Il “ruolo produttivo” del capitalismo è quello di diffondere miseria e fame

A proposito della Lettera aperta da Mirafiori alla cittadinanza torinese, diffusa dal “Collettivo Mirafiori”, in essa vi sono affermazioni diventate comuni (qua e là pur accettabili…) nelle denunce che i lavoratori fanno di situazioni e condizioni che stanno peggiorando, spesso drammaticamente, in fabbrica e fuori. Denunce che vorrebbero porsi sul terreno di autonome posizioni (in parte libere dalla diretta presenza di lacci e lacciuoli “formali” di solito imposti dai sindacati) e che operai in buona fede cercano comunque di portare avanti. A spingerli in una certa e poco chiara direzione, tuttavia, qualcuno c'è…

A questo punto, per noi comunisti, è necessaria una analisi attenta sui contenuti (sostanziali oltre che formali) di tali denunce e soprattutto di quella prospettiva di lotta al capitale che noi dobbiamo fare emergere nella coscienza e nei comportamenti dei lavoratori più combattivi. La nostra presenza fra gli operai, il nostro lavoro politico, a questo mirano.

Dalla “lettera alla cittadinanza torinese” (sul destinatario sorvoliamo…) la sacrosanta rabbia dei lavoratori viene indirizzata contro le “colpe” addebitabili a “scelte della direzione aziendale e di un ceto politico, nazionale e locale” il quale avrebbe dimostrato un servilismo “incapace anche solo a ipotizzare un ruolo produttivo per la più grande impresa produttiva nazionale”.

Qui occorre cominciare a parlare un'altra “lingua”. Innanzitutto, bisogna uscire dalla logica del sistema capitalistico: la sua crisi è evidente (è il capitalismo che agonizza, non le aziende perché sarebbero… gestite male!) e non è in alcun modo risolvibile “sperando” che - cambiando politica industriale… - le condizioni del proletariato nazionale e internazionale possano migliorare anziché peggiorare sempre di più. Questo per noi è un punto fermo che dobbiamo in ogni occasione portare e diffondere fra i lavoratori, almeno quelli più sensibili. Che poi questi non possano comprendere un discorso che sarebbe “troppo difficile per loro”, beh, questo è tutto da vedere! Chiaramente: il nostro obiettivo è quello di spingerli alla lotta costringendo il capitalismo a scoprire tutte le sue carte, a mostrare alla luce del sole i suoi limiti insormontabili, dimostrando nei fatti il suo fallimento, la sua impossibilità nell'impedire il costante peggioramento di condizioni che già sono, per molti, quasi disperate. Il regresso, non il progresso, è storicamente la bandiera del capitalismo maturo.

Non ci si può continuamente ingannare (se stessi e gli altri) su un ipotetico “ruolo produttivo” che il capitalismo ancora avrebbe, in questo o quel settore, addirittura assegnando una centralità a quello automobilistico (tale forse per la produzione, domani, di carri armati e altri simili strumenti di morte…). Tant'è che la colpa della Fiat verrebbe individuata in una scarsa progettualità di nuovi modelli in grado di conquistare i mercati; una scelta “politica” che la Fiat avrebbe trascurato per dedicarsi ad operazioni finanziarie! Vogliamo allora il capitale produttivo e non finanziario, come già il Pci di Togliatti propugnava, e per questo si dovrebbero sostenere i “pilastri della produzione capitalistica”? E le proposte sarebbero quelle di “poli di ricerca per poli di produzione” forniti di “adeguate strutture” che creerebbero occupazione…? Ma stiamo forse scherzando? Come se non bastasse un “presente di merda”, si guarda (e si spingono i proletari ad ottenerlo) ad un “futuro di merda”… ristrutturato? Ma che bella prospettiva!

Poiché il capitale ci attacca (turnazioni più lunghe, mensa spostata a fine turno, abolizione di 10 minuti di pausa, straordinari obbligati se e quando servono alla produzione, multe per le assenze definite anomale, eccetera) noi dovremmo chiedergli di non fare tutto ciò, magari suggerendogli come meglio risolvere i problemi (della produttività e dei costi…) nel suo e nel “nostro” interesse? Ebbene, noi dobbiamo opporci a quanto il capitale vuole imporci - certamente - ma questo non basta se ci limitiamo a contrapporgli quale necessità - per mantenere la pace sociale? - quella di “riformare” (?) le catene che ci legano agli interessi del capitale, per… renderle più resistenti…

Va detto chiaramente che in tali denunce c'è una pagina in bianco che noi dobbiamo cominciare a riempire, nel migliore dei modi. Si tratta del fatto che occorre andare oltre l'affermazione che - giustamente! - non ci si può sottomettere a questa gragnuola di randellate che piovono sulle nostre spalle. Va bene quindi ribellarci alla rapina giornaliera di quei quattro soldi che i più fortunati fra i proletari ancora ricevono sottoponendosi allo sfruttamento del capitale. E su questo non c'è dubbio alcuno.

Bisogna però cominciare a far circolare fra i proletari ciò che né il capitale né i suoi antagonistici riformatori vogliono sentir dire (in effetti, a parte i reggicoda del capitale che hanno ben altro a cui pensare, gli altri si guardano bene anche soltanto dal fare un minimo accenno alla questione, da tutti considerata utopica se non peggio!).

Poiché il salario, senza il quale oggi possiamo solo stringere la cinghia fino a morire di fame, viene diminuito o negato perché nelle aziende capitaliste c'è posto soltanto per pochi proletari spremuti come limoni e poi gettati in strada; poiché i servizi più elementari ci vengono via via ridimensionati o sospesi; poiché finché dura questo assurdo modo di produzione e distribuzione asservito al dio profitto, al denaro, alla produzione di merci, al salario o a qualunque altra forma di “reddito”, la vita non è e non sarà mai “degna” - ebbene, per tutto queste ragioni occorre cominciare a parlare, senza alcun reverenziale timore, di superamento di questo assurdo modo di produrre e di distribuire e quindi di programma del comunismo. E questa la strada sulla quale le avanguardie proletarie devono camminare, preoccupandosi di avere posizioni e obiettivi tanto chiari quanto precisi, attorno ai quali organizzarsi in modo efficiente e saldo. Altrimenti, il capitalismo continuerà a schiacciarci.

DC

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Lasciamo che sotto l'urto della crisi la nostra gente faccia le sue esperienze. Si renderà conto del fatto che, se il padrone la mena così bene è perchè in contemporanea i sindacati la tengono ferma. Poi capirà che un sistema che prevede padroni e lavoratori può essere solo così e che ogni vittoria è effimera finchè non avrà risolto il problema alla base. Iniziate ad interrogare i "vostri" sindacalisti sulla presunta utilità degli insulsi scioperi venturi. A che serve star fermi due \ quattro ore comunicate un mese prima, come impedisce il sacco a cui il governo "tecnico" di Monti vuole sottoporci? Sono credibili PD e PDL che cercano con anemiche critiche di mostrarsi non responsabili dell'accaduto? Ed infine come evitarlo se non eliminando il problema alle radici, distruggendo il capitalismo? Comunisno non è gestire la regione Puglia ma volere la rivoluzione