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Home ›Il gioco degli sfratti
Vogliamo raccontare, in questo articolo, di una situazione che ci riguarda direttamente, ma che oltre noi colpisce una miriade di associazioni a Roma, come su tutto il territorio nazionale.
Nella nostra sede della capitale – in via Efeso 2, Basilica S. Paolo – il contratto di concessione con il comune di Roma è scaduto nel 2013 e, nonostante avessimo apprestato tutti i documenti del caso, il comune per anni non ci ha fatto sapere più nulla. Da poche settimane è arrivata a noi, come a centinaia di altre associazioni, la nuova proposta contrattuale: con il nuovo contratto l’affitto verrà quintuplicato e che dovrà essere pagata anche la differenza tra la cifra pagata dal 2013 e la nuova, in tutto qualche decina di migliaia di euro. Tra mensile quintuplicato e arretrati da pagare sull’unghia si tratta di una situazione… insostenibile e questo nonostante la sede sia condivida con altri gruppi di vario genere.
Il medesimo provvedimento, con richieste anche di centinaia di migliaia di euro, ha colpito un numero sconsiderato di associazioni culturali, circa 800 nella sola capitale. Basti pensare al centro culturale Mario Mieli, con cui peraltro condividiamo l’edificio, noto per la sua attività in favore dei “diritti” lgbt e che ospita varie iniziative di carattere sociale e “solidale” a cui sono stati richiesti oltre centomila euro di affitti arretrati, oppure ad associazioni quali A Roma Insieme-Leda Colombini che si occupa del supporto dei bambini con la madre in carcere, Focus-Casa dei Diritti Sociali e se ne potrebbero elencare molte, molte altre.
Le radici di questa ondata di provvedimenti si possono ricondurre alla delibera 140 della Giunta Marino e del Commissario Tronca atta a definire le "linee guida per il riordino del patrimonio indisponibile in concessione". Si ricordi il caso mediatico di “affittopoli”, che fece grande scalpore poiché abitazioni di grande valore commerciale di proprietà del Comune di Roma venivano concesse a prezzi irrisori, peraltro a persone abbienti, mentre le casse della città erano in rosso. Ebbene le conseguenze risolutive, atte ad evitare gli sprechi, ebbero poi, finito il clamore mediatico che le aveva preparate, come bersaglio associazioni e gruppi che in molti casi usufruiscono di locali spesso precedentemente inutilizzati e che hanno contribuito a mettere in sicurezza solo ed esclusivamente con interventi propri.
Non è difficile immaginare quale sarà il destino di questi spazi che, qualora le cose dovessero procedere così, molto probabilmente verrebbero lasciati cadere in disuso a marcire, mentre oggi rappresentano – spesso i soli – luoghi di incontro per i cittadini e in molti casi forniscono servizi estremamente utili per l’intera comunità. Alcuni dei gruppi oggi sotto sfratto, come quelli già descritti sopra, forniscono servizi di assistenza volontaria ai senzatetto a Termini, come il caso di “Per la strada”, oppure sono centri antiviolenza, servizi di ripetizioni gratuite, gruppi teatrali etc.
Dettato dalla legge del profitto questo provvedimento atto al recupero del “bene comune”, si trasforma in repressione che annulla la nostra possibilità di avere spazi di discussione, di svago, di sport o di semplice socialità. L’arma della legalità e della regolamentazione, accompagnata dalla solita esigenza di “far quadrare i conti” è una modalità comune attraverso la quale la borghesia giustifica licenziamenti, riforme, sgomberi, ecc.
Riteniamo questo un esempio chiaro di come le leggi della struttura economica in crisi si manifestano sulla sovrastruttura (in questo caso gli spazi di aggregazione sociale a canone controllato) provocando crescente imbarbarimento e perdita progressiva degli spazi di aggregazione e “affermazione umana”, e questo non per un calcolo o un piano, ma, semplicemente, come riflesso dello svilupparsi delle leggi proprie del ciclo di accumulazione capitalista.
Questa condizione, salvo clamorose e sempre auspicate svolte – che però non metterebbero in discussione l’impianto analitico di base di questo articolo – per noi si tradurrà nella perdita della sede di Roma, con tutto quello che ne consegue. Ma vogliamo comunque tranquillizzare il nostro lettore, perché non sarà così facile liberarsi di noi, al momento della stesura di questo articolo la lettera ufficiale non è ancora arrivata e anche quando arriverà faremo comunque tutto il possibile per mantenere la sede attuale. In ogni caso, se si rendesse esecutivo l’ordine di sgombero ci riuniremmo per strada o ovunque sarà possibile e continueremo l’attività che da anni svolgiamo e continuiamo a svolgere… contro venti e maree.
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