Grecia: una lotta ed una esperienza da valutare

Non è il crollo debitorio della Grecia che ha creato lo sconquasso finanziario nell’area euro, ma è la crisi internazionale, la speculazione selvaggia, la crisi di profitti che l’ha generata, ad esserne la causa prima. Tralasciando i dati tecnici della crisi stessa che vengono trattati a parte, quello che rimane sul campo è lo sfascio a cui è arrivato il capitalismo parassitario nella fase terminale della sua crisi. Il parassitismo speculativo, la falsificazione dei bilanci statali, l’idea di poter creare valore con il moltiplicarsi del capitale fittizio, il ricorso sistematico al debito e la criminalità finanziaria scientificamente perseguita dalle grandi centrali speculative, sono il segno di come il capitalismo internazionale sia giunto all’esasperazione delle sue contraddizioni. Il dato di fondo è che decine di milioni di proletari sono stati buttati sul lastrico, e altre decine di milioni faranno la stessa fine, dalle manovre speculative delle varie Goldman Sachs di turno in combutta con le corrotte e truffaldine agenzie di rating. In regime capitalistico lo straordinario sviluppo delle forze produttive, la capacità di produrre di più a tempi e costi inferiori, abbassa i saggi del profitto e, invece di creare tempo sociale libero, diminuzione dei tempi e ritmi di lavoro, crea esattamente il suo contrario. Per contenere la crisi da bassi saggi del profitto il capitale prende sempre più spesso la via della speculazione, nell’economia reale aumenta lo sfruttamento intensificando i ritmi di produzione e allungando la giornata lavorativa. Costringe i lavoratori anziani a restare sul posto di lavoro, i giovani alla disoccupazione. Si mette mano ai tagli nella spesa pubblica, si esasperano i contratti a tempo determinato, si contraggono i salari, si ingigantisce il fenomeno della disoccupazione e della povertà. L’episodio greco rientra a pieno titolo in questa fase di crisi del capitalismo internazionale con tutte le conseguenze del caso sul terreno degli “aiuti” finanziari dei paesi euro e del Fondo monetario internazionale che sono disposti a erogare 110 miliardi di euro in tre anni a condizioni di un pesantissimo piano di austerità del governo di Atene. Il piano prevede l’annullamento della tredicesima e quattordicesima, quando esiste, per i lavoratori del pubblico impiego. Un taglio netto del trenta percento dei salari e una pioggia di tasse sui consumi. Per la Bce la preoccupazione principale è quella di respingere la speculazioni sull’euro, di soccorrere i paesi a rischio di fallimento, sempre per sorreggere le sorti dell’euro, di comprare eventualmente i titoli di stato a rischio default, ma nessuna preoccupazione per il mondo del lavoro, se non quella di caricarlo di tutti i sacrifici necessari al ripristino della macchina capitalistica in modo da risanare i debiti prodotti da una borghesia speculativa, inetta e corrotta. Lasciando pur sempre sullo sfondo la dinamica della crisi, al vecchio governo di destra di Karamanlis la responsabilità di aver partecipato al gioco speculativo per correggere artificialmente il bilancio statale aumentando il debito pubblico sino al collasso, all’attuale governo di “sinistra”, guidato dal socialista Papandreu – ma poteva benissimo essere il contrario – il compito di far pagare al proletariato greco il conto della crisi.

La risposta dei lavoratori c’è stata ed è ancora in corso. Il primo grande episodio di risposta di classe in Europa si è prodotto, non a caso, là dove i morsi della crisi sono stati più feroci. Le piazze si sono riempite, non sono mancati gli inevitabili scontri con i reparti di polizia in assetto antisommossa. La rabbia dei proletari greci sta dando vita a scioperi e manifestazioni organizzate che da anni non si vedevano. Buon segno, anche se il mercato delle forze politiche in campo, a quanto ne sappiamo, non è dei migliori. Dopo i primi sussulti più o meno spontanei, i sindacati hanno iniziato a gestire le manifestazioni di lotta contro il governo e le sue politiche dei sacrifici. Come da prassi consolidata, i sindacati cavalcano la situazione, danno indicazione generiche del tipo: la crisi non la devono pagare solo i lavoratori dipendenti ma tutti. Più tasse per i ricchi, sanzioni per le banche e spalmiamo la politica dei sacrifici su tutte le fasce sociali in ragione del reddito. Non un cenno alla vera lotta di classe, non una critica al capitalismo, ma solo un rivendicazionismo difensivistico all’interno di quello stesso quadro economico del capitale nazionale e internazionale che tutto ciò ha prodotto. Su questo terreno, inevitabilmente i sindacati, loro malgrado, si sono trovati a fianco delle forze politiche di destra e di estrema destra che non hanno risparmiato pesanti critiche al governo di “sinistra” e che non vedevano l’ora che esplodesse la rabbia nelle piazze per riproporsi quale forza di governo in nome dell’ordine e della stabilità sociale.

Una seconda forza politica che si è mobilitata all’interno delle manifestazioni è il Partito comunista greco (KKE) di estrazione stalinista, oggi sedicente democratico, presente in Parlamento da sempre, dove, senza particolari contorsioni, partecipa alla vita politica borghese al pari di tutte le altre formazioni politiche. Nella manifestazione del 1° maggio si è dato visibilità “occupando” il Partenone con lo slogan “popoli d’Europa alzatevi”. Ben detto, ma innanzitutto sarebbe stato meglio dire “proletari di tutta Europa unitevi alla lotta dei proletari greci”, poi il richiamo alla lotta non doveva limitarsi al rivendicazionismo di tamponamento, ma alla necessità dell’anticapitalismo quale condizione dello sviluppo futuro delle lotte stesse. Ma va da sé che pretendere un simile ruolo da un partito che di comunista ha solo l’aggettivo, è come sperare che un asino vinca un concorso ippico di purosangue. Come tutti i fondi di magazzino politici, in Europa come altrove, i vari partiti sedicenti comunisti sono diventati, nei fatti, oltre che nella ideologia, i reggicoda degli interessi borghesi che, come in questo caso, vengono attaccati non per rovesciarli, ma per convincerli a più miti consigli sul piano dell’attacco alla forza lavoro. Al massimo possono blaterare di nazionalizzazioni delle banche o delle principali attività produttive, al pari dei loro non amati, se non odiati, cugini trotskisti. Ben presente è anche la componente anarchica che con il suo “idealismo” non giova certo ad un coerente e classista sviluppo delle lotte.

L’attuale esperienza greca insegna anche un’altra cosa. Senza la presenza attiva ed operante di un partito rivoluzionario tanta rabbia e disponibilità sono destinate a ripiegarsi su se stesse. L’episodio argentino insegna, ma è solo l’ultimo in ordine di tempo. La storia della lotta di classe è ricca di situazioni simili, dove alla risposta del mondo del lavoro alle devastanti conseguenze della crisi economica non corrisponde una adeguata strategie politica che solo il partito di classe può rappresentare. Né si può ipotizzare che un partito di classe possa nascere per germinazione spontanea all’interno delle stesse lotte come “naturale” trascrescenza politica dal livello economicistico e rivendicativo da cui nascono. In un simile contesto di scontro e di contemporaneo deserto politico, l’unico obiettivo da raggiungere è quello rappresentato dalla formazione delle prime avanguardie politiche che inizino a fare i conti con la cause della crisi, con il ruolo controrivoluzionario delle formazioni politiche sedicenti di sinistra e dei limiti delle lotte rivendicative che sono destinate, per loro natura, a rimanere all’interno del quadro economico che le ha generate.

Documento della Tendenza Comunista Internazionalista

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.

Prometeo #3

Maggio 2010 - Serie VII

  • Grecia - Una lotta ed una esperienza da valutare
  • L'asta petrolifera in Iraq e la sconfitta delle compagnie americane
  • Ripresa? Forse, ma per chi? - Gli astrologi del capitale
  • L’Italia unita e la condanna del sud - Note sulla questione meridionale
  • Riscaldamento globale - Dopo tutta l'aria fritta di Copenaghen, è destinato a proseguire
  • Le giornate rosse di Viareggio - 2-4 maggio 1920. Nel clima infuocato del Biennio Rosso...
  • Nazionalismo borghese e internazionalismo proletario
AllegatoDimensione
PDF icon 2010-05-18-prometeo.pdf2.19 MB