La sceneggiata del G8 all’Aquila

Dietro le quinte solo sfruttamento, speculazione, predazione

Una devastante crisi economico-sociale, un territorio martoriato, sì, da un evento naturale, ma i cui effetti sono stati amplificati dalla speculazione edilizia e dai maneggi interessati dei politici, che hanno militarizzato paesi e persone terremotate per gestire indisturbati la cosiddetta ricostruzione; centinaia di milioni di euro buttati per organizzare l'ennesima parata dei potenti della Terra. Tale è lo scenario del G8 abruzzese, la cui popolazione di tutto ha bisogno, meno che di questa immonda sceneggiata.

Ai capi delle maggiori potenze imperialiste si aggiungono quelli degli imperialismi emergenti, che pretendono di avere più voce in capitolo nella spartizione del bottino, frutto dello sfruttamento dei salariati, dei contadini poveri e delle enormi masse di diseredati del pianeta.

I rappresentanti del brigantaggio imperialista internazionale faranno solenni dichiarazioni alle quali, loro per primi, non credono. Dietro le foto di gruppo, permarranno intatti i feroci contrasti di interesse tra gli uni e gli altri, così come i giganteschi problemi che scuotono le strutture portanti del sistema capitalistico, aggravando, di conseguenza, le condizioni di esistenza di miliardi di persone e compromettendo le basi biologico-ambientali della Terra.

Quei problemi hanno tutti la stessa radice: la difficoltà di realizzare saggi del profitto soddisfacenti, in rapporto ai capitali investiti. Da qui, la ricerca di “soluzioni” che possono essere sintetizzate in aumento dello sfruttamento, dell'oppressione economica, sociale e politica, dei focolai di guerra:

  • precarietà, licenziamenti, diminuzione del salario diretto e rapina di quello indiretto (lo “stato sociale”) là dove esiste, messa in concorrenza al ribasso dei salariati su scala mondiale;
  • predazione delle risorse naturali e dell'ambiente, immiserimento e crescita del numero di affamati, non solo nei cosiddetti paesi in via di sviluppo;
  • abnorme speculazione finanziaria, come tentativo di creare denaro saltando i processi produttivi appropriandosi dei risparmi e delle pensioni di settori proletari e di piccola borghesia.

Ma né il maggior sfruttamento, né la speculazione, né la predazione, pur peggiorando la vita di masse sterminate, hanno potuto risolvere la crisi del capitalismo, di cui lo scoppio della bolla dei subprime è solo l'ultima clamorosa manifestazione.

L'unica ragione di vita del capitalismo è il profitto, al quale tutto deve essere subordinato. Per questo, la salvaguardia dell'ambiente sarà presa seriamente in considerazione solo se e quando diverrà un affare vero; per questo, la lotta alla povertà dell'Africa è solo fumo negli occhi, perché è sulla povertà che il capitale si sviluppa; per questo, ogni tentativo di riformare “dal basso” il sistema capitalistico è pura illusione, indipendentemente dalla buona fede di tanti che, giustamente, lo odiano, ma rimangono invischiati in assai improbabili progetti di umanizzazione del sistema stesso: il “mercato” è una belva feroce, che non può essere addomesticata, e tale rimarrà.

Solo la lotta di classe, quella vera, che vada contro le “compatibilità” padronali, che travolga i reticolati stesi da governi e sindacati a protezione del sistema - per soffocare sul nascere, circoscrivere, isolare le lotte “selvagge”, le uniche a spaventare padroni di ogni risma - che spazzi via la cappa di rassegnazione e apatia che pesa sulle coscienze dei lavoratori, può inceppare prima e arrestare poi i meccanismi dello sfruttamento, di cui il G8 è solamente l'espressione scenografica.

Solo un partito rivoluzionario radicato nella classe - che da sempre ha fatto i conti con lo stalinismo e le sue eredità - può captare e convogliare il profondo, ma finora latente, malessere sociale, e, in generale, le diverse manifestazioni della lotta di classe, quando, come speriamo vivamente, dovessero finalmente emergere, verso l'obiettivo politico del superamento di questo disumano sistema sociale.