Pensioni - L'audace colpo dei soliti noti

Com'era ampiamente previsto, un altro spettacolare colpo è stato portato a segno ai danni del lavoro salariato/dipendente. Gli autori - governo, padroni, sindacati - con una perfetta sintonia di movimenti si sono impadroniti di un altro pezzo del poco che rimaneva del salario differito, innalzato l'età pensionabile e, in prospettiva, ridotta l'entità della pensione stessa: in poche parole, dovremo lavorare di più per una pensione che non ci permetterà di campare.

Altro che riparare all'ingiustizia dello “scalone Maroni”, come cianciava con incredibile faccia tosta il governo: tra “scalini”, quote, aumento dei contributi a carico dei lavoratori, a conti fatti il rimedio è almeno pari, se non peggiore, del male.

D'altra parte, i governi borghesi, di qualunque colore, devono rappresentare e sostenere gli interessi della classe borghese. Così, il taglio-rapina del sistema pensionistico non ha altro scopo che:

  1. far pagare il rientro dal debito interamente ai lavoratori mediante il taglio del salario indiretto;
  2. costringerli a costituire una pensione integrativa in modo da trasformare anche questo settore, come quello dell'acqua, della sanità ecc, che prima erano parte integrante del welfare, in un'area di produzione di profitti a favore del grande capitale finanziario (assicurazioni, banche, fondi di investimento ecc.), ammesso naturalmente che i salari sempre più bassi e la precarizzazione spinta consentano di risparmiare qualcosa per la pensione privata;
  3. eliminare qualsiasi collegamento fra questa forma di salario e gli incrementi della produttività sociale del lavoro perché questi devono andare tutti ad appannaggio del solo capitale in quanto condizione irrinunciabile a che il processo di accumulazione del capitale nella sua globalità possa svolgersi regolarmente;
  4. infine: prolungare l'età pensionabile per garantire la costituzione di un abbondante e costante surplus di forza-lavoro che consenta di mantenere permanentemente attiva la tendenza alla riduzione generale del costo della forza-lavoro al di sotto del suo valore come rilevava già Marx a proposito della tendenza alla mondializzazione dei rapporti di produzione capitalistici.

In sintesi, l'aumento dell'età pensionabile, e tutta la riforma pensionistica, costituiscono un attacco diretto al proletariato che può essere assimilato ai Pas ( piani di aggiustamento strutturale) imposti dal FMI e dalla Banca Mondiale ai paesi debitori del cosiddetto Terzo Mondo e che hanno causato, nel giro di una quindici di anni, da un alto la crescita enorme della povertà e, dall'altro, l'arricchimento spropositato di settori molto ridotti della borghesia locale e internazionale detentrice del grande capitale finanziario.

Poiché il capitalismo è esteso a livello mondiale, in tutti i paesi (dotati di sistema pensionistico) c'è la stessa tendenza ad aumentare l'età della pensione, mentre se ne abbassa la consistenza. La scusa dell'innalzamento della vita media è appunto una volgare scusa: il fatto è che il capitale, tra i vari mezzi utilizzati per impadronirsi del salario indiretto/differito, ha anche quello di portare l'età per la pensione il più vicino possibile al limite della vita media. Già Bismarck, cancelliere tedesco dell'Ottocento, per addormentare la lotta di classe aveva istituito le prime forme di assistenza alla vecchia, ma l'età per averne diritto era molto vicina, se non superiore, alla vita media di un operaio: in sostanza, era già molto se gli operai potevano “godersi” un anno o due di pensione. Oggi, a questo si vuol arrivare: o arrivi alla fatidica data e poi crepi, oppure ti “godrai” un assegno pensionistico da mensa dei poveri.

Una volta di più emerge in maniera lampante la totale incompatibilità tra noi - proletariato - e il capitalismo, che può sopravvivere aumentando senza sosta lo sfruttamento e intaccando persino le basi minime della nostra stesa sopravvivenza.

Se è così - e lo è! - il sindacalismo, nella migliore (?) delle ipotesi, è un'arma spuntata, mentre, di solito, è uno strumento dei padroni. Lo stesso vale per la cosiddetta sinistra moderata e radicale, divenuta ormai poco più della classica foglia di fico dello scandalo che il capitale quotidianamente mette in scena.

Il sindacalismo si pone il problema di contrattare le migliori condizioni possibili di vendita della merce forza-lavoro senza mai porre in discussione il sistema stesso, ma, soprattutto in questa epoca, c'è, appunto, ben poco da contrattare: il capitale - spinto dalle sue stesse contraddizioni - vuole solo prendere senza dare nulla. Allora il problema è quello di superare questo sistema sociale: riprendere la lotta di classe proletaria, aperta, di massa, senza compromessi è il primo, difficile ma necessario, passo.