Pandemia e aggravamento della crisi: alcune brevi riflessioni su conseguenze e prospettive

Le brevi riflessioni che seguono sono in parte la sintesi di una riflessione comune a vari compagni, di differenti aree, con i quali frequentemente discutiamo. Constatiamo infatti, con interesse, che alcune delle considerazioni riportate siano o stiano diventando oggi parte integrante e condivisa di un area più ampia rispetto a quella di una singola organizzazione. Questo ci fa sperare che in un futuro, il più possibile vicino, gli elementi politicamente più sensibili possano riconoscersi in un processo comune, nella direzione che noi ormai da parecchio tempo non ci siamo semplicemente limitati ad auspicare, intraprendendo al contrario un complesso, lento ma fruttuoso e concreto percorso di confronto politico aperto su quelli che, a nostro avviso, sono i cardini indispensabili della piattaforma politica del futuro partito rivoluzionario (1).

Gli scenari che si aprono a fronte di questa crisi, o meglio dell’attuale e ulteriore aggravamento del preesistente scenario di profonda crisi economica (ma anche sociale e politica) già in atto da decenni, sono molteplici, questo è evidente. Sempre però – è utile rifletterci su – essi (questi scenari) convergono su quale sarà la risposta della borghesia alla crisi.

La borghesia non è nuova alla gestione di crisi di mancata valorizzazione e di conseguente rallentamento della produzione, in questo frangente di natura contingente e indotto dall’evento epidemico, ma che si inserisce appunto in quadro economico già fosco. Anzi, potremmo sostenere che dalla nascita, fatti salvi brevi periodi, convive con queste condizioni. Questa crisi si tradurrà anche, di fatto, in un processo accelerato di concentrazione capitalistica, “aiutata” con forza da un elemento esterno (la virulenta epidemia di massa). E questo sarà un vantaggio dal punto di vista della sopravvivenza del sistema stesso, che si trascina e inferocisce nella sua ennesima crisi strutturale, sebbene lascerà sul terreno molti cadaveri tra gli stessi borghesi.

Quello che abbiamo di veramente nuovo, a nostro parere, è la più chiara percezione della centralità (economica e politica) che ha il lavoro manuale produttivo di plusvalore, cosa che per chi è marxista (nelle varie sfaccettature) è un'ovvietà, non invece per chi, come la massa dei proletari, vive la propria condizione di sfruttato, accettando l’ideologia che sottostà a tale condizione e che la giustifica, rendendola ai suoi occhi “inevitabile” se non addirittura “naturale”.

Neanche la classe lavoratrice è dunque nuova a simili scenari, ma non dal punto di vista della gestione (che essa non ha mai avuto) della crisi, così come del sistema di cui è schiava, bensì dal punto di vista delle sue drammatiche conseguenze, di cui essa sarà ancora una volta chiamata a pagare. E pagherà un salatissimo conto, nei termini di un barbaro e tragico peggioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro, se non di carne da macello di una prossima guerra imperialista, quale estrema soluzione all'aggravarsi della crisi.

Le grosse concentrazioni operaie a livello mondiale, l’enorme velocità delle informazioni, degli scambi e delle merci fanno sì, come sempre noi abbiamo detto, che questo sistema sociale dia la possibilità per il suo stesso superamento verso un livello sociale superiore (una economia e una società comuniste) solo con l'abbattimento di questo modo di produzione e delle sue sovrastrutture politico-amministrative, nonché militari in chiave repressiva.

Non manca perciò la fiammella del cambiamento né mancano le “condizioni oggettive”, ciò che manca è il il partito di classe, ossia la condizione “soggettiva”: il partito fatto di carne, gambe e cervello, che operi fattivamente nella classe, che, seppur minoritario, sia elemento di chiarezza, una chiarezza sostenuta ed alimentata da un bilancio storico, da un programma, da una strategia e da una chiara piattaforma. Insomma manca lo strumento politico della lotta di classe, di cui qualsiasi processo rivoluzionario non può fare a meno.

Questa emergenza finirà, ma noi dovremo cogliere ogni occasione per rafforzare e radicare, crisi dopo crisi, emergenza dopo emergenza, il partito o, meglio, i suoi embrioni, nella classe, al fine di arrivare un domani nella condizione di essere finalmente elemento politico propulsore del processo rivoluzionario di trasformazione sociale.

Le condizioni oggettive sono presenti nelle contraddizioni stesse del capitale, cionondimeno sono presenti al contempo anche le soluzioni per la classe dominante a queste contraddizioni. Non vi sarà mai una realtà a cui la borghesia si piegherà supinamente accettando la propria scomparsa. Questo impone la necessità della presenza del partito di classe a scala internazionale, della sua azione anche se, in questa fase storica, ancora ultra minoritaria, della sua chiarificazione teorica in ogni fase del percorso storico. Per essere agente fattivo del processo rivoluzionario è quindi necessario operare non isolati nelle torri del sapere astratto, poiché un partito è e resta formato da uomini e donne in carne ed ossa, con tutte le contraddizioni presenti nella vita reale, e non un corpo al di fuori della realtà data, come a qualche visione metafisica del partito piacque (e piace) sostenere.

Purtroppo scorciatoie affascinanti per immaginare una nuova società che sorga dalle ceneri di questo capitalismo decadente non crediamo esistano. Siamo coscienti che i comunisti oggi sono una goccia di fronte all'oceano in tempesta. Ma non crediamo proprio che esistano alternative al lavoro di costruzione e formazione delle future avanguardie politiche organizzate nel partito internazionale del proletariato.

E' un compito immane, lo sappiamo. Non per questo intendiamo tirarci indietro. I suoi frutti potrebbero vederli e coglierli forse solo le prossime generazioni? Può darsi, certo, ma neanche questo può esimerci dalla nostra presente responsabilità, e men che meno giustificarci in un attendismo o, all’opposto, spingerci verso un attivismo ingenuo e spontaneista (2). Tutti noi possiamo e dobbiamo - ciascuno coi propri limiti, con le proprie capacità e possibilità, nei piccoli e grandi contesti in cui ci è data l'opportunità di intervenire e operare - dare il nostro contributo per creare le premesse affinché già da oggi si formino, si rafforzino e possano radicarsi nella classe quelle avanguardie politiche organizzate che un domani possano guidare le esplosioni delle lotte che verranno, verso l'unico orizzonte possibile che per i comunisti è e rimane la rivoluzione sociale per la società comunista. Quella veramente comunista.

(1) Il nostro più recente (ma non certo unico) contributo in tale direzione è la Piattaforma Politica della TCI (Tendenza Comunista Internazionalista), elaborata a conclusione di un confronto interno alla nostra organizzazione internazionale. Sul nostro sito presente a questo indirizzo:

leftcom.org

(2) Modalità di inazione o di azione entrambe prive di realismo, intelligenza e concretezza politico-rivoluzionarie e per certi versi meramente autoconsolatorie e del tutto inefficaci. Abbiamo più volte affrontato e approfondito questa cruciale questione. Per chi volesse approfondire, suggeriamo dal nostro sito:

Domenica, April 5, 2020