I sabotatori

Sabotatori, li ha chiamati la Marcegaglia, ultimi incendiari di un mondo in estinzione, ha gorgheggiato Sacconi e, per completare il coro osceno, non potevano mancare Bonanni (CISL) nonché Angeletti (UIL) inneggianti all'ultima eroica impresa de fu liberal Marchionne. Ci riferiamo, naturalmente, al licenziamento di un impiegato FIOM a Mirafiori e di tre operai, due dei quali delegati dello stesso sindacato, alla SATA di Melfi. La grave colpa? Nel primo caso, l'aver utilizzato la posta elettronica aziendale per diffondere il comunicato degli operai polacchi della FIAT con cui invitavano i loro compagni di Pomigliano a non piegare la testa di fronte al ricatto padronale. Nel secondo caso, il presunto (molto presunto) blocco di un robot durante un corteo interno. Se a Mirafiori si può parlare di ingenuità, che però la dice lunga sulla sottovalutazione e persino incomprensione della natura di classe del potere padronale – assai diffuse, purtroppo, tra il “popolo di sinistra” - gli operai di Melfi hanno reagito contro l'accelerazione della cadenza lavorativa, proprio mentre un terzo di loro è in cassa integrazione. Molti commentatori hanno, e giustamente, visto in qui licenziamenti una risposta della FIAT al deludente, per l'azienda, risultato del referendum nello stabilimento napoletano, un modo per ribadire urbi et orbi che, nonostante tutto, il comando padronale non è stato scalfito da un pugno di riottosi operai, che in fabbrica si fa come dice il padrone o si va fuori dai.... Di quale democrazia, di quale Costituzione si va cianciando? Quella è roba per intorpidire le menti, come il whisky cattivo distribuito agli indiani per abbrutirli e metterli fuori combattimento. Tale è il ruolo della democrazia borghese, e quando il giochino si inceppa, quando di carote non ce ne sono più o sono troppo avvizzite per tacitare le masse, ecco che, puntuale, rispunta il buon vecchio bastone. Fuor di metafora, quando la concorrenza internazionale, per effetto della crisi, si fa sempre più aspra, gli spazi di mediazione si riducono, fino a scomparire, è il capitalista non esita un secondo a imporre in qualunque modo, forza inclusa, i propri interessi. In breve, per l'ennesima volta si dimostra che i metodi autoritari e fascisti sono “solo” l'altra faccia dei metodi più “urbani” della democrazia borghese: che prevalgano gli uni o gli altri, dipende dal contesto economico-sociale.

È facile capire le motivazioni che hanno fatto cadere la maschera da “buono”a Marchionne and Co., altrettanto facile “sputtanare” il ruolo dei sindacati “escort-colf-cani da riporto” della Confindustria (gli appellativi si sprecano) quali CISL-UIL-UGL-FISMIC. Meno agevole, invece, risulta, per tanti, inquadrare quello (di ruolo) della FIOM, visto che tra i sindacati di categoria è stata l'unica a non accettare supinamente tutte le richieste o, meglio, imposizioni della FIAT, e i suoi militanti sono, in questa fase, sulla “linea del fuoco” del conflitto e i più colpiti dalla repressione aziendale, con scuse per di più ridicole. E' solo la FIOM, infatti, che chiama ai sacrifici della lotta una classe operaia già pesantemente colpita da settimane di cassa integrazione. E la classe operaia sta rispondendo generosamente con scioperi e iniziative che, tra le altre cose, mettono in evidenza l'enorme potenziale che, nonostante la difficile situazione o, anzi, proprio per questo, potrebbe sprigionare, se solo fosse indirizzato sui giusti binari. I giusti binari, però, non sono quelli tracciati dalla FIOM. Infatti, una lotta di classe coerente, indipendentemente dall'impegno generoso, dai sacrifici anche duri di chi sciopera – lo ribadiamo per la milionesima volta, a scanso di equivoci e di pregiudizi interessati – non solo deve colpire gli interessi dei padroni, ma, contemporaneamente, deve collocarsi nella prospettiva più generale del superamento del capitalismo. La FIOM; invece, è ben lontana da questa prospettiva, anzi, marcia nella direzione opposta. Le solite esagerazioni di noi comunisti, auspicabilmente in estinzione (sempre per omaggiare Sacconi)? Mica tanto. In una lettera aperta a Marchionne, volantinata davanti a Mirafiori, la FIOM scrive:

Non si tratta di contrapporre lavoratori e imprenditori, ma di prendere atto delle differenti condizioni e delle diverse responsabilità collaborando per il futuro con condivisione e non per coercizione.

Insomma, in fondo, padroni e operai hanno sì interessi e ruoli un po' diversi, ma non contrapposti. Dunque, ognuno al suo posto, ma diamoci da fare per il bene dell'azienda, con spirito collaborativo. Detto in altri termini ancora, se il sig. Marchionne mi lascia dire la mia, io, FIOM, concedo i diciotto turni, l'aumento dei carichi di lavoro e altre cose ancora.

Secondo noi, invece, il punto da cui partire, anzi, da rifiutare, è proprio quello che la FIOM pone come perno dei rapporti tra classe operaia e padronato, cioè una sostanziale comunanza di interessi tra operai e padroni. No, è vero esattamente il contrario e la vicenda del premio di risultato ne è solo un esempio in più: mentre i manager, a partire da Marchionne, si assegnano compensi milionari, viene prima tagliato e poi soppresso il premio di risultato, un tempo erogato ai dipendenti prima delle ferie estive (1200 euro nel 2008, 600 nel 2009 e zero quest'anno). Dunque, se non si ha chiaro il concetto, niente affatto astratto, che gli interessi degli operai sono opposti e inconciliabili con quelli dei capitalisti, lo sciopero, la mobilitazione si riducono a essere come il movimento frenetico dei criceti in gabbia, che corrono corrono sulla ruota per addentare una nocciolina, ma sempre in gabbia rimangono.

Insomma, non ci pare che vi sia una gran differenza tra il “siamo tutti sulla stessa barca” della lettera di Marchionne agli operai di Pomigliano e l'invito alla collaborazione “con condivisione” della lettera FIOM. E quando Epifani si inquieta perché i licenziamenti per rappresaglia possono innescare un duro conflitto sociale dagli esiti imprevedibili, non fa, classicamente, il pompiere della possibile ripresa della lotta di classe? Invece, è vitale che si ricominci a lottare su di un terreno di classe, fuori dai sindacati, con lotte autonome, dirette dalle assemblee dei lavoratori, le uniche abilitate a decidere come e in che modo condurre il conflitto; assemblee che eleggano direttamente i propri organismi di lotta (in qualunque momento revocabili), che cerchino di collegare i vari stabilimenti FIAT, i lavoratori dell'indotto e, perché no?, quelli polacchi, tanto per cominciare. Non è una strada facile, certo, ma è l'unica che possa concretamente contrastare il nostro nemico di classe; alternative non ce ne sono.

Se padroni, governi, sindacati ultraconniventi sabotano gravemente le nostre condizioni di esistenza, la FIOM-CGIL sabota le possibilità che la nostra classe si scrolli di dosso gli effetti intossicanti dell'ideologia borghese, la paura, la sfiducia in se stessa e si metta sulla strada di un coerente percorso di lotta anticapitalistico: sabotatori, appunto.

CB