Nel mondo della borghesia non esistono disastri naturali

Può sembrare un'affermazione paradossale, frutto di fanatismo ideologico, ma ormai è una verità lapalissiana, assodata da numerosi studi scientifici, i quali mettono in rapporto diretto i disastri che si abbattono a ritmo sempre più incalzante sul Pianeta, con le attività antropiche. Non per niente, molti scienziati parlano di Antropocene, cioè di una nuova era in cui è entrata la Terra (tutti gli esseri viventi, non solo l'animale detto sapiens) da due secoli circa. Il discorso è in genere riferito al drammatico cambiamento climatico ormai in atto, ma vale anche per altre catastrofi in cui la mano dell' «uomo» ha un ruolo primario nella montagna di sofferenza e di morte che producono.

Il terremoto che ha colpito l'area al confine tra Turchia e Siria ne è un'altra tragica dimostrazione.

Qualcuno potrebbe anche dire che il movimento della placche continentali, all'origine del sisma, non si può fermare, il che è vero, anzi, banale, ma si possono, se non evitare del tutto, almeno attenuare anche in maniera significativa le conseguenze dei movimenti geologici sulle persone. Esse, infatti, vivono in determinati contesti economico-politico-sociali, e sono questi, in ultima analisi, che influiscono, per non dire determinano, sulla conta delle vittime e delle distruzioni. Ma le formazioni sociali in cui “l'uomo” vive oggi sono quelle disegnate dal capitalismo, in cui l'unica cosa che conta è l'accumulazione di denaro, di profitto estorto con lo sfruttamento del lavoro salariato, e le sue metamorfosi in interesse e rendita fondiaria. Allora, il termine Antropocene, perché non rimanga una parola suggestiva ma troppo generica, deve essere precisato, riempito di senso con quello di “capitalocene”, brutto neologismo che però individua materialisticamente il responsabile delle conseguenze dei fenomeni “naturali” che si abbattono sugli esseri viventi: il capitale e la classe che lo gestisce, la borghesia.

Fin dalle prime immagini che giungevano dalle zone terremotate, era evidente anche ai non esperti (1) che la grande maggioranza degli edifici distrutti – non solo quelli vecchi, ma anche quelli più recenti – è stata costruita in spregio alle regole dell'edilizia antisismica, perché in mezzo alla distesa di macerie qui e là svettano palazzi sostanzialmente intatti. Un motivo ci sarà, che non può essere individuato solo nel caso e nella fortuna. Il motivo è facilmente intuibile: quei pochi edifici rimasti in piedi sono stati costruiti rispettando le norme imposte dall'ingegneria edile, soprattutto in zone altamente sismiche. Tutto il resto è vittima, più che del terremoto, dell'ultradecennale e criminale politica urbanistica seguita dai governi, non ultimo quello ventennale del “sultano” Erdogan, basata sulle sanatorie, sui condoni edilizi, sulla mano libera lasciata alla speculazione edilizia, sul solito lercio scambio tra le cricche borghesi che amministrano il potere statale e quelle che fanno i soldi (col sudore degli altri, naturalmente) per la felicità di entrambe. I cui ruoli, per altro, sono intercambiabili. Mazzette e corruzione diffusissime in Turchia ridicolizzano ogni normativa edilizia moderna, che rimane sulla carta, tanto che la borghesia anatolica, in un'ipotetica gara di corruzione, non sfigurerebbe con quella italiana, soprattutto dei “tempi d'oro” della Democrazia Cristiana. Ma è inutile e anche fuorviante fare queste graduatorie, perché là dove domina il denaro (cioè dappertutto) la corruzione e l'infrazione delle stesse leggi borghesi non possono essere eliminate, al massimo, a seconda del contesto, più o meno contenute. Tanto per fare un esempio, anche nella culla della civiltà e della democrazia borghese, il Regno Unito, la sua compassata (?) borghesia non si fa mancare scandali legati a episodi di corruzione.

Dunque, i governi turchi che non hanno lesinato sulle sanatorie e i condoni, (quanta atmosfera di casa nostra in tutto questo...) per incoraggiare la speculazione urbana (2), hanno invece risparmiato sulle misure di intervento da mettere in campo in occasione di eventi drammatici come il terremoto del 6 febbraio. Le pesanti inefficienze, i ritardi dei soccorsi, con le conseguenti gravissime difficoltà che si trovano ad affrontare i superstiti, sono fatti conclamati, che la visita “compassionevole” e alquanto pelosa del “rais” Erdogan non può nascondere (3), nonostante la repressione attuata dal regime contro chi si azzarda, coraggiosamente, a denunciare le colpevoli, macroscopiche falle negli aiuti alle popolazioni.

Dall'altra parte del confine, in Siria, le cose vanno, se possibile, ancora peggio.

Undici anni di guerra, di bombardamenti, di terrore praticato dai vari gruppi islamisti (Al Qaeda, Al Nusra) appoggiati dal governo turco, da ciò che rimane del Califfato, hanno ridotto allo stremo la popolazione, tant'è vero che, secondo fonti dell'ONU, circa tre milioni di siriani soffrono la fame e altri dodici corrono seriamente il rischio di subire la stessa sorte. Per non dire dei milioni di rifugiati all'estero (4) e degli sfollati interni, che ammontano a non meno di cinque milioni.

Di più, il colera serpeggia in alcune zone terremotate e le condizioni meteorologiche, degne dell'Europa centrale di un tempo, rendono letteralmente insopportabili le condizioni di chi deve sopravvivere alla pioggia, alla neve, al gelo senza neanche il debolissimo riparo di una tenda. In città come Aleppo, praticamente rasa al suolo dalla guerra “civile”, i pochi edifici rimasti in piedi, già pericolanti perché danneggiati dalle bombe, sono diventati ancor più pericolosi e non possono offrire nessun rifugio, per quanto precario. La guerra, frutto dello scontro imperialista diretto e per procura (5), ha insomma preparato il terreno perché la popolazione siriana – in primo luogo, ovviamente, il proletariato – andasse incontro a una tempesta perfetta – se è lecito, in una tragedia simile, usare una metafora cinematografica – di dolore e di lutti. Le sanzioni occidentali applicate all'autocrate Assad – ma non, naturalmente, al non meno autocrate Erdogan – come sempre hanno inciso ben poco sull'alta borghesia siriana e quindi sulla cricca al potere, invece hanno reso molto difficile la vita al proletariato e agli strati sociali più bassi della popolazione. Ciliegia amarissima su questa torta di sofferenze proletarie e popolari, le sanzioni stanno ritardando l'invio di soccorsi internazionali, al contrario di quanto avviene per la Turchia, e se, ad alcuni giorni dal sisma, sembra che siano state parzialmente e temporaneamente sospese, di certo l'efficacia dei pochi aiuti esteri che arriveranno sarà in gran parte vanificata dal caos che regna in quei territori, dalla corruzione che imperversa anche da quel lato del confine e dalla feroce avidità dei gruppi islamisti, sempre protesi verso il loro paradiso, ma per niente insensibili alle ricchezze di questa terra...

Con il terremoto fra Siria e Turchia, la borghesia internazionale e le sue sezioni territoriali si sono guadagnate un'altra medaglia all'infamia, che solo la rivoluzione proletaria per il comunismo potrà strappare dai loro petti.

Sì, nessuno può fermare lo spostamento delle placche tettoniche, ma il proletariato può arrestare la corsa alla distruzione e alla morte di questo criminogeno sistema sociale una volta per tutte, purché, finalmente, ritrovi se stesso.

cb

Note:

(1) Come ha giustamente rilevato Mario Tozzi, geologo e curatore di trasmissioni televisive a carattere scientifico.

(2) Che è parte della crescita economica avvenuta non da ultimo sull'onda delle delocalizzazioni occidentali e degli investimenti esteri. Oggi, quel “boom” economico presenta non pochi problemi, che rendono la situazione ancor più pesante.

(3) Così come l'incriminazione di alcuni costruttori è solo fuffa, fumo negli occhi per dirottare la rabbia e lo sdegno verso facili capri espiatori e coprire le pesantissime responabilità degli apparati dello stato, a cominciare da Erdogan.

(4) Un milione in Libano, tre milioni in Turchia che, come ogni taglieggiatore che si rispetti, si è fatta dare sei miliardi di euro dalla UE per non farli andare in Europa.

(5) Tra gli imperialismi d'area turco e israeliano e quello americano, russo, cinese, coi rispettivi alleati, i tagliagole islamisti sunniti, Iran, Hezbollah.

Lunedì, February 13, 2023