Resoconto dell'assemblea del 30 ottobre: “Non c’è più spazio per la mediazione”

L’assemblea pubblica, organizzata sugli effetti della crisi nel mondo del lavoro, ha avuto una discreta partecipazione, soprattutto qualitativamente molto interessante. Infatti, dopo i nostri interventi iniziali, ne sono seguiti molti, di altri operai, lavoratori di coop sociali e non, operatori di call-center che vertevano sulla necessità nel mondo del lavoro, da parte dei proletari, di reagire degnamente all’attacco padronale in corso su scala mondiale, ma sempre più duro anche a livello nazionale.

Il piano Marchionne è l’esempio cardine attorno a cui ruota l’attacco al mondo del lavoro, ben sintetizzato dallo slogan lavorare in silenzio a cui non è ancora seguita una reazione proletaria degna di merito, per lo meno non in Italia.

Nei vari interventi si è dunque convenuto che occorre difendersi e organizzarsi senza l’aiuto dei sindacati che, dove ci sono e non sono tappeto, sono comunque relegati al ruolo di controllori della rabbia operaia e proletaria.

Si è riscontrato che il taglio dei servizi: sanità, assistenza, scuola - ovvero il nostro salario indiretto - e dei posti di lavoro in tali settori, sono la costante delle politiche economiche di diversi paesi del globo attualmente colpiti dalla crisi, così come lo sono la disoccupazione, la chiusura di aree industriali, la precarizzazione di tutta la forza lavoro e i licenziamenti in ogni settore.

È stata indicata l’organizzazione diretta delle lotte, da parte dei lavoratori colpiti dalla crisi e la necessità di difendersi unendo le vertenze in caso di licenziamenti e di chiusure aziendali, pratica non sostenuta dai sindacati che tendono, se non sono i lavoratori a costringerli, alla trattativa differenziata, azienda per azienda, per mantenere il loro ruolo di mediatori, che però ormai è stato azzerato nei fatti dalla crisi e dall’attacco padronale conseguente.

Abbiamo citato l’esempio francese, per quanto riguarda l’organizzazione e la radicalità delle lotte. Lotte sempre più condotte da comitati di agitazione e sciopero, non diretti dai sindacati, che sono riusciti a mettere in campo un vero blocco della produzione con occupazione delle raffinerie, blocchi stradali, manifestazioni, picchetti, scioperi a oltranza che hanno visto la partecipazione di tutti i settori. Stavolta contro l’aumento dell’età pensionabile, ma in passato anche contro il salario d’ingresso, con l’apporto determinante degli studenti… e in campo operaio, ricordiamo anche “il ratto dei manager”, talmente diffuso in Francia negli ultimi anni, in caso di minacce di licenziamenti o chiusure aziendali, da essere stato depenalizzato a semplice violazione delle norme di trattativa sindacale .

L’attacco in corso impone quindi la difesa, da parte proletaria, senza mediatori sindacali, tanto ormai nemmeno i padroni li riconoscono in questo ruolo, caso fiom, ma anche la prospettiva anticapitalista come sbocco finale delle lotte proletarie difensive.

Se da un lato gli spazi di mediazione sono stati annullati e bisogna combattere fuori dai vincoli delle norme anti-sciopero e della contrattazione sindacale anche solo per difendere il posto, il salario, i servizi, gli orari, la sicurezza e le condizioni di lavoro. Dall’altro il sistema sta mostrando a tutti il suo lato peggiore. Non solo lo scempio ambientale, l’intensificazione dello sfruttamento e l’impoverimento di tutti i proletari, ma anche la prospettiva che il sistema ha per uscire dalla crisi, scongiurando la rivoluzione: cioè l*a guerra, l’unico modo per conquistare, alla fine, nuovi mercati*. È la gravità della situazione ad imporre la necessità immediata di creare in ogni luogo di lavoro possibile comitati di agitazione e sciopero, fatti da operai, lavoratori di coop, sociali e non, operatori di call-center… proletari più coscienti e combattivi che da subito spingano i colleghi a lottare contro licenziamenti, vessazioni di ogni tipo, piano Marchionne diffuso. Questo deve essere un primo passo per rompere una cappa fatta di rassegnazione e sconforto. Devono essere poi le assemblee dei lavoratori a decidere modalità e tempi delle lotte e non sindacati e sindacatini, prolungando, ad esempio, gli scioperi preannunciati dei sindacati o indicendone di autonomi, a seconda dell’evenienza.

C‘è bisogno del protagonismo dei lavoratori e questo può uscire fuori solo attraverso l’autorganizzazione delle lotte. Ma non solo, vogliamo anche sottolineare la necessità di lavorare per dare vita a gruppi di lavoratori che, oltre ad invitare alla lotta vera i colleghi e a parteciparvi attivamente, prospettino il superamento di questa moderna schiavitù che è la condizione operaia e proletaria in un capitalismo sempre più in crisi e feroce non solo in italia , ma in tutto il mondo. Come abbiamo detto in assemblea, ribadiamo di voler costruire l’ organizzazione proletaria e internazionalista, radicandola nei luoghi di lavoro e nelle lotte sul territorio dove i proletari entrano in conflitto con le nefandezze del sistema (per esempio le lotte contro gli inceneritori e le discariche). Sono proprio questi gruppi che, nei luoghi di lavoro e nel territorio, devono diventare i nuclei del futuro partito comunista rivoluzionario e internazionale, perché di questo sistema vogliamo disfarcene per sempre.

L’indicazione quindi che come internazionalisti abbiamo dato in assemblea e diamo qui a tutti i lavoratori proletari di ogni settore è di scavalcare le differenze di ruoli e categorie assegnateci in questo sistema in putrefazione, per unirci sul territorio in un unico fronte di classe contro i padroni e il loro stato, aldilà dell’ingranaggio che andiamo ad ungere per conquistarci la pagnotta.

I proletari di ogni settore: dagli ospedali alle coop-sociali, dalle scuole ai cantieri, dai call-center alle fabbriche, dai trasporti alla distribuzione, hanno lo stesso interesse di classe immediato: difendersi dall’attacco padronale in corso, dettato dalla crisi di questo modello di sfruttamento, e hanno la necessità di farlo direttamente senza le mediazioni di sindacati, sindacatini e politicanti borghesi.

Gli operai, il cuore del proletariato, sono in grado, per la loro collocazione all’interno del sistema, di mandare a gambe all’aria la produzione, che è ciò che più interessa a chi ci dirige in questo mondo malato, perché è ciò che fa fare più profitti ai padroni, ma gli operai non sono gli *unici a poter bloccare la produzione.*

Lo dimostra la lotta dei piqueteros argentini che nel 2001-2002, attraverso il blocco delle strade, dei trasporti e dunque delle merci, hanno più volte *fermato la produzione* pur non essendo, o non essendo più, operai addetti ad essa: i piqueteros erano invece come lo sono oggi tanti proletari italiani, disoccupati. Questo suggerisce a tutti i proletari che non possono bloccare direttamente la produzione, un modo per farlo comunque quando entrano in agitazione e in lotta. D’altronde anche lo sciopero operaio meglio riuscito è vanificato per metà se non vengono bloccati i camion in entrata e in uscita - blocco merci.

Gli operai (così come tutti i proletari) devono perciò riconoscersri, collegarsi e combattere come classe internazionale, visto che il loro diretto nemico – le aziende più o meno in crisi – sono sempre più multinazionali o comunque legate al mercato globale. Gli operai e i proletari degli altri paesi non sono, come vorrebbero farci credere, i nostri nemici, ma i nostri alleati contro i padroni che ci vedono, noi e loro, solo come dei moderni schiavi usa e getta e ci fanno scannare tra fratelli sull’altare dei loro traballanti, ma ancora smodati, profitti.

Gli operai e i proletari di tutti settori devono quindi allearsi sul territorio con i disoccupati, in costante aumento in Italia e nel mondo, per non ridursi a fare ciò che i padroni vorrebbero: dannosissime guerre tra poveri.

Crediamo che sia da subito necessario allargare i contatti e le esperienze di chi ha partecipato a questa assemblea. Per non disperdere la volontà di lottare dei lavoratori che vi hanno attivamente preso parte, portandoci l’indispensabile contributo di chi in ogni settore si batte contro i padroni, siano essi pubblici, privati o coop, per rompere la pace sociale, figlia della paura e dello smarrimento della maggioranza dei proletari, ma garantita, soprattutto nelle grosse concentrazioni operaie e nel settore pubblico, dai sindacati.

Abbiamo dunque pensato di rivederci tra un mese, per non perderci di vista e per intensificare le iniziative contro la crisi e contro i padroni, per dare vita ad un’assemblea proletaria di lavoratori e proletari (anche studenti e disoccupati possono esserlo) che riconosca di la necessità dell’autorganizzazione delle lotte, soprattutto ora che la crisi del capitalismo ha consumato gli spazi di mediazione con i padroni, mostrando a tutti la monnezza del sistema (Terzigno è il mondo).

Un’assemblea che unifichi le varie necessità , le vertenze e le iniziative di lotta di operai e proletari a Bologna e dintorni, per ora…

Se sei d’accordo con noi… passa parola!

Organizzarsi o soccombere alla crisi

Assemblea proletaria per l’autorganizzazione delle lotte nei luoghi di lavoro e sul territorio

Sabato 4 dicembre 2010 ore 17.30 al circolo Iqbal Masih, via della Barca 24/3

Nelle fabbriche, nei call-center, nelle scuole, negli

ospedali, nelle coop, nei cantieri, nella tua periferia

Passa parola, passa parola, passa parola…

Battaglia Comunista - Sezione di Bologna

Comments

Ottima iniziativa compagni!

assemblee proletarie in tutti i quartieri!! in tutte le città!!!

W IL PROTAGONISMO PROLETARIO!

Forza e coraggio. I tempi richiedono un passo avanti da parte di tutti...