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Home ›Le forze dell'ordine borghese e la magistratura contro la lotta di classe proletaria: lo Stato ci ricorda da che parte sta
Prato
Dopo Modena e Piacenza, anche a Prato le forze dell'ordine borghese hanno colpito lavoratori del SiCobas in lotta contro i licenziamenti, sgomberando brutalmente il presidio davanti all'azienda, portando in questura sette operai e una sindacalista. In seguito, sono stati rilasciati in seguito alla mobilitazione di lavoratori del territorio e solidali.
A conferma di ciò che abbiamo già scritto a proposito di Modena e Piacenza, oramai la borghesia non tollera nessun tipo di rivendicazione che porti ad un minimo di miglioramento delle condizioni economiche e dei carichi di lavoro per i lavoratori. Ad una crisi sempre più... crisi, i padroni rispondono riponendo la carota (peraltro sempre più avvizzita) a favore del solo bastone. La brutalità delle forze dell'ordine borghese contro i lavoratori a Prato, non sarà certamente l'ultimo episodio di questo genere, se la classe, anche in ordine sparso, dovesse rialzare la testa sotto le sferzate della crisi, del peggioramento delle condizioni di lavoro e quindi del tenore di vita.
Queste lotte, se pur generose e degne – inutile dirlo - di sostegno e solidarietà da parte nostra, fintanto che rimarranno sul binario sindacale/rivendicativo, sono destinate inevitabilmente ad essere riassorbite con le buone o con le cattive, all'interno delle compatibilità di questo sistema.
Modena
Solidarietà ai lavoratori/trici del Si Cobas di Italpizza
Sulla scandalosa decisione del tribunale di Modena: l'azienda diventa Stato
La decisione del tribunale di Modena, che dà alla azienda la possibilità di costituirsi parte civile e addossa al Si Cobas il pagamento di “almeno 500.000” euro di danni a favore di Italpizza, per le lotte sindacali contro l'azienda stessa, ha dell'incredibile da un punto di vista giuridico – anche se, per quanto riguarda la richiesta di risarcimento, non è il primo caso - ed è politicamente molto preoccupante. In questi casi molto dipende dal giudice, ma questa volta ci sono due fattori che stanno sullo sfondo. Il primo, forse meno importante, ma che, comunque, rappresenta un cattivo segnale, è la netta vittoria della destra avvenuta alla vigilia della sentenza, vittoria che può aver influenzato quella parte della magistratura da sempre legata alla destra istituzionale e non, per cogliere la palla al balzo e e predisporre atti giudiziari che non hanno riscontro nella giurisprudenza italiana. Il secondo, molto più grave, è rappresentato dalla paura della borghesia più becera e destrorsa di spingere per processi esemplari, in previsione di tempi bui. Anche gli analisti meno pessimisti paventano anni di recessione, di maggiore indebitamento dello Stato e una incontrollabile inflazione. In aggiunta, gli stessi analisti paventano un aumento delle tasse, un incremento del costo del danaro, tagli alla sanità e alla scuola, chiusure di fabbriche con relativi licenziamenti. Il tutto in un tessuto sociale debole, labile e in prospettiva pronto a scoppiare. Cosa che, se avvenisse, metterebbe ulteriormente in crisi una struttura produttiva già pesantemente compromessa. E allora il singolo episodio di Modena cessa di essere un esempio di aberrazione giuridica, una “libera” interpretazione di un singolo magistrato, per diventare nell'immediato futuro, una prassi della magistratura borghese per prevenire e/o reprimere qualsiasi alzata di testa della classe proletaria, perché il capitalismo italiano (in questo specifico caso, ma lo stesso vale altrove) non può permettersi una ripresa della lotta di classe, pena un suo pesante declassamento su scala europea, senza contare che in un clima di crisi come quello che si preannuncia, qualsiasi episodio di ripresa di lotta di classe, potrebbe sfuggire dagli argini sindacali, per assumere livelli politici che qualunque borghesia si imporrebbe di bloccare sin dagli inizi, finendo per colpire tutte quelle avanguardie rivoluzionarie che ne favorissero la maturazione.
Solidarietà dunque ai lavoratori del SI Cobas, ma anche un grido di allarme: se non si passa su di un terreno di scontro politico per una alternativa sociale sotto la guida di una struttura rivoluzionaria, non solo episodi come questi sono destinati a continuare, ma l'eventuale stessa ripresa della lotta di classe è destinata a rimanere sul terreno rivendicativo e ad essere riassorbita dal sistema, magari a colpi di manganellate oltre che da sentenze scandalose.
Piacenza
In questa città, l'11 ottobre, tre operai sono stati condannati a un mese di carcere per “violenza” e “manifestazione non autorizzata” che, secondo la sentenza, sarebbero state compiute durante uno sciopero contro un'impresa che non aveva pagato liquidazioni e salari arretrati. Sì, il fatto è doppiamente grave. Innanzitutto perché la sentenza rientra in quella atmosfera di intimidazione che già abbiamo denunciato per i fatti dell'Italpizza. Secondariamente perché la legge in base alla quale tre operai della logistica di Piacenza sono stati condannati ad un mese di carcere è stata firmata a suo tempo dagli stessi sindacati. Infine la risposta del USB,in chiave giuridico-sindacalese, esce da ogni scenario di lotta di classe per rimanere sul terreno meramente difensivo, sia in termini giuridici, sia in termini politici.
Quanto male fanno alla classe, alle sue lotte spontanee questi sindacati di base che costringono la base stessa alla logica borghese appellandosi ad una cattiva interpretazione della legge, come se la legge borghese, posta ad argine degli interessi del capitale, potesse essere diversa da quella che è e che, magari, se “diversamente” interpretata, potesse difendere gli interessi economici dei lavoratori. Anche per i fatti di Piacenza va la nostra solidarietà a quegli operai che sono stati oggetto della legge borghese e, a maggior ragione vale il discorso politico sopra citato per i fatti di Modena.
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