Guerra israelo-palestinese, la relazione tenuta a Milano

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Sintesi:

In primo lungo si è ripercorsa brevemente la storia di Israele, dalla proclamazione dello stato (nel maggio del 1948), ai conflitti del 1956, 1967 e 1973 (alla base della tragica condizione dei territori occupati) agli accordi di Oslo-Washington sino al recente patto di Abramo; si è messo in evidenza il ruolo centrale svolto dalle centrali imperialiste sin dalla nascita della nazione, con la contrapposizione, nel corso della guerra fredda, degli Stati Uniti (sostenitori di Israele) e dell’Unione Sovietica (filo-palestinese).

Supporto economico e militare che non è mai venuto meno anche dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, dove Israele continua a giocare un ruolo chiave a sostegno della politica statunitense nella strategica regione del Medio Oriente, in funzione anti-iraniana e quindi anche anti-russa e anti-cinese.

L’aiuto americano è stato determinate per creare, in poco tempo, un paese capitalisticamente avanzato nella regione (sia dal punto di vista agricolo che industriale), con un potente apparato militare (si stima che gli Stati Unti spendano circa 10 milioni di dollari al giorno per sostenere Israele); sull’altro fronte la borghesia palestinese appare invece estremamente debole e per lo più dedita ad attività speculative/finanziare sul mercato internazionale, poco interessata allo sviluppo territoriale e nazionale.

L’attuale crisi determinata dalla pandemia, che ha visto peggiorare drasticamente le già precarie condizioni di vita della maggioranza della popolazione palestinese (in alcune situazioni ai limiti dell’emergenza umanitaria), e la tracotante politica del governo israeliano, sono alla base della recrudescenza del conflitto; guerra che finora sta avvantaggiando i “falchi” di entrambi gli schieramenti, con Netanyahu che sta tentando di ricompattare la destra sotto la sua leadership ed evitare il carcere per corruzione, ed Hamas che vede accrescere il proprio consenso fra i palestinesi, ergendosi ad unica forza in grado di fronteggiare i soprusi dello stato israeliano.

Gli sconfitti (più o meno consapevoli –in considerazioni delle scene di giubilo vissute in questa giornata in Palestina-) sono i proletari di entrambi gli schieramenti, vittime sacrificali dei bombardamenti per “ragion di stato”, carne da cannone per gli interessi delle rispettive borghesie e per le politiche imperialistiche sullo scacchiere internazionale.

L’azione dei comunisti non può che volgersi contro ogni nazionalismo, che non è altro che orpello ideologico con cui lo stato borghese tenta (purtroppo, spesso, efficacemente) di trascinare il proletariato nei propri conflitti in nome dell’interesse “comune”, ossia la difesa della patria; la lotta contro la propria borghesia, contro il proprio stato, costituisce un requisito indispensabile per poter tentare di cambiare l’attuale ordinamento sociale, basato, tanto in Palestina quanto in Israele, sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Domenica, May 23, 2021