22 Marzo: il nostro sostegno alle lotte dei lavoratori della logistica

Molti di quelli che ci hanno accusato di lesa maestà nei confronti del Si Cobas per un nostro articolo politicamente critico nei confronti di questo sindacato - in quanto pur sempre espressione della logica sindacale - forse si stupiranno del nostro appoggio attivo allo sciopero dei facchini della logistica, di marzo e del novembre 2012. Cogliamo dunque l'occasione per ribadire quanto per noi è ovvio. Noi sosteniamo la lotta di classe anche quando essa si esprime - per forza di cose - sul terreno “tradeunionistico”, cioè del “sindacalismo” o, per meglio dire, economico-rivendicativo, come solitamente succede nelle forme iniziali. La sosteniamo criticamente (con la nostra pubblicistica, il nostro intervento politico sul posto ecc.), ovvero senza arrenderci ai limiti politici ed ideologici che la lotta in quel momento esprime. Il nostro compito è di agire per far crescere la coscienza di classe e lavorare per radicare il partito rivoluzionario nella classe stessa. Appoggiamo dunque i lavoratori soprattutto quando, come i facchini della logistica, lottano con coraggio e determinazione contro condizioni di sfruttamento particolarmente brutali e odiose, affrontando, se necessario, le manganellate e le denunce dello stato democratico.

A Bologna, come sezione di Battaglia Comunista, abbiamo seguito, partecipato attivamente e pubblicizzato presso altre categorie di lavoratori, lo sciopero del 22 marzo, indetto dal SICobas a livello nazionale contro la trattativa in corso tra la triplice (CGIL, CISL E UIL) di settore (più l’UGL) e la controparte padronale. Questa trattativa silenziosa sul contratto nazionale dei facchini della logistica, se andasse in porto, vanificherebbe i risultati ottenuti, magazzino per magazzino, con picchetti e scioperi duri che, in questi ultimi tre anni, hanno costretto molte Coop mafiose e molte grandi aziende della distribuzione a regolarizzare il lavoro dei facchini, pagando loro tutti i contributi, segnando l’orario reale di lavoro (conteggiando, ad esempio, lo straordinario come straordinario e non come orario del giorno dopo), eliminando il caporalato; che resta una pratica ancora molto diffusa in questo come in altri settori, dove la maggior parte dei lavoratori sono immigrati, dunque ancor più ricattabili e piegati ad un inaccettabile sfruttamento.

I facchini della logistica hanno dimostrato, in questi anni, di avere la forza, il coraggio e la volontà di lottare contro i loro nemici di classe: le cooperative. Queste, di “cooperativo” non hanno nulla e sono l’equivalente, se non peggio, delle aziende che appaltano loro i lavori, perché tramite l’esternalizzazione e l’appalto del lavoro ad esse i grandi distributori dividono, indebolendola ulteriormente, la categoria dei lavoratori della logistica in due tronconi: quelli assunti direttamente dall’azienda e quelli delle cooperative esterne, pochi e “meglio” pagati i primi, tanti, malpagati e licenziabili di fatto ad ogni cambio appalto, i secondi.

Tuttavia l’aria, almeno in questo settore sta - almeno in parte - cambiando e venerdì 22 marzo 2013 abbiamo dato il nostro contributo critico, politico e concreto ad una vera ed intensa giornata di lotta.

Nelle assemblee precedenti allo sciopero indette dai SICobas sul territorio bolognese - molto partecipate dai lavoratori, alle quali siamo intervenuti portando le nostre posizioni - era stato deciso che ogni magazzino dovesse essere picchettato e bloccato dagli scioperanti e che i punti dove concentrare le forze di chi voleva supportare lo sciopero, pur non essendo facchino, fossero Anzola Emilia, davanti alla sede di Coop Adriatica, e l’Interporto. Noi, sezione bolognese di Battaglia Comunista, ci siamo concentrati su Anzola Emilia, perché già a novembre 2012 avevamo sostenuto lo sciopero di 4 giorni dei facchini (di una Coop esterna) che lavorano a Coop Adriatica.

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Tale sciopero era contro il cambio d’appalto e di settore, dal commercio alla logistica, che implicava una forte perdita salariale (a conti fatti, più di 200 euro al mese) ed il licenziamento di tutti i facchini “scomodi” (circa 40 su 180). I facchini hanno vinto solo in parte la loro battaglia rivendicativa con Coop Adriatica: il cambio di settore c’è stato, il peggioramento salariale anche (a riprova di quanto stretti siano i limiti che la crisi pone alle lotte rivendicative), ma almeno l’azienda “rossa” non è riuscita a sbarazzarsi di chi ha saputo tenerle testa. Infatti, quando a fine febbraio 2013 Aster Coop (la nuova cooperativa che ha ricevuto l’appalto) ha tentato di licenziare tre facchini - utilizzando l’articolo 8 del proprio statuto per cui erano tutti ritenuti ancora “in prova”, così da potere essere lasciati a casa - ha dovuto fare dietrofront. I facchini sono tornati al lavoro e l’articolo 8 è stato eliminato dal loro contratto aziendale, perché i loro colleghi hanno compattamente scioperato per due giorni e anche quando hanno visto arrivare la polizia, come già avvenuto a novembre, non si sono piegati.

A novembre l’intervento della polizia, seppur meno militarizzato di venerdì 22 marzo, aveva alla fine determinato l’interruzione di uno sciopero che al suo quarto giorno aveva arrecato un serio danno economico al grande capitalista emiliano e aveva gettato le basi per la solidarietà concreta di un’altra categoria, i trasportatori o camionisti, che vedendo la determinazione dei facchini hanno iniziato a solidarizzare.Il picchetto ad Anzola.

Lo sciopero del 22 marzo comincia, per i magazzini nei quali si fa il turno di notte, allo scoccare della mezzanotte di giovedì; a Coop Adriatica il primo turno di lavoro comincia alle 6 ma i facchini cominciano ad arrivare alle 3 e noi con loro.

Alle 4 di mattina ci sono già più di 50 facchini ed una decina di sostenitori, tra cui un esponente dei SI Cobas (che aveva proclamato lo sciopero), a presidiare il piazzale che si riempie di camion. I facchini ci spiegano che Coop Adriatica e Aster Coop da una settimana fanno venire crumiri da Cesena e Udine per sostituirli durante le agitazioni, che già ci sono state nei giorni appena passati: rallentamento dei ritmi e scioperi improvvisi, per segnalare che il salario è troppo basso e che i maneggi sugli orari non sono più accettabili.

I facchini pretendono una paga base che superi i 1000 euro ed un monte orario che garantisca questa paga e che sia conteggiato secondo le regole stabilite dal contratto (niente di particolarmente “sovversivo”, dunque), non a piacimento dell’azienda.

Per rompersi la schiena a caricare e scaricare, fasciare e sfasciare bancali, è poco! Ma è pure il minimo oltre cui non si deve più andare…

ci dicono i facchini e noi ovviamente siamo più che d’accordo con loro.

Ai facchini che vengono da Udine a fare “crumiraggio” viene addirittura pagato l’albergo, ma quando alle 5 e mezza di venerdì si presentano davanti ai cancelli, basta loro vedere il numero e la compattezza degli scioperanti per tornarsene in camera...

Alle 6 il piazzale di Coop Adriatica è pieno di camion vuoti, che devono caricare bancali per rifornire i supermercati Coop emiliani e del nord Italia.

Alla stessa ora arrivano anche 3 furgoni di uomini in divisa con caschi e scudi, pronti invece a sgomberare il picchetto; ma per quanto il loro solerte dirigente ci provi, non riesce a trovare il pretesto per passare alle vie di fatto. Nessuno dei camionisti fermi nel piazzale davanti a Coop Adriatica ha intenzione di forzare il blocco e la Polizia non può dunque “legittimamente” intervenire; è costretta quindi ad entrare nel magazzino per spostarsi su un altro ingresso, abusivo dato che non vi potrebbero passare mezzi pesanti mentre già a novembre peròavevano tentato di aggirare il picchetto facendovi entrare i camion bloccati all’ingresso merci.

In quella circostanza, la Polizia aveva portato via e fermato in questura per qualche ora un facchino solidale di un’altra azienda che, insieme ad altri colleghi, aveva segnalato l’ingresso abusivo.

Venerdì tuttavia davanti all’ingresso “B” ci sono già altri lavoratori che, coordinati con noi davanti all’ingresso principale, ci segnalano lo spostamento; mentre un piccolo presidio rimane davanti al piazzale grande coi camion fermi, il resto dei facchini si sposta con noi all’ingresso abusivo.

Solo alle 9 di mattina un camion fa la mossa di imboccare il vialetto e la Polizia già schierata con caschi, scudi e manganelli, carica il picchetto di facchini e sostenitori per una quindicina di metri.

Volano le prime manganellate, quelle che Coop Adriatica nega ci siano mai state, e c’è anche un ferito tra i sostenitori, ma la polizia indietreggia perché un altro gruppo di facchini e sostenitori blocca la via Emilia e gli uomini in divisa non sono però ancora in un numero sufficiente a spazzare via la determinazione ed il coordinamento che ci siamo dati sul campo.

Contemporaneamente altri facchini della vicinissima Unilog, dove sono stivati i prodotti freschi per i supermercati Coop (siamo nella stessa grande famiglia imprenditoriale, insomma: Lega Coop) hanno deciso di scioperare. I facchini di una cooperativa esterna che lavorano alla Unilog comunicano lo sciopero il mattino stesso e bloccano direttamente l’ingresso merci; dopo aver visto come si erano mossi nei mesi precedenti i loro vicinissimi colleghi, hanno preso coraggio e li hanno seguiti a ruota cominciando anche loro a lottare.

Per inciso: la paga di questi facchini che lavorano nelle celle frigorifero è un po’ più alta di quella dei colleghi, ma per il tipo di lavoro che fanno è sempre una miseria; uno di loro l’anno scorso è morto d’infarto durante il lavoro a causa della prolungata attività in un’ambiente con una temperatura costantemente sotto lo zero, con il silenzio assordante e criminale di tutti i sindacati presenti.

In Unilog, evidentemente, “la Coop sei tu” (!)... fino alla morte.

All’alba i lavoratori dell’Unilog erano venuti nel piazzale di Coop Adriatica a prendere due bandiere per segnalare lo sciopero ed il blocco. Già alle 10 caporali e dirigenti Unilog e della cooperativa esterna tentano provocazioni ed un dirigente quasi travolge un facchino fermo davanti ai cancelli, per entrare con la macchina in azienda: quando si dice l’amore per il lavoro…

Alcuni sostenitori e facchini di Coop Adriatica sono lì con loro dall’inizio e tranquillizzatasi la situazione in Coop Adriatica, dove il blocco merci continua senza particolari interferenze, in molti ci spostiamo davanti ad Unilog. Verso le 11 iniziano ad arrivare anche i facchini dall’Interporto, ora tutti ad Anzola, insieme ai facchini della vicina Bartolini mossisi in aiuto appena sentito delle cariche della Polizia a Coop Adriatica. Nel frattempo si concentra anche la Polizia ed ai tre furgoni già presenti se ne aggiungono altre due.Oltre alla solidarietà “passiva” – ma importante - dei camionisti che si è tradotta nel non fare alcun tipo di pressione per forzare il blocco davanti a Coop Adriatica, registriamo anche la solidarietà – seppur timida - verso gli scioperanti espressa dagli autisti delle corriere, che passando davanti ai picchetti hanno strombazzato a lungo col claxon, mentre qualcuno addirittura scendeva per parlare e complimentarsi con gli scioperanti.

Gli autisti Tper di Bologna avevano scioperato due settimane prima senza preavviso ed in autonomia da ogni sigla sindacale, contro il tentativo di Tper di esternalizzare alcune linee extra-urbane e noi di Battaglia Comunista avevamo chiesto loro a voce e con un volantino di venire Venerdì ad Anzola a supportare fisicamente e concretamente lo sciopero di un’altra categoria in lotta. Magari qualcuno è stato tentato dall’esserci ma nei fatti questa unione, purtroppo, non si è verificata. Gli autisti, sollecitati da noi e da altri, non sono venuti nemmeno in delegazione a sostenere la lotta dei facchini della logistica, segnale di quanto ancora resti basso il livello della lotta di classe, dato che c’era anche uno sciopero di categoria con rispetto delle fasce orarie (indetto con largo preavviso) della FILT-CGIL, che pur essendo di per sé innocuo avrebbe permesso loro di aderire in sciopero alla lotta dei facchini: era una buona occasione. Cogliamo ugualmente lo spunto per dire che abbiamo parlato con molti di loro e sappiamo che sono attenti a ciò che succede loro intorno, non sono tutti chiusi a guscio nella propria categoria; ci sarà sicuramente una prossima volta, speriamo.

Un limite da evidenziare, in particolare, è che lo sciopero è rimasto confinato nella categoria della logistica.

Lo stesso Si Cobas, che aveva proclamato lo sciopero, non lo ha esteso a tutte le categorie; in modo tale che anche dove il SI Cobas non è presente, ma ci sono lavoratori coscienti e solidali con i facchini, i primi possano scioperare. Certo, si sarebbe trattato per lo più di un atto formale, ma non dappertutto e, in ogni caso, avrebbe dato un'indicazione politica importante, fondamentale: la necessità di andare oltre gli steccati di categoria per l'unità della classe. A Bologna sarebbe stato, appunto, utile convocarlo a livello intercategoriale, in modo da permettere ai metalmeccanici, ai camionisti e a tutti i lavoratori presenti al picchetto come “semplici” sostenitori, di portare i propri colleghi o, perché no, di fare altri blocchi davanti alle fabbriche “in dismissione” lungo la via Emilia. Spetterà ai lavoratori, in futuro, superare questo limite: agendo in prima persona oltre le divisioni di categoria e scavalcando le stesse strutture sindacali.

Un nostro militante metalmeccanico lo ha fatto presente all’ SI Cobas prima dello sciopero e lo ha ribadito davanti all’Unilog in un intervento applaudito dai numerosi facchini presenti:

La situazione è grave: non basta scioperare come categoria, dobbiamo essere uniti come classe e quindi dobbiamo scioperare insieme, sostenerci gli uni gli altri con azioni concrete; io sono metalmeccanico, lavoro qui vicino e oggi non solo vorrei scioperare, ma vorrei portare qui i miei colleghi, perché siamo un’unica classe e dobbiamo difenderci insieme da questo sistema inferocito dalla propria crisi; solo se iniziamo ad unirci per difenderci dai nostri sfruttatori possiamo anche iniziare a pensare di sbarazzarcene.

La crisi morde e c’è chi comincia a comprendere perché gli autisti scioperino senza preavviso ed i facchini blocchino i camion e resistano con chi dà loro supporto alla violenza della Polizia mobilitata dai padroni.

Ma torniamo ai fatti:verso le 13 la Polizia inizia a schierarsi per forzare il picchetto e fare uscire i camion con i freschi (“mozzarella… fresca”, è questo lo slogan beffardo dei facchini quando la Polizia si schiera). Iniziano le trattative per convincerli a non caricare ma alla fine arriva inesorabile una violenta carica che spinge tutti sulla strada (la via Emilia). Stavolta la Polizia è più numerosa e brutale ed anche se con qualche difficoltà spinge il grosso del corteo che si è creato sulla strada ad indietreggiare fino al paese limitrofo di Ponte Samoggia e ad abbandonare alla fine la strada.

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Alcuni di noi riescono a staccarsi ed a raggiungere quelli rimasti davanti ai cancelli di Coop Adriatica, che si sono riversati subito sulla via Emilia appena viste le cariche e la partenza di tre camion; uno di questi travolge tre facchini ed uno perde i sensi. La via Emilia è ora bloccata in attesa delle ambulanze, il clima è teso e quasi surreale, mentre la Digos provoca dicendo che i feriti stanno bene e possono rialzarsi. Un paio di celerini, però, ci avvicinano per dirci addirittura che facciamo bene, che la nostra lotta è giusta. Altri camionisti fermi nel piazzale inveiscono contro il collega chiamato “infame” e ci dicono di esser consapevoli di guidare un mezzo che può uccidere.

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Dopo l’arrivo della terza ambulanza il blocco della via Emilia finisce; lo sciopero continua ed ha senz’altro fatto sentire il proprio peso alla controparte, mentre i facchini presenti hanno imparato ad alzare la testa. C’è una breve assemblea nel piazzale davanti a Coop Adriatica, da cui i camion sono usciti vuoti non essendoci nessuno a caricarli. I facchini inneggiano al SI Cobas, ma ascoltano anche con attenzione l’intervento di un nostro militante che li invita a dare continuità allo sciopero e a cercare collegamenti con altre categorie di lavoratori. Già prima era stato applaudito un intervento di un operaio che aveva giustamente sottolineato come i protagonisti della lotta fossero finalmente gli operai, non i sindacati (anche il SICobas), senza la loro determinazione non avrebbe potuto fare nulla, anche noi avremmo continuato ad aspettare impazienti qualche concreto esempio di lotta di classe; stavolta l’abbiamo visto, abbiamo visto tutti come si conduce una lotta, dunque non possiamo che complimentarci con la tenacia dimostrata dai facchini. Anche a livello nazionale lo sciopero ha avuto una massiccia adesione, sono stati bloccati centinaia di magazzini della logistica; ma ad Anzola abbiamo visto qualcosa di più.

A tutti i facchini della logistica, ai camionisti solidali, ai compagni, ai lavoratori di altri settori ed agli studenti che hanno supportato il picchetto va il nostro saluto e l’invito a continuare ad esprimere la nostra solidarietà, a supportare gli scioperi futuri di tutte le categorie che lottando con determinazione e coraggio. È la strada obbligata che la classe proletaria deve intraprendere unita, per difendere i salari, il posto di lavoro, la salute e la vita, messi sempre più a repentaglio da un sistema feroce, il capitalismo, stretto nella sua crisi. E questo sistema non ci risparmierà se non saremo alla fine capaci di organizzarci per distruggerlo e costruirne uno senza profitti…

Per l’auto-organizzazione delle lotte, oltre (e contro) la logica e le divisioni sindacali e categoriali. Organizziamoci andando oltre le strutture sindacali stesse.

Per l’unità di classe, c’è una picket line che unisce la via Emilia al resto del mondo, noi siamo su questa linea di fuoco, con le lotte dei proletari di ogni categoria e di ogni paese, in primo luogo con quelli a cui ci troviamo territorialmente più vicini, ma senza mai dimenticare gli altri.

L’invito che rivolgiamo ai lavoratori più coscienti è ad impegnarsi verso la costruzione e il radicamento di un riferimento politico per i lavoratori, il Partito di classe. Per il partito rivoluzionario, necessariamente internazionale ed internazionalista; perché per sconfiggere i padroni, organizzati in un sistema internazionale, dobbiamo essere altrettanto organizzati e superare le barriere nazionali ed i nazionalismi di ogni tipo.

Per costruire la prospettiva della rivoluzione sociale ed il potere nelle mani dei lavoratori, qui come nel resto del mondo, perché lo Stato non è riformabile, perché dobbiamo trasformare tutto e costruire una società basata sui bisogni di tutti e tutte, non sui profitti di pochi sfruttatori.

Se questo a molti può sembrare solo un sogno, noi preferiamo organizzarci già, nel nostro piccolo, per realizzarlo.

Perché non vogliamo più sprofondare nell’incubo di guerre, sfruttamento, repressione, miseria e disoccupazione che ci sta regalando a piene mani e sempre più ci regalerà in ogni angolo del pianeta l’attuale sistema economico, il capitalismo. Noi ne abbiamo abbastanza… e tu?

Martedì, April 2, 2013