In Palestina

È dal 28 settembre che nei territori occupati, quotidianamente, l'esercito israeliano spara e uccide i ragazzi palestinesi della nuova Intifada (battaglia delle pietre). La lotta nata, organizzata e proposta agli occhi della opinione pubblica internazionale dai vertici della borghesia palestinese, segue le due vie del nazionalismo. La prima, quella di Arafat rappresentante della borghesia finanziaria (gestisce l'Arab Bank) della diaspora, della borghesia commerciale e in parte imprenditoriale, vuole a tutti i costi uno stato, anche uno straccio di stato, pur di iniziare a gestire in casa propria gli affari. La seconda, quella indigena, parzialmente imprenditoriale e artigianale che è legata al vecchio progetto nazionalistico della riconquista di tutto il territorio palestinese e non soltanto dei territori occupati. (1967 guerra dei 6 giorni). La prima si identifica nella politica dell'OLP di Arafat, la seconda, più radicale, nell'estremismo dell'integralismo islamico di Hamas e Tanzim. Entrambe devono ottenere il consenso della popolazione e del proletariato palestinesi come massa di manovra sul terreno negoziale o come massa d'urto nel conflitto con lo stato d'Israele. Da un punto di vista comunista il problema è quello di sottrarre il proletariato palestinese al doppio gioco borghese, non tanto per tentare soluzioni rivoluzionarie che non sono all'ordine del giorno, quanto per preparare il terreno ad una ripresa della coscienza comunista in terra di Palestina e in tutta l'area circostante. IL proletariato palestinese vive soltanto per un terzo nei territori occupati, per i restanti due terzi vive e lavora in Egitto, Siria, Libano,Oman e Paesi arabi uniti, in Arabia Saudita e sino alla guerra del Golfo in Kuwait. Il proletariato palestinese subisce uno sfruttamento trasversale a tutta l'area arabo musulmana che lo renderebbe un formidabile veicolo di propagazione della lotta di classe se 1) ci fosse un partito rivoluzionario alla sua guida. 2) se non fosse politicamente succube della sua borghesia sia nella versione moderata di Arafat che in quella terroristica dell'integralismo islamico. Per iniziare a creare queste condizioni occorre delimitare innanzitutto i campi di appartenenza. Nessun appoggio, nemmeno critico alla borghesia. Lotta all'imperialismo israeliano cercando di trascinare in questa prospettiva le avanguardie del proletariato israeliano. Creazione dei primi nuclei proletari rivoluzionari nei paesi arabi che vedono la presenza di proletari palestinesi con i relativi contatti con i proletariati locali.

In altri termini, quando un proletariato si muove, e si muove in armi, anche se non è all'ordine del giorno la soluzione rivoluzionaria, compito dei comunisti è quello di preparare, nei limiti del possibile e dei rapporti di forza, le condizioni soggettive della rivoluzione proletaria. Queste certamente non si producono se si dà come indicazione, quante forze sedicenti comuniste e rivoluzionarie lo fanno, quella dell'appoggio alla propria borghesia. Non si creano cioè i presupposti di una coscienza di classe, non si educano le sparute avanguardie alla prospettiva rivoluzionaria se si scende sul terreno del nazionalismo borghese comunque giustificato.