Tecnospazzatura, fabbriche-prigioni e suicidi

Oggi, 28 maggio 2010, i proclami si sprecano sulla stampa nazionale. Oggi è il giorno dello sbarco in grande stile della nuova luccicante tavoletta della Apple, quell'iPad atteso con frenesia da decine di migliaia di giovani e meno giovani che l'hanno già prenotato. E nel turbinio di parole non si lesinano gli slogan sulla libertà di stampa e di comunicazione, sul risparmio di carta che questo e gli altri simili prodotti consentiranno, salvando magari le foreste e il pianeta. (1) In realtà, tutti sappiamo già da oggi la fine che queste tavolette faranno, da qui a pochi mesi: dimenticate in qualche scansia o gettate distrattamente nella spazzatura, passate di moda e superate da qualche nuovo gadget ancora più sfavillante e ancora più effimero. Ma questa tecnospazzatura, che riempie i negozi prima e le discariche poco dopo, riesce in questo breve intervallo di tempo a ingrossare i portafogli dei capitalisti, spingere al rialzo i titoli azionari, muovere i mercati e sollevare il pil, svolgendo quindi perfettamente la sua unica funzione, ossia generare profitti e ingrassare i soliti parassiti sociali.

Una notizia, che però non ha avuto la stessa eco, riguarda invece la produzione di questi gadget tecnologici, che si svolge in gran parte in aziende sussidiarie in Cina. Tra queste aziende, una delle principali è la Foxconn, di proprietà del gruppo taiwanese Hon Hai, un gigante che solo in Cina impiega 800 mila operai, la maggior parte dei quali sotto i 30 anni. Alla Foxconn si rivolgono Apple, Sony, Dell, Hewlett-Packard, Nokia e altri importanti marchi del settore per le loro produzioni di punta. (2)

E proprio nella Foxconn, un paio di giorni fa, si è ucciso un giovanissimo dipendente, un 23enne originario della provincia cinese di Gansu che si è gettato dal tetto di un dormitorio della fabbrica. Appena un paio di giorni prima un operaio di appena 19 anni, che lavorava alla Foxconn da soli 42 giorni, si era gettato dal tetto di uno dei padiglioni del complesso. Sempre in questi giorni un altro dipendente ha tentato di uccidersi tagliandosi le vene, ma è stato salvato dall’intervento dei sanitari. Nella tragica conta dei suicidi figurano dieci morti dall'inizio dell'anno, alcuni dei quali giovanissimi, e diversi altri tentativi fortunatamente falliti.

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Secondo alcuni reportage e secondo le dichiarazioni degli operai, le condizioni umane nelle fabbriche del gruppo, e in particolare nell'immensa fabbrica di Shenzen, sono più simili a una vita di prigionia che di lavoro. Per un salario mensile che si aggira intorno ai 100 euro, oltre 300 mila operai sono costretti ad una vera e propria reclusione all'interno delle mura della città-fabbrica, costantemente sorvegliate da forze paramilitari, dove lavorano e alloggiano, e in cui in pratica sono segregati. Sul web circolano diversi video che denunciano le condizioni dei dipendenti Foxconn e riferiscono di minacce, torture e avvelenamenti. In un discusso video, trasmesso anche dalla Beijing Television, si vedono operai dello stabilimento di Pechino presi a bastonate dalle guardie. Le risposte dell'azienda sono state sintetizzate dal capo in persona. (3) In conferenza stampa il ceo della Foxcon ha annunciato:

Siamo profondamente dispiaciuti di quanto è accaduto. Per evitare che si verifichino altri casi drammatici, d'ora in poi i lavoratori di Foxconn dovranno promettere formalmente di non farsi del male e di recarsi subito da uno psichiatra nel caso soffrissero di problemi mentali (4).

È evidente che il “divieto di suicidarsi”, introdotto formalmente nel contratto di lavoro, non cambierà le condizioni e la disperazione di questi giovani schiavi salariati, ma basterà ad impedire che le famiglie delle vittime possano richiedere risarcimenti. Oltre al supporto di psicologi, medici buddisti e call-center - servizi che saranno presumibilmente offerti da personale in condizioni non migliori degli assistiti - l’azienda ha anche preteso il consenso dei lavoratori ad essere ricoverati in istituti psichiatrici nel caso assumano comportamenti “anormali”. Giustamente preoccupato, un operaio ha riferito i suoi dubbi in una intervista (5):

Se litigo con il mio capo, mi manderanno in manicomio?

Per far fronte alla situazione, che rischia di danneggiare l'immagine delle aziende appaltatrici, il capo della Foxconn per un giorno ha anche aperto i cancelli della fabbrica. Una guida ha mostrato ai giornalisti gli stanzoni dove dormono gli operai, da 4 a 8 per stanza, il supermercato, la panetteria, le palestre, la piscina... Le condizioni di vita e di lavoro - assicurano i dirigenti - non sono peggiori che nel resto del paese. Ma anziché una rassicurazione, questo annuncio dovrebbe essere letto come un vero e proprio atto di accusa verso un intero sistema produttivo, che solo sul sudore e sangue dei lavoratori in Cina e altri paesi “in crescita” può continuare a sopravvivere.

Mic

(1) repubblica.it

(2) rassegna.it

(3) dallarete.blog.rainews24.it

(4) ilsole24ore.com

(5) apcom.net