Prima di tutto, la riforma dello stato giuridico della docenza impone numerose modifiche al mondo universitario. La più discussa e contestata è quella che riguarda l'eliminazione dei ricercatori, trasformati in ruolo ad esaurimento. Al loro posto, per lo svolgimento delle attività di ricerca, le università "possono stipulare contratti di diritto privato con possessori di laurea specialistica" - contratti, assolutamente precari, che "hanno durata massima quad-riennale e possono essere rinnovati fino ad un massimo complessivo di otto anni, compreso il dottorato". Per i professori le cose non vanno meglio. Alle università è affidato il conferimento degli incarichi, sempre a tempo determinato, che in questo caso non possono eccedere la durata complessiva di sei anni. Dopodiché le università "possono" nominare in ruolo il medesimo docente... "nei limiti delle disponibilità di bilancio"! Ciò significa che un giovane può restare precario presso l'università fino ai quarant'anni, prima di vedersi chiudere definitivamente la porta in faccia per la scarsità di quei fondi che, riforma dopo riforma, sono stati ormai ridotti all'osso. Inoltre, viene innalzato fino a 120 ore il tempo da dedicare alla didattica frontale per professori e ricercatori, riducendo quindi il numero di docenti necessari. (1) Ma le proteste degli studenti universitari non si fermano alla riforma Moratti, mettendo in discussione anche, e soprattutto, i programmi superficiali e i ritmi incalzanti introdotti con il famigerato 3+2 della riforma Zecchino. E oltre a questo ci sono le tasse d'iscrizione sempre più alte, i costi della mensa e quelli degli affitti, la frequenza obbligatoria...

Per quanto riguarda le scuole superiori, poi, la riforma prevede otto licei: classico, scientifico, linguistico, artistico, scienze umane, tecnico, musicale ed economico. Vengono ridotte le ore di lezione delle materie specifiche nelle ex scuole tecniche ed introdotte 2 ore di filosofia nelle ultime 3 classi. I 5 anni sono organizzati in cicli di 2+2+1. Dal programma dell'ultimo anno sparisce una gran parte delle ore di lezione a favore dell'orientamento all'università. La scuola professionale viene affidata alle regioni e divisa in quattro anni obbligatori e un quinto opzionale, necessario per accedere all'università. In entrambi i casi è prevista l'alternanza studio-lavoro: mentre si favoleggia dell'innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni (o 16... in "prima applicazione"), in realtà già dai 14 anni l'istruzione lascia il posto agli stage, ossia al vero e proprio lavoro non retribuito. Cambia anche il percorso formativo, a numero programmato, per accedere alla docenza: dopo la laurea triennale bisognerà conseguire la laurea magistrale, biennale, e poi, dopo aver ottenuto l'abilitazione ed essersi iscritti agli albi regionali, svolgere un anno di tirocinio. Dopo di ciò si potrà infine accedere al concorso per l'assunzione vera e propria nelle scuole - quasi un miraggio, date le scarsissime risorse rese disponibili dal governo. Le assunzioni programmate - 20 mila nel 2006/2007 e 10 mila nel 2007/2008 - non copriranno nemmeno la quota del turn-over, che in due anni dovrebbe riguardare 40 mila docenti circa. (2) Con le nuove norme per la scuola elementare, inoltre, le ore settimanali di lezione passano da 30 a 27 nel tempo normale, e da 35 a 30 nel tempo pieno; a regime, la riforma potrebbe produrre l'esubero del 10% degli insegnanti elementari. Per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario non sono in previsione assunzioni, nonostante i posti vuoti e il precariato compromettano già ora la funzionalità dei servizi. Già dal 2001 ad oggi si sono persi o precarizzati 53 mila posti da insegnante e 35 mila da personale non docente. Negli ultimi 5 anni i fondi per il "funzionamento didattico e amministrativo" sono diminuiti da 331 a 185 milioni di euro (-43%), i fondi per l'"ampliamento dell'offerta formativa" da 259 a 197 milioni di euro (-25%). Questo spiega l'aumento delle tasse di iscrizione e le "una tantum" chieste dai dirigenti scolastici alle famiglie.

Di fronte ad un attacco di queste dimensioni, hanno ben ragione di lamentarsi docenti, studenti e tutto il personale scolastico. Ma, per opporsi realmente alle riforme, occorre non fermarsi alla superficialità delle critiche mosse dalla sinistra istituzionale, semplicemente interessata a conquistare voti ma in realtà pronta varare riforme non migliori, come già fatto in passato. Occorre invece afferrarne il reale significato, inquadrarle all'interno delle dinamiche economiche complessive della società, mettendo a nudo, se possibile, le vere cause che le hanno indotte. Innanzitutto bisogna prendere in considerazione la profonda crisi economica, che strozza i profitti delle aziende e spinge i governi a tagliare le spese per i servizi, pagati con le tasse del lavoro dipendente - derubando così i lavoratori di grosse quote di salario indiretto. Questo naturalmente significa anche meno risorse alla scuola, tagli occupazionali, precarizzazione dei contratti di lavoro nel settore pubblico come in quello privato. Inoltre la stessa crisi economica richiede che la scuola sia completamente asservita ai bisogni delle aziende, interessate a scaricare sulla fiscalità pubblica i costi della formazione professionale. A dispetto di quanto propagandato dall'ideologia borghese, alle aziende non servono - se non in minima parte - dipendenti con capacità di riflessione e critica, qualificazione professionale o conoscenza dei processi produttivi, ma solo addestrati all'uso ripetitivo degli strumenti della produzione e, soprattutto, abituati alla precarietà e alla sottomissione. Con la riforma Moratti, dopo quella Berlinguer/Zecchino, la scuola del capitale si sta adattando sempre meglio ai diktat del mondo produttivo, sacrificando sull'altare del profitto l'istruzione dei giovani proletari, primi a soffrire per lo smantellamento della scuola statale. (3) Se si inquadrano le riforme nella giusta prospettiva, si capisce insomma come sia assolutamente necessario evitare la chiusura nel vicolo cieco delle rivendicazioni di carattere corporativo. Occorre prima di tutto saldare i legami tra gli studenti proletari e tutti i lavoratori dell'istruzione. Ma occorre anche allargare il più possibile le prospettive di questa lotta, finora limitata alla scuola e all'università, collegandola alla generale lotta del proletariato contro la precarizzazione, per la difesa del salario e delle condizioni di vita e di lavoro. Bisogna dare a questa lotta una chiara connotazione classista, perché di natura classista sono gli attacchi che la borghesia sta portando all'istruzione pubblica.

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(1) È prevista anche l'attivazione di posti di professore straordinario, di durata temporanea, sulla base di convenzioni con imprese o enti esterni, a totale carico dei medesimi, con ulteriore asservimento delle università alle imprese, e ulteriori difficoltà per le università situate nelle aree economicamente depresse del paese. Un altro duro colpo alla qualità dell'istruzione e della ricerca viene infine dalla possibilità di dedicarsi alla libera professione per i professori, che quindi, in molti casi, riserveranno all'attività universitaria il minor tempo possibile, preferendo a questa la più lucrativa libera professione.

(2) Bisogna notare che, "fortunatamente", non per tutti va così male! Infatti, nonostante un milione di studenti su 2,5 abbia deciso di non avvalersi dell'insegnamento facoltativo della religione, e dopo che 9229 insegnanti di religione furono già immessi in ruolo ad agosto... altri 3077 sono stati assunti a decorrere dal primo settembre e gli ultimi 3077 saranno assunti nel 2006, riducendo il precariato, per loro, praticamente a zero.

(3) Infatti, gli studenti borghesi potranno benissimo iscriversi alle più costose e qualificanti strutture private, che tra l'altro - per aggiungere al danno la beffa - saranno sempre più finanziate dalla fiscalità pubblica, ossia soprattutto dal lavoro salariato.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.