Contro i fascismi, contro la borghesia - Lotta di classe e partito rivoluzionario

Il fascismo - i movimenti politici di destra estrema – da fenomeno marginale, fa presa in una parte della società, quando questa subisce gli effetti della crisi capitalistica. Oggi sono i movimenti “populisti” e “sovranisti”, parenti del fascismo tradizionale, che ripropongono, per certi aspetti, la minaccia “fascista”, per l'ascolto che hanno tra strati significativi della società. Settori della piccola borghesia e anche del proletariato non si sentono più rappresentati o si sentono traditi dai partiti tradizionali; si affidano così a chi promette di riportare le cose a quando “si stava meglio”, quando si riusciva ad arrivare a fine mese senza tirare troppo sullo stipendio.

Ultimamente, le destre estreme in Europa hanno registrato significativi successi elettorali, anche in regioni di antica tradizione operaia, devastate dalla deindustrializzazione, o nei quartieri popolari-proletari sottoposti a un progressivo degrado delle condizioni più elementari di vivibilità, originato dal dilagare della disoccupazione e della precarietà, dai tagli ai servizi sociali, dalla mancanza di prospettive dei giovani, destinati a infoltire le gang di quartiere o, in certi paesi, a diventare carne da macello del fanatismo islamista, parallelamente al crescere della voracità e alla corruzione degli amministratori della città.

Se i partiti che, in teoria, dicevano di rappresentare gli interessi delle classi sociali più basse, applicano le stesse politiche antipopolari, chi mai potrà fare argine all'impoverimento e all'insicurezza sociale dilaganti? Dove ritrovare quelle speranze travolte dalle macerie di ciò che si credeva essere il socialismo? L'incapacità – in assenza di un punto di riferimento autenticamente comunista – di spiegare il crollo delle speranze riposte in un mondo creduto, a torto, diverso (ex URSS), ha contribuito a far sì che l'odio di classe, il malcontento vengano captati da chi offre soluzioni tanto semplici quanto bugiarde.

Eppure funzionano, perché le forze politiche che le propongono partono da elementi reali, falsando però le cause che li hanno determinati. Fabbriche smantellate e portate all'estero, bottegai e artigiani costretti a chiudere, un fisco rapace con chi non può oggettivamente evadere le tasse o non può più farlo, mentre le banche vengono rimpinzate con una montagna di denaro. Il tutto, in nome “dell'Europa”. Dunque, se “ce lo chiede l'Europa”, i responsabili del malessere sociale appaiano le istituzioni europee, l'euro, la caduta delle frontiere, che “ci hanno portato gente disposta a lavorare per pochi euro all'ora e ci ruba, la casa popolare, il lavoro, approfitta del 'nostro' sistema sanitario”. Un'Europa che favorirebbe l'arrivo, a migliaia, dei profughi, accusati di godere di privilegi (inesistenti, naturalmente), a “nostro” danno.

Poche idee, dunque, e ben confuse. Altrettanto sgangherate, le presunte soluzioni. Protezione del lavoro nazionale, contrasto dell'immigrazione, uscita dall'euro, lotta alla “casta” e alla delinquenza (sottinteso: per lo più immigrata). Ma l'invocazione di maggiore protezione sociale per i “nostri connazionali” è solo fumo negli occhi. Il nazionalismo, il razzismo sono il collante maleodorante che tiene assieme un'ideologia fatta di menzogne. Quando il “sovranismo” va al governo (anche in coalizione: vedi Berlusconi-Lega), non attua quelle politiche sociali in aiuto delle fasce sociali più deboli che strombazza e fa esattamente quello che stanno facendo i governi da decenni: bastonate sul proletariato e sugli strati sociali ad esso vicini. Per esempio, “Quota 100” è un lurido imbroglio, che lascia in piedi l'odiosissima “Fornero”, imponendo il “pizzo” (un taglio all'importo) a chi vuole andare in pensione, dopo interminabili decenni di lavoro.

Dunque, che fare? Pur senza sottovalutare l'eventuale opzione “nera” - in senso tradizionale - della borghesia né tanto meno il suo parente “populista”, il compito primario è quello di lavorare per costruire l’alternativa comunista a questa società. È infatti l’anticapitalismo e non un generico e fuorviante antifascismo, la risposta politica che bisogna dare. Compito politico primario è quindi il lavoro per la costituzione dello strumento politico – il partito della rivoluzione anticapitalistica a scala internazionale – l'unico che può diradare i fumi velenosi che intossicano o addormentano le coscienze proletarie, per dirigerle politicamente oltre la società del capitale, in tutte le sue varianti.

Giovedì, April 25, 2019