Intrecci mafiosi ad alto livello

Sul territorio nazionale si va diffondendo il controllo della criminalità mafiosa organizzata, mentre a vari livelli sociali la cosiddetta legalità del controllo pubblico, sia negli organismi locali che nazionali, sprofonda in una limacciosa palude nella quale si agitano trasversali combriccole di canaglie e ruffiani di vario tipo e genere, tutti interessati a quella “coesione e pace sociale” che non disturbi gli affari in corso e che, con le buone o con le cattive, con un governo di destra o uno di “sinistra”, deve essere mantenuta, anzi imposta… Questo nonostante i soliti farisei vadano blaterando sulla legalità come condizione base dello Stato di diritto e della democrazia, entrambi presenti in Italia in tutti i loro più oppressivi contenuti e forme.

Ed è evidente, persino ai ciechi, che sia nel circuito economico-finanziario sia in quello dei rapporti sociali (se tali si possono chiamare in un contesto di sfruttamento e oppressione di una classe - la borghesia - contro un’altra - il proletariato - ), legalità e illegalità si fondono in una miscela adatta ad ogni uso e consumo per gli interessi e i privilegi della classe al potere. Apertamente si parla ormai di mafie penetrate nelle istituzioni politiche, nella magistratura, nelle forze dell’ordine, negli apparati burocratici dello Stato e delle regioni. Così De Magistris in Micromega n. 5, conclude: “Il popolo ha sete di giustizia”… Ma proprio a proposito di giustizia, un detto popolare recita:

Giustizia c’è scritto sull’insegna del portone del Palazzo. Ci crede solo l’ingenuo. Entra, gira per tutto il palazzo e non ne trova l’ombra.

E fra i corridoi del Palazzo si aggira un angosciato Presidente Napoletano, registrando l’infinita lista di “corruzioni e trame inquinanti ad opera di squallide consorterie”. Gli fanno eco i vertici dell’Anm (sindacato toghe), che denunciano “situazioni di opacità, di collusione e di connivenza”.

Dell’Utri, tra i fondatori di Forza Italia, ha festeggiato il recente verdetto di condanna della Corte d'Appello mangiando cannoli. Ed elogiando “il comportamento eroico di Mangano” (riconosciuto dalla magistratura come capo di mandamento mafioso, come un mafioso di lungo corso…) il quale si è sempre rifiutato di accusare Berlusconi: un messaggio che dovrebbe rassicurare i “martiri” di Cosa Nostra in carcere.

Non siamo solo noi a trarre conclusioni di questo tipo: addirittura l’ex ministro degli interni, Pisanu, oggi presidente della Commissione Antimafia, ipotizza “ragionevolmente” il verificarsi - allora… - di

una convergenza di interessi tra Cosa Nostra, altre organizzazioni criminali, logge massoniche segrete, pezzi deviati delle istituzioni, mondo degli affari e della politica.

Il potere economico della mafia non potrebbe mantenersi ed espandersi, come sta accadendo ovunque, senza adeguate protezioni politiche, “comunali, regionali, nazionali ed europee”. Alle spalle delle stragi del 1992 e del 1993 - afferma ancora Pisanu nella sua relazione - si mosse

un groviglio tra mafia, politica, grandi affari, gruppi eversivi e pezzi deviati dello stato. (…) Quel medesimo intreccio che più volte abbiamo visto riemergere dalle viscere del paese. (…) Per le stragi ci fu trattativa tra mafia e Stato. E Cosa Nostra punta ancora sul potere politico.

Lo stesso Falcone parlava della presenza sul territorio di una fazione di “borghesia mafiosa”, la quale - oggi più di ieri - si è estesa all’intera classe dominante. La complicità, diretta o indiretta, si diffonde a tutti i livelli, perfezionando quei

centri occulti di potere che hanno altri interessi -- è sempre Falcone che parla, 21 giugno 1989 -- costituendo punti di collegamento con i vertici di Cosa Nostra.

La macelleria messa in atto da Cosa Nostra coinvolgeva dunque gruppi di potere “affaristici”, massonici, apparati deviati, misteriose “entità”; una rete di “mandanti” che depistaggi colossali hanno deviato su binari morti. Questi sono i brandelli di verità che affiorano qua e là, complici montagne di cosiddette “cassette di mele marce”: funzionari dei servizi segreti, prove scomparse, verbali d’interrogatorio e di perquisizione contraffatti o distrutti, falsi obiettivi investigativi, pentiti pilotati…

Nelle più recenti intercettazioni di “private” conversazioni fra onesti cittadini che si fanno gli “affari loro”, è comparso più volte il nome di Cesare, dietro il quale si nasconderebbe uno sconosciuto (ma non troppo) aspirante imperatore dei giorni nostri. Il riferimento potrebbe adattarsi a chi sappiamo soltanto per qualche aspetto del personaggio antico e della sua storia, quel romano Cesare carismatico col suo regime in parte oligarchico, in parte popolare e in parte monarchico. I suoi oppositori - Ottaviano - si presentarono infatti come restauratori della repubblica. E Cesare ebbe tra i suoi moderni ammiratori anche un Mussolini (e poi un Togliatti!) prima che la figura di Augusto diventasse ufficialmente il simbolo della fondazione dell’Italico impero, fascista e sabaudo, contro l’Oriente. Poi, a sua volta, Augusto fu sostituito da Mazzini ad opera del fascismo repubblicano…

Nel frattempo, il popolo - a parte qualche segnale di insofferenza che nella componente proletaria comincia per altro ad aumentare - fa da soggetto passivo, con una “opinione pubblica” mediaticamente manipolata dall’alto, una borghesia che si fa i conti in tasca temendo il peggio e una classe operaia bastonata, confusa e disunita. Nella quale circolano i pifferai di una “sinistra” all’inseguimento - come Vendola - del sogno di “una classe dirigente che non c’è e che dobbiamo inventare”… Difendendo e salvando innanzitutto la Costituzione e con un occhio di riguardo al Concilio Vaticano. Per il bene e il futuro nazionale...

DC