Ridurre la tasse ai lavoratori dipendenti o aumentare la lotta di classe?

Volantino per lo sciopero generale del 12 marzo 2010

Compagni e compagne, i sindacati oramai ci stanno riducendo ad elemosinare (anziché pretendere!) dal governo quanto dovuto con la riduzione delle tasse sui nostri salari e pensioni per recuperare un po' del nostro perduto potere d'acquisto. Non possiamo accettarlo!

Le loro statistiche confermano la nostra esperienza quando ci dicono che negli ultimi anni il reddito nazionale si è spostato in modo massiccio dal lavoro al capitale - grazie anche agli accordi che loro hanno firmato! - che l'evasione fiscale è cresciuta così come l'imposizione fiscale sulle nostre buste paga; e poi ci dicono... che questo non è giusto. Commedia e Tragedia allo stesso tempo.

Ci ripetono che l'evasione fiscale costa in media ad ogni lavoratore dipendente 3000 euro l'anno, che “vanno tassati i patrimoni dei ricchi... loro evadono e scroccano , tu paghi”, riprendendo il facile slogan di tutti quelli che, da sempre, hanno cercato di acquisire a buon mercato la simpatia popolare senza intaccare, alla fonte, i meccanismi di sfruttamento e di potere su cui si basano le “ingiustizie” fiscali. Come se non sapessimo che l'evasione fiscale è stata da sempre uno dei punti di forza dell'economia di questo paese e allo stesso tempo garanzia della sua coesione sociale.

La verità è semplice: la crisi mostra con brutale evidenza che non siamo sulla stessa barca, noi e loro. Loro - i borghesi grandi, medi e piccoli - si salvano, anche eludendo le proprie stesse regole, con la ragionevole sicurezza di non essere beccati o, male che vada, di cavarsela con condoni, scudi fiscali e compagnia bella. Noi proletari invece paghiamo tutto fino all'ultimo e quando proviamo a ribellarci siamo ingabbiati da una miriade di compatibilità economiche, leggi, divieti ecc che trovano tanti volenterosi guardiani pronti a farle osservare (sindacati inclusi).

Non facciamoci illudere dalle proposte di “equità fiscale”, buone solo per portare voti all'opposizione che siede ben pasciuta in parlamento; sono illusorie perché deviano la nostra giusta rabbia verso obiettivi non ottenibili senza cambiare la struttura profonda della società in cui viviamo, i metodi di lotta che abbiamo usato fino ad ora e sopratutto gli obiettivi finali di questa. Cambiare vuol dire scendere sul piano della lotta di classe aperta - ciò che tutti quanti temono di più.

La verità è tanto semplice quanto brutale: il capitalismo può continuare ad esistere solo chiedendoci sempre maggiori sacrifici (per uscire dalla crisi, per sostenere l'eventuale ripresa ecc.). Infatti, non contento della valanga di leggi anti-operaie varate dai governi di qualunque colore, ecco ora il cosiddetto “Collegato” alla Finanziaria, con il quale i lavoratori - in primis precari e immigrati - saranno privati della pur debole tutela dell'articolo 18 sui licenziamenti. Il capitalismo, per sua natura, è un mostro insaziabile, dunque, al peggio non c'è mai fine, ma è un peggio assecondato dalla complicità o dal colpevole silenzio - che significa connivenza - di chi dice di stare dalla parte del lavoro dipendente.

Però una soluzione, benché non facile, esiste: il superamento di questo sistema sociale, marcio e disumano.

Questo richiede una nuova stagione di protagonismo proletario sui posti di lavoro e nelle piazze volto alla rottura della cosiddetta pace sociale, che di fatto significa l'assoluta facoltà dei padroni di fare ciò che vogliono. Protagonismo proletario a partire dall'autorganizzazione delle lotte dai diretti protagonisti, dalla rottura dei limiti artificiali di categoria, di ambito territoriale, etnia ecc., facendo perdere soldi ai padroni con scioperi senza preavviso, a tempo indeterminato, picchettaggi volanti ecc.

Per una vera stagione di lotta di classe! Per il partito internazionale di classe!

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.