Salento: mare, sole e sfruttamento

Questa frase scritta su un muro rende bene, secondo noi, l'idea delle enormi contraddizioni ed ingiustizie (cioè, la normalità capitalista) che si verificano ogni giorno in quelle zone (e non solo, ovviamente) attualmente sotto i riflettori dei media.

Breve riassunto dei fatti: a seguito delle mobilitazioni spontanee ed autorganizzate (per quanto ne sappiamo) degli ultimissimi anni da parte dei generosi e coraggiosi lavoratori del settore agricolo, da quest'anno è in vigore un contratto di lavoro - sottoscritto anche dalla solita Cgil - che prevederebbe un minimo retributivo di circa 40 euro scarsi giornalieri a fronte di un orario di lavoro di 6 ore e 30 minuti.

Però accade che la raccolta delle angurie - a causa dei prezzi stracciati imposti dalla concorrenza di Grecia e Turchia (le cui condizioni di lavoro possiamo immaginare...) - subisce un brusco stop, spesso quel cibo viene lasciato a marcire nei campi perché la sua natura di merce ne rende antieconomica la raccolta... quindi molti stagionali accorsi per trovare impiego in questo settore si spostano sulla raccolta del pomodoro, aumentando la concorrenza in questo ambito...

Le iene dei caporali - immigrati anch'essi a cui lo scorrimento sociale o la mancanza di scrupoli ha concesso questo “privilegio”... (a riprova che il problema è di classe e non certo di etnia) - ne approfittano per rivedere al ribasso le paghe, proponendo paghe addirittura più basse dell'anno scorso - 3,50 euro per un cassone da 100 chili (mentre il padrone del campo ne paga ai caporali 10-15 euro... Il boss del racket ovviamente è la Grande Distribuzione: basti vedere quanto il resto di noi proletari paghiamo quei pomodori al supermercato: 20, 50, 100 volte di più...). Così raccontano alcuni lavoratori:

...“un tunisino è il capo dei caporali e poi ci sono sudanesi, ghanesi. Ognuno cerca di assumere i suoi connazionali”, afferma Francois, un trentenne togolese da quattro anni in Italia. Ogni caporale straniero recluta le sue squadre di lavoro alle quattro del mattino, sulla base di una trattativa al ribasso sul salario. I lavoratori conoscono la realtà del lavoro migrante, così come sanno che ci sono “diverse categorie di migranti”, che quelli senza un permesso di soggiorno accettano, talvolta, le condizioni salariali peggiori ….“il trasporto si paga tre euro, ma poi nei campi ti fanno pagare anche il panino, l’acqua, le sigarette”...

Così, sabato 30 luglio, una quarantina di braccianti scendono in sciopero, si radunano in una assemblea spontanea che decide di bloccare la strada provinciale da cui devono passare i mezzi per raggiungere i campi (quello che in fabbrica equivale al picchetto del cancello). Arriva la polizia che sgombera la strada, in nome della sacra legalità tanto cara a destra come a sinistra - l'assemblea però continua nella masseria dove vivono molti di loro, nel pomeriggio conta fino a 350 partecipanti e richiede alle Istituzioni locali per bocca della Cgil il rispetto - almeno - dei contratti siglati all'inizio della stagione. Così lo sciopero prosegue fino al momento in cui scriviamo...

E non è finita: quasi in contemporanea nella vicina Bari esplode una rivolta spontanea che blocca l'intera città (!) da parte delle centinaia di proletari immigrati reclusi nel locale CARA (Centro-Accoglienza-Riconoscimento-Assistenza) i quali dopo mesi di inutili attese richiedono tempi certi per il rilascio di un sacrosanto permesso di soggiorno temporaneo che permetta loro (almeno) di muoversi liberamente nella UE senza essere, di fatto, dei reclusi a tempo indeterminato. Grande determinazione e anche qui assoluta autorganizzazione della lotta, che si propaga anche al centro calabrese di Isola Capo Rizzuto. E' significativo, secondo noi, che Sindacati ed Istituzioni Locali diventino i primi interlocutori - o pompieri, da un altro punto di vista - di tali lotte, mentre lo Stato centrale riesce solo a rispondere con i reparti antisommossa (comunque presi in contropiede, almeno all'inizio, quando le lotte sono gestite dai diretti interessati e non sono annunciate con mesi di anticipo).

I media, ovviamente, svolgono il loro ruoli di “poliziotti dei cervelli”, alimentando nei passivi proletari locali la paura e l'odio verso i “negri violenti che tirano sassi verso la polizia e bruciano le macchine”.

Ci sono tutti gli elementi caratteristici del capitalismo di ieri ed oggi: masse crescenti di “senza riserve” - infatti tra i braccianti di Nardò (come ieri a Rosarno) vi sono molti ex operai delle fabbriche del centro nord a cui non sono stati rinnovati i contratti precari per la crisi... uno dei portavoce è studente del Politecnico di Torino, numerosi i “sans papier” - il sistema del subappalto e del caporalato per estorcere sempre più pluslavoro assoluto e garantire così profitti alle 5-6 grandi aziende che sono al vertice della filiera, il ruolo dello Stato, che con la legge Bossi-Fini rende precari e ricattabili come non mai i lavoratori stranieri, il Sindacato presente solo come notaio e pompiere della situazione, l'autorganizzazione delle lotta attraverso Comitati ed Assemblee come primo passo obbligato per la difesa dei propri interessi immediati di classe.

Salutiamo con viva solidarietà e simpatia le generose mobilitazione dei lavoratori agricoli di Nardò (in primavera era successo lo stesso nel casertano) e dei proletari reclusi nel Cara di Bari, auspicando e lavorando per una loro saldatura con le avanguardie (almeno) del resto della classe e col programma anticapitalista del partito di classe che vogliamo costruire.


L'articolo qui riportato è stato scritto circa due settimane fa, subito a ridosso degli eventi; riteniamo che non abbia bisogno di particolari aggiornamenti a distanza di tempo.

L'attenzione dei media è rapidamente scemata insieme al picco nella mobilitazione dei coraggiosi braccianti: questa è comunque proseguita, seppur in tono minore, per il riconoscimento delle loro richieste basilari (paga base giornaliera, allontanamento dei caporali più violenti, tutela giuridica prevista dai contratti nazionali) e siamo sicuri che essa rappresenti tuttora un momento fondamentale di esperienze di classe di cui i protagonisti possano e debbano fare tesoro per il futuro. Il Manifesto del 2 settembre riporta che la polizia ha tentato lo sgombero della masseria Boncuri di Nardò, sgombero respinto dai 180 braccianti rimasti ancora in sciopero in questo fine stagione. I braccianti hanno anche occupato la vicina statale per breve tempo, chiedendo soluzioni alternative di alloggio oppure biglietti del treno per potersi spostare in altre zone del paese alla ricerca di nuove occasioni di lavoro; già, la tendopoli è illegale (ma il caporalato o il lavoro nero no?) e “brutta” da vedersi... Così commenta Yvan , uno dei portavoce, in sciopero dal 29 luglio:

Non abbiamo un soldo in tasca... e non ci muoviamo... il nostro sciopero continuerà e si estenderà a tutta la Puglia e poi all'Italia... deve essere una stagione di svolta. Uno sciopero sul lungo periodo è difficile, ma non abbiamo scelta.

Lo stesso dicasi per le mobilitazioni dei proletari reclusi nei Cie, le cui cronache quotidiane ci raccontano di un “conflitto a bassa intensità” fatto di continue fughe, proteste collettive ecc. ecc.

Siamo paradossalmente d'accordo con l'ex-ministro del governo di centro sinistra Paolo Ferrero, attuale segretario di Rifondazione (la quale attraverso le Brigate di Solidarietà sostiene i braccianti), quando dice che la “lotta di classe non si fa in poltrona”... aggiungeremmo solamente un “... e neppure per ottenerle, le poltrone!” - allo stesso tempo siamo anche fiduciosi che l'istinto e l'esperienza di classe maturati dai protagonisti durante dette mobilitazioni li renda in grado di distinguere i nemici irriducibili di questo sistema di sfruttamento (ancora troppo pochi e divisi purtroppo) dai “tanti” che come controparti o filtri più o meno istituzionali (sindacati, ong ad es.) provvedono a fornire loro quei servizi minimi indispensabili ad una vita dignitosa fermandosi però alla denuncia delle manifestazioni di superficie dello sfruttamento e rappresentando così allo stesso tempo, di fatto, l'argine sinistro di questo sistema.

DS, 2011-08-04

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.