Il decalogo di Veltroni

Il futuro leader del partito democratico lancia il suo programma politico - Luci, per la borghesia, solo ombre per il proletariato

Se qualcuno ancora non conosce bene il politico Veltroni, gli basterà scorrere i diversi interventi con cui Walter primo il Buono (?) ha tenuto banco sui principali giornali negli ultimi giorni d’agosto. Si accorgerà facilmente che il proletariato, il mondo del lavoro dipendente non deve aspettarsi nulla di positivo dai programmi del primo cittadino di Roma, che, come un novello Mosè, ama stendere in dieci punti.

Benché come il mitico condottiero ebraico Veltroni si sia assunto l’arduo compito di condurre parte del rissosissimo centro-sinistra nella Terra Promessa - del Partito Democratico - le similitudini con Mosè finiscono qui, se non altro perché, a Mosè, i Dieci Comandamenti furono dettati niente meno che da Jahvè in persona, mentre il “nostro” Walter è stato ispirato da quel vitello d’oro che gli ebrei, stanchi e demoralizzati, si erano messi ad adorare.

Detto in altri termini, Veltroni cerca con tutto se stesso di interpretare al meglio, e “democraticamente”, le esigenze di sua maestà il capitale, con un linguaggio formalmente meno rozzo di quello che, di solito, è vomitato dall’altra genìa di politicanti, poggianti i loro onorevoli deretani nella parte destra dell’emiciclo parlamentare. Anzi, proprio perché il sindaco romano si propone come il potenziale leader di tutto “il Paese”, vuole raccogliere dal fango le bandiere che il centro-destra ha lasciato cadere e, dopo un opportuno intervento di restyling, consegnarle nelle mani del nuovo PD.

Federalismo, non da chi le spara più grosse - è il caso di dirlo - magari dopo un “bianchino” o due, ma quello vero, quello che, diciamo noi, moltiplica le bande di parassiti nelle vesti di amministratori locali, rimpinguati dai balzelli che il mondo del lavoro salariato/dipendente dovrà accollarsi quale primo, e di gran lunga, contribuente.

Sicurezza: poteva forse mancare? Qual è il torto maggiore del centro-destra, relativamente a questo aspetto?

Quello di aver sbraitato molto, ma di non aver fatto niente! Invece, lui sì, Walter medesimo, che ha “le palle”: si vanta di aver deportato 15.000 Rom e senza casa, sostiene la politica di “tolleranza zero” contro quei pericolosi delinquenti dei lavavetri, dei mendicanti, dei writers che sporcano i muri delle nostre belle e, soprattutto, salubri città.

Sia detto per inciso, non una parola su quello che costituisce un elemento forse secondario del vero degrado urbano, ma sicuramente un’aperta violazione della legalità o, più semplicemente, delle condizioni elementari di convivenza, vale a dire la proliferazione selvaggia di bar e affini che assordano le notti di vie e rioni cittadini nell’indifferenza, se non peggio, di pubblici amministratori e forze dell’ordine.

Ma questo è il mercato del cosiddetto svago e il mercato, si sa, non deve avere freni...

Chiudendo la parentesi, se Veltroni candida il PD a fare meglio del centro-destra, è del tutto normale che tra i suoi punti di riferimento ci sia Sarkozy, e, come lui, strizzi l’occhio a eminenti (?) personalità dello schieramento concorrente.

Ma è nel campo della fiscalità che “il nostro” vuole strappare l’asso di briscola al centro-destra, proponendo, manco a dirlo, un un fisco equo ma leggero.

Nel suo decalogo “Serve un nuovo patto fiscale” - facilmente reperibile in rete - ciò che salta immediatamente agli occhi è la netta sproporzione tra i “comandamenti” dedicati alle imprese e quelli al lavoro dipendente. Le ricette principali sono quasi tutte volte ad abbassare le imposte del capitale - in sintonia con quanto avviene nel resto del mondo - al fine di rendere più competitivo il solito “Paese” che, chiaramente, coincide con la borghesia e i suoi interessi.

Per dimostrare quanto il suo cuore batta all’unisono col “Paese”, cita Monte-zemolo e fa propri i rimproveri rivolti dal capo degli industriali al precedente governo per non aver diminuito l’IRAP.

Ma l’ispirata fantasia volta a rilanciare la competitività, animare lo spirito imprenditoriale, attrarre capitali esteri, ha il suo risvolto severo nella lotta agli sprechi, nel taglio alle spese improduttive, nella caccia implacabile ai fannulloni che prosperano a spese delle famiglie (tradizionali, di fatto? e i single?) nell’elefantiaco apparato statale. Meno tasse per i padroni, più tagli all’occupazione, aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro: queste, in sintesi, le Tavole della Legge che, non dal monte Sinai, ma dai colli di Roma, Veltroni consegna al popolo italiano.

Se poi proprio si vuol affrontare la “questione salariale che da tempo si è riaperta” ossia, con linguaggio meno untuoso, la difficoltà crescente di arrivare a fine mese, basta, ancora una volta, “un accorto uso della leva fiscale” e l’incentivazione della contrattazione decentrata, di cui l’accordo del 23 luglio scorso costituisce un passo importante (parola di Veltroni).

Ora, è noto che lo smantellamento del contratto nazionale, con relativa riesumazione delle vecchie gabbie salariali, è un tasto su cui la confindustria - seguita dai soliti mosconi sindacali - batte da tempo, così com’è noto che la contrattazione decentrata interessa una parte minoritaria del lavoro dipendente: dunque, se mai il padronato dovesse conseguire anche questo risultato, ciò comporterebbe un ulteriore grave peggioramento delle condizioni di esistenza del proletariato, occupato o meno.

E la precarietà? In un documento di 1448 parole il Walter nazionale non ne trova più di tre da spendere su un aspetto che opprime milioni di lavoratori, e non solo giovani.

D’altra parte, è giusto così: quando era vicepresidente del consiglio, non aveva forse definito la precarietà, pardon, flessibilità, come il nuovo luminoso orizzonte della gioventù?

Verrebbe voglia di passare all’insulto, ma, seppure a fatica, ci tratteniamo, sia perché sarebbe impolitico, sia per non incorrere nei rigori della legge.

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.