Infamie e cialtronerie della manovra ferragostana

Al peggio non c'è mai fine?

Data la velocità cialtronesca (appunto) con cui il governo fa e disfa la manovra di ferragosto, è possibile che da qui alla sua pubblicazione cartacea il testo della manovra subisca altri cambiamenti. Rimane però intatto il dato di fondo: far pagare, e in maniera salata, una volta di più la crisi al mondo del lavoro salariato e dipendente, cioè al proletariato e agli strati sociali prossimi ad esso. Il governo, potrà togliere di qua e mettere di là, ma, come dicono, a saldi e a vittime invariate.

Per fortuna che l'Italia non era stata toccata dalla crisi o solo marginalmente, secondo il duo Berlusca-Tremonti, altrimenti il proletariato - e classi vicine - sarebbe stato letteralmente portato in macelleria per essere trasformato in cibo per cani. Non bastava, infatti, la manovra economica di luglio (vedi gli articoli sul nostro sito) per saziare la voracità illimitata dei famigerati “mercati” - la ragnatela criminale della finanza che avvolge il mondo intero: un mese dopo, il governo è ritornato all'attacco con una manovra supplementare che aggiunge sangue al sangue, lacrime alle lacrime. Parole troppo forti? Non tanto, se si tiene conto che, com'era scontato, la quasi totalità di questo nuovo intervento graverà sulle vite del lavoro salariato e stipendiato in maniera molto dura. I tagli ai comuni, che si sommano ai tagli del mese precedente, ridurranno ai minimi termini la possibilità di erogazione dei servizi sociali (scuola, assistenza sociale, ecc.) e li costringeranno ad aumentare le imposte locali, ma senza assicurare lo stesso livello delle prestazioni di un tempo. Inoltre, contrariamente a quanto va cianciando la Lega Nord, che non vuol perdere la fama molto mal meritata di difensore della “gente comune”, l'innalzamento dell'età pensionabile per le donne del settore privato subirà un'accelerazione.

Avevano poi provato a inserire un altro infame provvedimento, definito dal presidente del consiglio “equo”, che avrebbe cancellato il calcolo degli anni del militare e dell'università dal conteggio della pensione, allungando in tal modo il percorso lavorativo da uno a dieci anni (i medici), ma la norma in questione nel giro di poche ore stata cancella (dicono), a causa dell'ondata di indignazione suscitata in maniera trasversale. Benché l'atto sia stato ritirato, la dice lunga su quelli che sono i bersagli esclusivi del governo; in ogni caso, le pensioni rimangono sotto tiro - sono le riforme strutturali tanto invocate dai “mercati” - in più, possiamo star sicuri che verrà sostituito da un altro che se la prenderà con gli stessi settori sociali. Per esempio, ancora una volta, i “fannulloni”, cioè i lavoratori del “pubblico”, che rischiano di perdere la tredicesima se gli obiettivi di produttività (?) e di riduzione delle spese, assegnati ad ogni ambito specifico, non verranno raggiunti. E' fin troppo facile immaginare che la sudicia retorica contro i lavoratori pubblici voglia, al solito, semplicemente dire lavorare di più, con meno risorse per accrescere la famigerata produttività, per lo stesso stipendio o, di fatto, diminuito. Contemporaneamente, i tempi di erogazione della liquidazione potranno allungarsi fino a ventiquattro mesi: se questo non è furto, che cos'è, allora, un furto? (1)

E veniamo a un'altra “perla” della manovra d'agosto, l'articolo 8, che, nonostante gli strepiti della Camusso, è uno sviluppo coerente dell'accordo tra le “parti sociali” del 28 giugno scorso. L'articolo, la cui applicazione deve essere concordata con sindacati compiacenti (niente di più facile...), può scardinare il contratto nazionale, creando, potenzialmente, una giungla di contratti aziendali che possono derogare su quasi tutti gli aspetti fondamentali del lavoro subordinato (orario, salario, ritmi, pause, ecc.) fino alla libertà di licenziamento, con tanti saluti all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Benché questo articolo sia sempre più diventato nient'altro che un feticcio, logora bandiera del radical-riformismo, tuttavia il padronato - imbaldanzito dal servilismo senza ritegno del sindacalismo maggioritario - vuole spazzare via ogni intralcio, per quanto debole, sulla strada del profitto. L'obiettivo è il solito: disporre di una forza lavoro totalmente adattabile alle necessità dell'azienda. In questi anni, di passi in tal senso ne sono stati fatti tanti, ma al meglio, dice la Marcegaglia (o al peggio, diciamo noi) non c'è mai fine (2).

A dire il vero, la Confindustria auspicava anche la messa in regola una volta per tutte delle norme sullo sciopero: detto, fatto. Il 28 giugno, com'è noto, le parti sociali, CGIL compresa, hanno compiuto un altro bel passo avanti in quella direzione, anche se indubbiamente ci sono margini di miglioramento, per esempio, sbattere direttamente in galera, oltre che sulla strada, quei lavoratori che strappano il guinzaglio sindacale e fanno carta straccia degli accordi sindacal-padronali con lotte autorganizzate.

Come se non bastasse, la manovra comprende una norma con effetto retroattivo, giustamente definita “salva-Marchionne” (le leggi ad personam sono proprio un vizio, da queste parti):

Se approvate con un referendum anche le intese aziendali firmate prima dell'accordo del 28 giugno tra le parti sociali varranno infatti per tutto il personale.

rassegna.it , 13 agosto

Se si volesse fare una sintesi, si potrebbe dire che l'articolo 8 - e accordi vari che l'hanno preceduto - ricorda molto da vicino la politica del lavoro dell'epoca fascista, con la differenza che allora il fascismo dovette schiacciare il sindacato, mentre oggi il sindacato è, in genere, un ingranaggio del sistema di gestione capitalistico della forza lavoro.

A proposito di fascismo, la manovra bis prevedeva lo spostamento alla domenica successiva - in pratica, la soppressione - anche del 25 aprile e del 1 maggio (3).

Poi, anche in questo caso, pare che le festività ritornino al loro posto. Certo che parlare di festività per il 1 maggio risulta sempre più spesso, troppo spesso, una beffa amara: per un numero crescente di lavoratori, il 1 maggio è diventato esattamente l'opposto di ciò che questa festa vuole significare. Lavoro precario, comando padronale senza freni, salario scarso e per di più in giornata festiva: questo è, per loro, la “festa dei lavoratori”. Oramai non si contano le aperture di centri commerciali e negozi avvenute anche con l'autorizzazione calorosa di diversi sindaci di centro-sinistra (Renzi, di Firenze, per tutti).

Se è vero, almeno qualche volta, che non tutto il male viene per nuocere, forse quella giornata così densa di significato, proprio grazie alla sua arrogante cancellazione o lenta erosione, ritroverà la sua identità originaria, fatta di lotte vere, contro la borghesia e i suoi servi. Chissà che il primo maggio non torni ad essere giornata di scioperi e di mobilitazione di classe?

CB

(1) Ma non è affatto detto che sia l'ultimo né il più grave: se la crisi proseguirà - cosa tutt'altro che improbabile, per usare un eufemismo - è possibile che lo stato semplicemente non versi più la liquidazione, la quale, ricordiamolo, è solo stipendio differito, soldi del lavoratore, dunque. Dalla borghesia incattivita dalle fosche prospettive economiche, c'è da aspettarsi di tutto.

(2) Che sia la Confindustria il mandante del ministro Sacconi (l'art. 8 è imputabile a lui) non c'è alcun dubbio, anche perché basta leggere su il Sole 24 ore del 29 maggio un pezzo che, con una certa dose di umorismo o schifosa ipocrisia, sollecitava il varo del

contratto di prossimità, cioè quello aziendale [perché con esso] è possibile la sintesi più efficace delle esigenze di lavoratori e imprese per aumentare la produttività [...] Il traguardo finale non è solo poter derogare rispetto al contratto nazionale, ma anche fare accordi aziendali non conformi alle leggi in vigore, fermi restando i diritti fondamentali (oh perbacco! Ndr).

(3) Probabilmente, agli ex (?) fascisti del PdL sarà scesa una lacrimuccia, perché in gioventù, quando ostentavano la camicia nera, mai avrebbero osato sperare tanto: gli odiati simboli dei “rossi” fatti fuori in un colpo solo.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.