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Home ›Il capitale è contento di alimentare gli incendi in Nord America
Gli incendi hanno fatto sfollare dall'inizio di quest'anno al 21 luglio almeno 120.000 persone e bruciato oltre 100.000 km quadrati dalla Columbia Britannica al Quebec, con ulteriori incendi in arrivo. La fine di giugno si è caratterizzata per mostrare l'intera costa Est avvolta da un fumo apocalittico, visibile fin oltre il confine; gli effetti si sono fatti sentire anche nel Midwest americano e nell'Europa occidentale. Montreal e New York hanno registrato per un breve periodo la peggiore qualità dell'aria al mondo: l'inquinamento atmosferico causa già ogni anno milioni di morti tra i più poveri del mondo, in città come Shanghai, Johannesburg e Lima. Il rischio combinato di soffocamento o incendi boschivi non è più limitato alle attività industriali locali. Gli incendi di quest'anno ci ricordano che questi effetti sono globalizzati e rappresentano una minaccia urgente per la sopravvivenza dell'umanità. La radice di questa catastrofe è il sistema capitalista, che come un apprendista stregone ha formulato un incantesimo per animare l'industria, che è poi sfuggita al suo controllo e ora sta causando il caos in tutto il mondo. L'unica via d'uscita è che la classe lavoratrice si unisca per porre fine al capitalismo, per evitare che la Terra si trasformi in una landa desolata e fermare ciò che esso ha scatenato.
Il ciclo di fenomeni meteorologici estremi è un fatto accertato da decenni. Le emissioni di gas serra derivano dalla produzione e dal consumo di combustibili fossili, che a loro volta creano le condizioni per una crescita delle temperature in tutto il mondo. Gli incendi boschivi diventano più frequenti con le stagioni secche a causa dell'aumento delle temperature. In genere, gli incendi sono essenziali per la foresta boreale, in quanto svolgono un ruolo fondamentale nella semina dei letti forestali. Il prolungarsi delle stagioni secche sconvolge questa funzione, consentendo agli incendi boschivi di iniziare prima e di diffondersi più ampiamente, mettendo in moto un circolo vizioso. Quando le foreste bruciano, rilasciano quantità significative di CO2 nell'atmosfera, con il duplice effetto di contribuire alle emissioni e di ridurre la capacità globale di assorbimento delle emissioni stesse. In condizioni normali, questo effetto è mitigato dal fatto che le foreste nascono e bruciano a un ritmo sostenibile. A causa dell'aumento delle temperature medie in tutto il mondo, però, le stagioni degli incendi stanno diventando più lunghe e più intense, il che aumenta le emissioni rilasciate e diminuisce la superficie coperta dalle foreste. Il ciclo di combustione e semina perde equilibrio e inizia ad accelerare il riscaldamento globale. L'origine di questo ciclo infernale, tuttavia, non deriva solo dall'industria del petrolio e del gas, come vorrebbero far credere alcuni movimenti ambientalisti. Piuttosto, queste catastrofi sono guidate da un sistema di produzione per il profitto, per il quale la Terra stessa deve essere spogliata e resa inabitabile per ottenere rapidi guadagni. Man mano che questo sistema si espande, avvolge tutte le industrie e le imprese in un rapporto di reciproca interdipendenza che è dato dalla realizzazione del modo di produzione capitalistico. Parlare di casi individuali significa quindi vedere gli alberi ma non la foresta: non sono i cattivi capitalisti, ma la classe del capitale nel suo insieme che anima l'industria e conduce al disastro ecologico.
I maggiori inquinatori sono spesso i produttori di idrocarburi: aziende private come Exxon Mobil e BP, ma anche imprese statali come Aramco e Gazprom. Questo è confermato dalla produzione che garantisce un ritorno sicuro dal punto di vista degli investimenti. Dall'Accordo di Parigi del 2015, le 60 maggiori banche del mondo hanno investito 3,8 trilioni di dollari nei combustibili fossili.
Tuttavia, è la produzione, oltre al consumo industriale, a contribuire maggiormente alle emissioni. Dal 1990, le emissioni globali sono quasi raddoppiate nel settore manifatturiero e delle costruzioni (3,95 miliardi di tonnellate contro 6,25 miliardi di tonnellate di CO2), nella produzione di elettricità e riscaldamento a livello industriale (8,59 miliardi di tonnellate contro 15,76 miliardi di tonnellate), nei trasporti (4,61 miliardi di tonnellate contro 8,22 miliardi di tonnellate) e triplicate nei processi industriali diretti (500 milioni di tonnellate contro 1,61 miliardi di tonnellate).
Produzione e consumo formano quindi una relazione di dipendenza reciproca. Mentre la produzione aumenta e garantisce i ritorni, cioè i profitti sugli investimenti di capitale, le industrie che dipendono dal consumo di combustibili fossili possono fare affidamento su questi ultimi per garantire la loro crescita. Questa interdipendenza è animata dalla legge del capitale, poiché senza la redditività e i profitti della produzione, i consumi necessari a garantire la redditività di intere industrie crollerebbero. In un sistema in cui la redditività è l'unico incentivo, la catastrofe climatica è inevitabile. Il capitalismo è incapace di cambiare traiettoria, offrendo solo la possibilità di scegliere la velocità di accumulo delle emissioni, ma mai di fermare il processo stesso. Con il solo incentivo a produrre profitti sempre maggiori, l'unico futuro del capitalismo è una landa desolata. Negli ultimi decenni, sempre più capitali sono stati riversati nel petrolio e nel gas, mentre la guerra imperialista incoraggia la speculazione e il profitto, dalla Guerra del Golfo all'attuale guerra in Ucraina. Il sistema capitalista può solo intensificare il ciclo del disastro ecologico, non può mai farlo cessare.
Per illustrare un caso di studio, l'interdipendenza tra produzione e consumo come catalizzatore del cambiamento climatico è più che evidente in Canada. Il petrolio e il gas rappresentano attualmente il 7,8% del PIL, il 23% delle esportazioni e contribuiscono al 26% delle emissioni canadesi. L'industria fornisce una base per gli investimenti e si è dimostrata particolarmente redditizia durante i periodi di maggiore rivalità imperialista, dall'invasione statunitense dell'Iraq fino all'invasione russa dell'Ucraina. I prezzi salgono, i profitti sono garantiti e una mano lava l'altra. Proprio all'inizio di quest'anno, l'Associazione canadese dei produttori di petrolio ha espresso il proprio sollievo per il fatto che gli investimenti nel settore aumenteranno dell'11%, portando a una proiezione di investimento totale annuo di 40 miliardi di dollari canadesi. A causa dell'inscindibilità tra capitale e crisi climatica, i lavoratori non hanno la possibilità di liberarsi dallo Stato borghese. I legami tra finanza, industria e produzione di combustibili fossili sono forgiati dalla sete di profitto del capitale e dal maggiore sfruttamento della classe operaia, reso ancora più disperato dal momento che l'economia mondiale è indirizzata verso la crisi. Lo Stato sovraintende questo processo, che a sua volta rivela la sua funzione di estensione del dominio borghese e di becchino degli ecosistemi terrestri.
Inoltre, il fallimento delle soluzioni del capitalismo è particolarmente evidente in Canada. Non potendo fare altro che agire secondo gli interessi del capitale, la classe dominante vorrebbe che noi negoziassimo incentivi e sostegni.
I piani attuali ci forniscono una lista di proposte e promesse che equivalgono a delle concessioni alle industrie inquinanti, se non a veri e propri incentivi all'aumento delle emissioni. Ad esempio, come indicato nel Piano di riduzione delle emissioni 2030, l'obiettivo è di investire 319 milioni di dollari in ricerca e sviluppo e 194 milioni di dollari per promuovere la tecnologia di cattura del carbonio. Questo nonostante le ripetute indicazioni che queste tecnologie semplicemente non funzionano. Come dimostrato in un rapporto del Bulletin of the Atomic Scientists, la maggior parte della tecnologia di cattura del carbonio viene destinata a spingere fuori più petrolio dai pozzi esauriti, mentre solo il 10-20% corrisponde allo smaltimento effettivo. Inoltre, fino al 90% delle emissioni di petrolio e gas non derivano dall'estrazione, ma dal consumo, che queste tecnologie non sono in grado di mitigare (quando funzionano - quasi il 90% della cattura del carbonio a livello globale non è stato implementato o è stato sospeso in anticipo). Nella narrazione dominante, queste tecnologie non sono che un cavallo di Troia. Con la scusa della mitigazione delle emissioni, sono in realtà uno strumento fondamentale per rendere più efficiente la produzione di petrolio e gas. In questo modo, lo Stato capitalista compensa i costi per rendere più redditizia la produzione di petrolio e gas. Ciò è ulteriormente dimostrato dai piani di investimento e di espansione del sistema dei crediti di carbonio, che è solo un mezzo per aumentare le emissioni e i profitti per i soggetti coinvolti.
Il sistema economico capitalista è deciso a rendere il nostro ambiente un inferno, e siamo solo di fronte alla punta dell'iceberg. La ricerca di sempre maggiori profitti tiene il capitale legato all'ulteriore produzione di combustibili fossili, condannandoci così a innumerevoli futuri disastri "naturali". Inoltre, la concorrenza che interessa l'estrazione dei combustibili fossili e la politica di mitigazione delle loro emissioni è legata alle tensioni inter-imperialiste e alla tendenza dell'imperialismo globale a spingere verso la guerra. Per una discussione approfondita del legame tra imperialismo, distruzione dell'ambiente e la risibile scusa della politica ambientale del capitale, chiediamo al lettore di aspettare l’imminente articolo nel prossimo numero di 1919. Per il momento però, è sufficiente dire che la nostra classe può salvarsi dal prossimo collasso ambientale solo prendendo l’iniziativa e lottando per un sistema che organizzi la produzione intorno ai bisogni e non alla produzione cieca. In questo senso, la classe operaia dovrà formare un partito rivoluzionario in grado di indicare coerentemente il prossimo passo da compiere. C'è molto da ripulire, e il primo punto all'ordine del giorno è spazzare via la classe capitalista e tutto il suo marcio sistema!
Klasbatalo23 luglio 2023
Note:
Immagine: Anthony Quintano (CC BY 2.0), commons.wikimedia.org
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