Le tante vie della controrivoluzione

Le vie della controrivoluzione sono infinite, quasi come quelle della Provvidenza.

Ne è ennesimo esempio un articolo della e sulla cosiddetta resistenza del popolo palestinese, pubblicato sul sito del SiCobas-Pungolo rosso1 mente teorica, quest'ultimo, del sindacato stesso.

Sicuramente, molta gente della sinistra “antagonista” si scandalizzerà vedendo definire

controrivoluzionario il SiCobas (e compagnia cantante), dirigente, com'è noto, di vertenze sindacali anche dure, spesso oggetto – all'ingrosso e al minuto - della repressione statale, per scoraggiare e colpire uno dei settori di classe più combattivi. Ma se si vuole assumere un impegno coerentemente anticapitalista, non basta la buona fede individuale, non basta spendersi generosamente a sostegno degli operai della logistica in lotta contro condizioni particolarmente brutali di sfruttamento.

Primo, bisogna dare alle lotte una prospettiva politica che superi il sindacalismo ossia che metta in discussione l'intera società borghese, anche se è ovviamente fondamentale la lotta sul posto di lavoro.

Ma limitarsi al sindacalismo – come fanno appunto i sindacati “alternativi” e consorti – significa, di fatto, accettare quale orizzonte invalicabile il rapporto lavoro salariato-capitale.

Secondo, non per importanza, denunciare i rapporti di sfruttamento che sostengono il mondo della borghesia, vuol dire, se si è coerenti, denunciare tutte le fazioni borghesi, non da ultimo se una di queste si proclama rappresentane di un “popolo” particolarmente violentato da un'altra borghesia, quella più forte in un determinato scenario geo-politico - come si dice oggi, che noi però chiamiamo imperialista- com'è il caso della regione israelo-palestinese.

Dunque, in riferimento all'articolo e all'introduzione che lo precede, la convinzione è che si tratta non di una lotta vincente degli schiavi, un atto contro l'imperialismo occidentale, ma del trionfo dell'idiozia politica. Gli autori e i divulgatori di un simile articolo spacciano il 7 ottobre come una vittoria, quando invece si sta dimostrando la più grande tragedia in cui il popolo palestinese è stato trascinato, e proprio da Hamas, ovvero dalla rappresentanza politica della sua borghesia. Ci vendono Hamas come la forza politica che avrebbe intelligentemente concepito l'attacco contro il sionismo, nascondendo che i dirigenti di una organizzazione islamo-fascista, alla faccia degli interessi dei palestinesi (dei proletari e dei diseredati), si è comportata come il cagnolino ubbidiente dell'imperialismo iraniano dal quale riceve armi e finanziamenti. E' criminale parlare di internazionalismo, di lotta all'imperialismo, di guerra alla guerra quando si schiera il proprio proletariato su di un fronte dell'imperialismo a fianco della propria borghesia corrotta a parassitaria. Borghesia che, oltre tutto, ha esposto il suo proletariato ad un annunciato ed inevitabile genocidio per interessi che sono soltanto dei capi di Hamas, che vivono ben al di fuori delle macerie di Gaza e di Khan Yunis, che si aggirano nei palazzi di marmo del Qatar e campano con i soldi di al Thani e di Teheran, dei quali sono a servizio ben remunerato. Altro che vittoria degli schiavi! Così facendo, non solo si consente un massacro inumano da parte dell’avversario e della sua omicida borghesia, ma non si pongono nemmeno le minime basi per una vera ripresa della lotta di classe che faccia di questi schiavi salariali lo strumento di lotta contro ogni borghesia, ogni guerra, ogni sostegno alla propria borghesia e non il mezzo corrotto e perverso che l’avversario di classe usa a suo piacimento per i suoi capitalistici interessi.

1Vedi: sicobas.org

Venerdì, February 23, 2024