Considerazioni sul vertice di Samara tra Unione europea e Russia

Si profilano all’orizzonte nuovi fronti imperialistici

Scriveva il compagno Mauro Stefanini in un suo articolo su Prometeo del giugno 2003:

L’obiettivo della ormai disperata politica bellicista del clan dominante negli USA è di arginare, se non di evitare, la saldatura tra l’Europa dell’Euro e la Russia.

È da qui che bisogna partire se si vogliono comprendere appieno le risultanze del summit di Samara del 17 e 18 maggio scorsi. Che questo appuntamento, con cadenza semestrale, non fosse partito sotto i migliori auspici e che quindi era un po’ fuori luogo nutrire ottimistiche aspettative rientrava nell’oggettiva dinamica delle cose. Il rimescolio dei fronti imperialisti, soprattutto dopo la creazione dell’euro, ha dato una notevole accelerata a tutta una serie di processi di ricomposizione che, seppure si caratterizzino per un procedere tutt’altro che lineare, si prestano a dare forma al futuro quadro di confronto/scontro interimperialistico.

Non è di certo avvolta da un alone di mistero una politica statunitense che, da un lato, cerca di contenere la crescita della moneta europea e, dall’altro, di prendere per accerchiamento la Russia.

In tutto ciò bisogna riconoscere che la diplomazia americana ha saputo costruire una sorta di cordone sanitario, costituito dagli ex paesi appartenenti al patto di Varsavia, tra la cosiddetta “Old Europa” e la Russia. Il giochino ha avuto possibilità di riuscita in quanto le borghesie dei paesi dell’est europeo, per marcare decisamente la loro distanza dallo scomodo vicino russo, hanno portato e stanno portando avanti una strategia che viene a definirsi con la loro adesione alla UE e, allo stesso tempo, alla Nato. Non vediamo come tutto ciò possa durare molto a lungo in quanto, come giustamente farceva rilevare Stefanini:

se l’euro scatena l’aggressività degli USA alla disperata autodifesa della propria rendita, tale aggressività si traduce in una ulteriore sintesi del processo di integrazione politica europea.

Quindi per diversi di questi paesi potrebbe trattarsi di dover scegliere: o di qua o di là. Il traccheggiare dell’attuale fase potrebbe avere respiro assai corto quando non si rivelerebbe del tutto deleterio.

Alla Russia, c’e da dire, dopo la tabula rasa fatta da Eltsin e suoi sodali, è stata data la possibilità di riemergere grazie, paradossalmente, a quel petrolio, a quella rendita petrolifera che costituisce, d’altra parte, uno dei maggiori proventi attraverso cui gli Stati uniti si finanziano.

Da un partner del genere non possono prescindere, per ovvii motivi, né l’Europa, né altri paesi. Chi può avere l’interesse a lasciare fuori un mercato ricco di materie prime e grande importatore di prodotti lavorati? Basti pensare che il commercio combinato UE-Russia nel solo 2005 ha raggiunto la cifra di 166 miliardi di euro e che l’Unione europea è il principale partner commerciale della Russia la quale, a sua volta, è il terzo partner commerciale della UE dopo USA e Cina. Non bastasse questo ci sono i dati afferenti il 2006 che vedono un aumento del 30% dei commerci bilaterali.

Pertanto le risultanze del summit di Samara vanno valutate attentamente perché, ben al di là dei contenziosi ancora persistenti, traspare una esigenza particolare: ricalibrare il vecchio accordo di “partnership strategica”, firmato nel 1997, il quale non tiene più il passo con le dimensioni attuali dell’interscambio e delle relazioni globali tra queste due importanti realtà economiche per via che non viene garantito alle aziende europee l’accesso ai mercati ed alla rete distributiva russa e, di converso, non viene garantito ai capitali russi di poter investire nelle aziende europee.

È indubbio come la situazione riveli uno stallo assai pericoloso in quanto vengono ad inserirsi tematiche che alimentano sempre più la diffidenza se non addirittura l’ostilità russa. Parlare in un contesto attuale di riproposizione della guerra fredda non è certamente fuori luogo. Non si tratta di semplici schermaglie bensì di una mirata politica di condizionamento, di pressione in cui i primi ad esporsi, per entrare nello specifico, sono i cosiddetti paesi dell’ex blocco orientale. Tanto per stare in tema: la Polonia è il nuovo membro UE che blocca la ri-negoziazione dell’accordo di cooperazione (PCA) UE-Russia a causa dell’embargo russo sui prodotti animali e vegetali polacchi. La motivazione potrà anche essere valida ma dietro i gemelli Kaszinski si intravede la mano del Dipartimento di stato che ha tutto l’interesse a che questo meccanismo di provocazioni/ritorsioni vada all’infinito. Prova ne sia la cosiddetta “lustracja”, una legge che, se fosse entrata in vigore, avrebbe costretto tutti i polacchi nati prima del 1972 a compilare un modulo di autodenuncia sulla cui base verificare se ci fossero stati rapporti con gli ex servizi segreti. Legge talmente illiberale e di stampo prettamente maccartista che la Corte costituzionale polacca l’ha decisamente bocciata.

Ma gli attriti si estendono ai rapporti con l’Estonia per via dell’abbattimento della statua del soldato sovietico ed un calo, per niente casuale, dall’inizio di maggio, della movimentazione merci, per ferrovia, del 50%, ed a quelli con la Lituania per via che Vilnius ha preferito la società polacca Pkn Orlen nella privatizzazione della raffineria di Mazeikiu cosa che ha comportato l’interruzione, da parte russa, delle forniture alla stessa raffineria.

Dove però gli attori di questa “guerra fredda” riveduta si vengono a trovare di fronte, al netto da interposizioni, è sulla questione relativa alla installazione di un sistema antimissile in Polonia e Repubblica ceca, che, teoricamente, avrebbe fini difensivi e antiterroristici ma che in effetti è puntato contro la Russia, a mò di ammonimento. Questo riproporsi della Russia, in chiave imperialista, preoccupa molto i sogni americani. È di questi giorni, per stare in tema, la notizia che Mosca sia riuscita a trovare un accordo con il Kazakhstan e il Turkmenistan mediante il quale, in termini pratici, si scriverebbe la parola fine sopra le strade alternative ai gasodotti e oleodotti russi.

Se la temperatura delle relazioni non è stata propriamente elevata non tutto però va preceduto dal segno negativo se è vero che sono in vista accordi di cooperazione che riguardano la ricerca o il sistema europeo di navigazione satellitare Galileo anche se quello più importante attiene allo sviluppo di un sistema di allarme rapido (early warning) in caso di interruzione delle forniture energetiche.

Ce ne sarebbe, quindi, abbastanza per definire il summit di Samara più un “cahier de doleances” che non una tappa di un percorso segnato da un confronto dal quale la Russia e la UE non possono esimersi e che rappresenta anche una fase assai particolare e accidentata di una partita giocata, singolarmente, da ogni imperialismo su più tavoli per riuscire ad imporre la propria egemonia sugli altri.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.