Lotte operaie nel mondo - Egitto, Tunisia, India, Romania

Egitto

Nuovi violenti scontri in Egitto dove le proteste non si sono ancora spente nonostante il cambio di regime. Anzi si segnalano ancora defezioni di ufficiali e soldati dell’esercito a favore dei manifestanti. Questi ultimi, muniti di bastoni e di altre armi di fortuna si sono scontrati in piazza Tahrir con i soldati e hanno chiesto le dimissioni di Tantawi, capo della giunta militare. I militari, che in Egitto rappresentano la longa manus degli USA - che li finanziano - hanno risposto con la repressione più cruda e hanno avvertito che non saranno tollerati altri atti di rivolta o “qualsiasi azione che danneggia l'interesse del paese”, mentre dall’altra parte lo slogan più scandito dai manifestanti che hanno gremito la piazza era: “Tantawi è Mubarak, Mubarak è Tantawi”, mettendo in risalto l’assoluta continuità tra l’attuale giunta militare e il precedente regime. Il cambiamento di opinione pubblica nei confronti dell’esercito, che durante le settimane di protesta che hanno portato alle dimissioni di Mubarak in febbraio era stato visto da molti come “neutrale” è dovuto a diversi motivi: la crisi economica che ancora morde, il fatto che non si sono ancora visti i procedimenti giudiziari che avrebbero dovuto fare giustizia della corruzione largamente presente nella cricca di potere attorno a Mubarak e a suo figlio Gamal; la continuità nella politica estera filoisraeliana e in ultimo, ma non per importanza, la nuova legge antiscioperi, approvata dal governo ma non ancora ratificata dal Consiglio Supremo delle Forze Armate. La legge criminalizza scioperi e manifestazioni, prevede fino ad un anno di carcere per coloro che partecipano a proteste, sit-in, marce e scioperi che disturbino o fermino attività lavorative. Il provvedimento resterebbe in funzione fino alla sospensione dello stato di emergenza, che in Egitto peraltro dura da 30 anni. Inoltre il Consiglio supremo ha parlato della possibilità di posticipare le elezioni presidenziali di un anno. Dal punto di vista rivendicativo la situazione è altrettanto calda: in marzo migliaia di lavoratori della Misr Spinning and Weaving (filatura e tessitura) nel grandissimo centro industriale di Al-Mahalla al-Kubra erano ancora in agitazione, chiedendo le dimissioni del consiglio di amministrazione, e così pure quelli di sei compagnie affiliate con l’autorità del canale di Suez. Alla base delle proteste vi sarebbe in questo caso la richiesta di applicazione di minimi salariali per legge, l'aumento del bonus mensile di produttività, la reintegrazione dei compagni licenziati per rappresaglia, il diritto all'assistenza e la possibilità di assunzione per i figli dei lavoratori. Un’altra delle richieste che sta prendendo piede è la creazione di sindacati indipendenti. In precedenza i rapporti sindacali in Egitto erano gestiti dalla Egyptian Trade Union Federation (ETUF), un organismo burocratico e corrotto che funzionava apertamente come strumento nelle mani del governo.

Tunisia

Non solo richieste di democrazia vengono sollevate in Tunisia, ma anche richieste economiche e salariali. Lo racconta un reportage dell’Ansa che parla di una “stagione di proteste e rivendicazioni, soprattutto di tipo salariale, ma non solo” e di “un bollettino di scioperi e chiusure”. A quanto pare i lavoratori tunisini chiedono condizioni salariali e orari meno lontani da quelli europei e in non pochi casi chiedono la testa dei dirigenti aziendali e consigli d’amministrazione. Così è per la Paulina, colosso dell’agroalimentare, che ha scelto una soluzione mediata di parziali concessioni economiche. Molto preoccupata la Utica, la confindustria tunisina che ha chiesto una moratoria “almeno fino alla fine dell’anno”.

India, sciopero alla GM

Da tre settimane è in corso un’agitazione nello stabilmento General Motors di Halol, nello stato di Gujarat. In questa zona il governo indiano ha creato una delle Zone economiche speciali con forti detassazioni che hanno incoraggiato diverse multinazionali a stabilirsi qui. Lo sciopero è cominciato il 16 marzo e viene portato avanti da 900 lavoratori, anche se sulle cifre i media non sono concordi. Al centro delle rivendicazioni c’è l’intensificazione dei ritmi di lavoro e l’aumento degli straordinari che hanno portato a numerosi casi di infermità alla schiena e lesioni spinali. Gli organizzatori dello sciopero denunciano anche il trasferimento di operai che lamentavano problemi di salute. Secondo il Congresso nazionale dei sindacati indiani (INTUC), il sindacato del Partito del Congresso, il carico di lavoro su ogni singolo lavoratore è aumentato del 30%. La commissione nazionale per i diritti umani in India (NHRC) ha ordinato una relazione dettagliata sullo stato di salute dei lavoratori GM entro questa settimana. Gli scioperi in India sono visti con preoccupazione anche dai media economici occidentali, tra questi il Wall Street Journal, dal momento che l'India è diventata una fonte importante per i ricambi auto per molte aziende negli Stati Uniti. Alla fine del 2009 uno sciopero di un mese di 2000 lavoratori nello stabilimento di componentistica di Rico nei pressi di Nuova Delhi ha causato la chiusura forzata di impianti di assemblaggio in Canada e nel Michigan Plant per una settimana.

Romania, proteste per il nuovo codice del lavoro

Il 16 marzo 2011 il governo romeno, guidato dal liberaldemocratico Emil Boc, ha superato il voto di sfiducia (inoltrato dall’opposizione associata nell’Unione social-liberale) sul nuovo Codice del Lavoro. La Costituzione della Romania prevede, infatti, che il governo possa presentare un disegno di legge in Parlamento, assumendosi le sue responsabilità. Se entro tre giorni i deputati non avviano una mozione di sfiducia il testo viene adottato, altrimenti, se il voto di sfiducia ottiene il consenso dell’Assemblea nazionale con la maggioranza assoluta, il governo deve dimettersi.

Il nuovo codice del Lavoro, una legge organica che interessa circa 6,5 milioni di lavoratori dipendenti in Romania, prevede la crescita dei contratti a tempo determinato, dei contratti interinali, dell’utilizzo indiscriminato di lunghi periodi di prova prima dell’assunzione. Le aziende avranno inoltre la libertà di licenziare i lavoratori “incompetenti”.

Un’altra novità è rappresentata dalla riduzione della giornata lavorativa dai cinque giorni ai quattro giorni (con conseguente riduzione salariale) nelle situazioni in cui l’azienda chiuda temporaneamente per oltre trenta giorni. Il nuovo codice interviene, inoltre, nei negoziati e contratti collettivi di lavoro, con ridimensionamento del ruolo sindacale.

Diverse iniziative di lotta, sebbene decisamente inadeguate alla gravità della situazione, sono state intraprese dai sindacati nei giorni precedenti, con la convocazione di una manifestazione di protesta davanti al Parlamento (presenza di circa 10.000 persone) e l’interruzione del lavoro per circa due ore dei ferrovieri. La precarietà e piena subordinazione del lavoro che queste norme introducono, è ovviamente, per il bene dei lavoratori stessi: “Il nuovo Codice del Lavoro che stiamo promuovendo è per aumentare i posti di lavoro in Romania, per facilitare l’occupazione e per mettere le persone in grado di trovare un lavoro” ha affermato il premier Emil Boc (come si può ben vedere la retorica borghese non è mai particolarmente originale). Anche questo attacco del capitale al mondo del lavoro non è, come spesso abbiamo sostenuto, figlio dell’accresciuta avidità e cattiveria padronale, ma figlio, ovviamente, dell’attuale crisi economica globale. Il PIL della Romania è infatti sceso del 7,1% nel 2009 e di un ulteriore 1,2% nel 2010. Il PIL pro-capite della Romania (9.300 dollari) è il più basso fra quelli dell’Est Europa (13.850 dollari in Polonia, 15.410 dollari in Ungheria, 18.210 dollari in Slovacchia) e la disoccupazione, a causa dei continui licenziamenti, ha coinvolto circa un milione di lavoratori (il 10% della forza lavoro).Si stima, inoltre, che il potere d’acquisto dei romeni sia diminuito del 7% fra il gennaio del 2010 ed il gennaio del 2011 (con un calo del 0,15% degli stipendi –il salario medio è di circa 350 euro- ed un incremento del 6,9% dell’inflazione).

Nel 2009 la Romania, per far fronte alla grave situazione economica, ha ricevuto un prestito di 20 miliardi di euro dal FMI, dall’Unione Europea e dalla Banca Mondiale. I nuovi impegni finanziari hanno comportato ulteriori misure di austerità in un contesto economico già difficile, con riduzione degli investimenti pubblici, aumento dell’Iva (dal 19% al 24%), abolizione delle pensioni speciali, riforma pensionistica e taglio del 25% degli stipendi pubblici dal luglio al dicembre del 2010 (da gennaio è stato restituito il 15%). La difficile situazione economica tende ad aggravare una drammatica condizione sociale, dove il sistema sanitario romeno si colloca agli ultimi posti d’Europa (con un inadeguato finanziamento, il più scarso accesso alle cure domiciliari e il massimo tasso di mortalità femminili a causa dei tumori). Il disastro sociale della situazione è reso evidente da un altro dato: secondo uno studio dell’Unicef, nel 2008 ben 350 mila bambini (il 7% della popolazione fra i 0 e 18 anni) avevano un genitore all’estero. Di questi, ben 126mila di età inferiore ai 10 anni, avevano all’estero entrambi i genitori. Questi dati sono senz’altro in peggioramento.

MB

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.