Un altro volonteroso becchino del socialismo

Formenti non ha il minimo dubbio: categorico, e “liquidatorio”, è il suo giudizio sul destino storico di “tutte” le sinistre. Anche le sedicenti “radicali”, scrive, e qui fa un fascio unico comprendendovi quella corrente che ben conosce (seppure solo in versione bordighista) e la cui “storia” nulla ha da spartire, se non in diretto e concreto senso antagonista, con tutte le altre mistificazioni che in proposito circolano da decenni.

Leggiamo che non solo il movimento operaio “ottocentesco”, ma anche quello “novecentesco” sarebbe morto (esperienze, principi, valori…). Già, ma si tratterebbe di quanti hanno seguito le ombre del pensiero di un Gramsc (o addirittura di uno Stalin e soci!), il quale, coi principi del marxismo, non aveva nulla a che fare (se non nelle apparenze – e questo non lo precisa certamente Formenti…). Proprio quel Gramsci che - nella fase dei Quaderni dal carcere – ha dimostrato chiaramente quanto il suo pensiero (filosofico) avesse rotto definitivamente con Marx. Non parliamo poi di critica economica, sulla quale Gramsci aveva indubbiamente idee piuttosto confuse. Proprio sul tipo di quelle che poi – è Formenti a scriverlo – “saranno inglobate e omologate al sistema”.

Quanto al “cambiare registro” propostoci, sembra proprio che il “nuovo” di cui si parla (ovvero il “socialismo del XXI secolo” che Formenti oggi “ripropone” in alternativa al “caos”), punti su “forze sociali” che per la verità sono la fotocopia di quel “blocco storico” che secondo Gramsci avrebbe dovuto aggregarsi politicamente al seguito della osannata categoria dell’egemonia, nascondendo le pur esistenti contrapposizioni reciproche sia riguardanti gli obiettivi sia le stesse rivendicazioni.

Dulcis in fundo, e proclamandosi “un marxista, ancorché eretico”, Formenti - dopo aver classificato come rivoluzioni socialiste quelle cinesi e cubane (ma potrebbe citarne altre…) reclama il “ripensamento critico di un dogma marxista”: quello dello sviluppo delle forze produttive, proprio quello che farà crollare il capitalismo e ci darà la possibilità (non certo automatica, meccanicamente intesa) di avviare la transizione ad una società comunista. Sarebbe invece – scrive Formenti - un “paradigma” paralizzante, che ci porta a non vedere quel “nuovo blocco sociale anticapitalista” che, unico, ci porterebbe a “fare passi avanti”… Per raggiungere il primo traguardo che lui stesso ci propone: ricostruzione di uno Stato forte (e democratico!) il quale (ecco il “socialismo del XXI secolo”) sia “in grado di controllare il mercato e ridistribuire equamente le opportunità di accesso a un lavoro dignitoso e giustamente retribuito”.

Francamente, si resta allibiti: che razza di “uscita” possa essere questa dal sistema capitalista? E’ certamente il frutto di una “mentalità populista” (e di una “tecnica di comunicazione politica”, precisa Formenti) che a noi – scusate – ci fa rabbrividire… Assieme all’altra formulazione di Formenti: nonostante le “componenti eterogenee di cui è originariamente composto”, il populismo sarebbe “la forma che la lotta di classe assume in questa fase storica”, consentendoci di “approdare” ad una “trasformazione socialista”. Addirittura “per un cambio radicale di sistema e di civiltà”.

Così, “attenendosi alla lezione di Gramsci”, e con un pizzico di “patriottismo rivoluzionario” (di marca Togliattiana…), eccoci nell’anticamera di una riforma dello Stato, uno Stato che sia rispettoso della società civile (e dei rapporti di produzione in essa dominanti?) e delle “istituzioni democratiche” che la suddetta società (sempre divisa in classi?) “creerà” per discutere ed eventualmente opporsi a decisioni “pubbliche” indesiderate.

Sabato, March 30, 2019