Sul movimento delle “tende” nei campus universitari 

Premessa: sintetica contestualizzazione storica della questione palestinese

Dopo otto mesi di bombardamenti spietati, accompagnati dal blocco degli aiuti umanitari, gli orrori dell'attacco israeliano a Gaza hanno quasi cancellato il ricordo dei feroci attacchi di Hamas e dei suoi alleati jihadisti del 7 ottobre dello scorso anno. Il conflitto asimmetrico significa che i morti e i feriti palestinesi sono, come sempre, molti di più delle vittime israeliane. Le manifestazioni in tutto il mondo a favore della causa palestinese sono anche motivate dall'ingiustizia storica dell'espropriazione dei palestinesi nel 1948 (la Nakba). Come abbiamo raccontato altrove1 , ciò è stato possibile solo grazie a un preciso momento della storia dell'imperialismo, in cui le due principali potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale gareggiarono tra loro per essere sponsor di una “patria” per gli ebrei, in seguito, come asserivano, al genocidio nazista. Nel 1948 sia l'URSS che gli USA la consideravano un baluardo per i loro interessi nel Medio Oriente, ricco di petrolio. La borghesia palestinese era divisa e ricevette solo una debole aiuto dalle monarchie arabe, molto più deboli, che erano emerse dai relitti dell'Impero Ottomano trent'anni prima. Le organizzazioni terroristiche ebraiche fecero il resto e i massacri di Deir Yassin, e di altri luoghi, spianarono la strada alla creazione dello Stato di Israele. Da allora la storia è stata in gran parte una storia di attacchi terroristici palestinesi seguiti da attacchi dell'esercito israeliano. Le popolazioni di Gaza e della Cisgiordania sono state schiacciate tra due forze reazionarie per decenni. Ma, come abbiamo scritto lo scorso ottobre, questa volta è diverso. Il sistema capitalistico globale è in profonda crisi, colpisce ogni Stato e acuisce la competizione imperialista. L'attacco della Russia all'Ucraina, dopo anni di accerchiamento da parte della NATO, e il sostegno che ha ricevuto dai paesi che hanno subito le sanzioni occidentali, la Cina e l'Iran, stanno spezzando la (relativamente) accogliente globalizzazione degli ultimi decenni. Con l'Iran che sostiene Hamas e gli Stati Uniti che si ostinano ad armare Israele, la catastrofe umanitaria che si sta creando a Gaza la pone al centro di queste rivalità. E queste rivalità si giocano non solo nelle manifestazioni e contro-dimostrazioni in tutto il mondo, ma ora anche nelle università dell'Occidente.

L'occupazione delle università da parte degli studenti ha l'obiettivo di indurre le istituzioni ad attuare il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) nei confronti di Israele o di qualsiasi azienda o istituzione che abbia rapporti con esso. L'intero obiettivo è quello di utilizzare il "diritto internazionale" (come se si trattasse di una realtà neutra e non di classe) per indebolire lo "Stato colonizzatore dell'apartheid". Dai vari resoconti dei compagni che, dentro e fuori dall'Italia, sono intervenuti nelle occupazioni studentesche è emerso chiaramente che alcuni hanno partecipato per una comprensibile preoccupazione umanitaria per il terribile massacro di Gaza, ma l'effettiva direzione politica delle occupazioni è nelle mani di maoisti, stalinisti e altri – qui definiti genericamente “antagonisti” - che sostengono fondamentalmente il nazionalismo palestinese (e non si parla mai del fascismo islamista di Hamas o del fatto che ha provocato quello che sapeva sarebbe stato un bagno di sangue per tutto il popolo palestinese). I filo Hamas (forse in parte inconsapevolmente), quelli che scendono in piazza per manifestare, come il Si Cobas, e tutto il sindacalismo di base, sono di fatto schierati su di un fronte della guerra e non comprendono i vincolanti legami dei dirigenti di Hamas con potenze imperialiste come l'Iran, la Russia e la Cina – finanziati dalla prima - e gli sciiti dello Yemen che hanno stabilito indissolubili legami economico-politici con la Cina stessa. Chi scende sul terreno della difesa di un fronte dell’imperialismo è, a tutti gli effetti, parte delle nefandezze della guerra e ne diventa parte integrante.

Alcune considerazioni sono dunque d'obbligo. Una di queste è che le occupazioni studentesche coinvolgono solo una minoranza di studenti, ma c'è così tanta pubblicità su di esse (gonfiata dai social media) che ha quasi oscurato il vero problema del nostro tempo: la deriva verso la guerra generalizzata. Mentre i media si riempiono delle tende nei campus, i veri preparativi di guerra si accelerano. Che si tratti di Macron che cerca di riunire un'UE divisa o dell'aumento della spesa per gli armamenti e del riavvio delle linee di produzione delle armi, le occupazioni studentesche, per il loro contenuto politico, sono una distrazione di fronte a questi sviluppi più seri.

Le manifestazioni sono talmente dominate dall'ideologia BDS che è il loro vocabolario a definire l'agenda delle occupazioni. Ben lontane dall'adozione di un punto di vista internazionalista e anticapitalista, le manifestazioni sono in realtà parte del gioco imperialista stesso. Invece, è fondamentale adottare il vocabolario dell'anticapitalismo e della guerra di classe.

Uno degli obiettivi degli organizzatori è quello di far definire "genocidio" ciò che sta accadendo a Gaza. In un certo senso si tratta di un argomento ideologico per cancellare il fatto del vero genocidio che ha avuto luogo nella Seconda Guerra Mondiale (quando 13 milioni di ebrei, slavi e rom, tra gli altri, sono stati "selezionati" dai nazisti per essere sterminati - e che oggi viene usato dai sionisti come copertura per le loro atrocità). Genocidio deve significare l'eliminazione intenzionale di un intero popolo e, etichettando ciò che sta accadendo a Gaza come tale, il BDS si appella alle istituzioni dell'attuale ordine imperialista mondiale affinché intervengano contro Israele. Gaza è un disastro umanitario (e potrebbe ancora peggiorare), ma è più simile alla pulizia etnica nella ex Jugoslavia negli anni '90, quando croati e serbi si contendevano il controllo della Bosnia. Non c'è dubbio che nell'attuale governo israeliano ci siano elementi razzisti che sarebbero pronti a modificare questa politica (la pulizia etnica della Cisgiordania è l'obiettivo di Smotrich e Ben Gvir ed è stata una delle ragioni che hanno provocato il "Diluvio di Al-aqsa" o l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023), ma non controllano l'IDF[esercito israeliano] o la sua politica di eliminazione di Hamas. Quello che sta accadendo a Gaza è un altro esempio del significato di "guerra totale". Per la classe lavoratrice non c'è un posto in cui nascondersi nella guerra imperialista - come il destino dei cittadini di Coventry, Dresda, Amburgo, Tokyo, Hiroshima e Nagasaki ha confermato molto tempo fa. È su questa base di classe che dobbiamo opporci a tutte le guerre. Ma non è questo il senso del movimento BDS, di fatto coinvolto nelle guerre ideologiche del capitalismo, posizionato quindi all'interno del sistema. Per il movimento delle tende, in ultima analisi, non si tratta di unire la classe operaia mondiale contro i suoi sfruttatori ovunque, ma di enfatizzare le divisioni che il capitalismo utilizza per dividere la nostra classe, che si tratti di nazionalismo, religione o "etnia".

Il BDS evoca consapevolmente la lotta contro "lo Stato dell'apartheid". Questo non solo equipara Israele al Sudafrica (un'analogia falsa, poiché nello Stato democratico di Israele ogni adulto ha formalmente un voto, cosa che non accadeva in Sudafrica, dove potevano votare solo i bianchi), ma implica che la sconfitta dell'apartheid sia stata una vittoria del popolo nero. Questo è vero solo se "popolo" equivale alla borghesia nera. Abbiamo sostenuto per decenni che questo sarebbe stato il risultato. La natura antioperaia di questa storia è visibile in Sudafrica da allora. Ramaphosa, l'attuale presidente del Sudafrica, non solo era a capo della COSATU (la confederazione sindacale), ma era anche membro del consiglio di amministrazione della Lonrho [conglomerata con sede a Londra] (che persino il premier conservatore Edward Heath aveva definito il volto inaccettabile del capitalismo). La guerra di classe in Sudafrica continua, ma anche contro chi è ora al potere e non dobbiamo guardare solo al massacro dei lavoratori delle miniere a Marikana per confermarlo [il 16 agosto 2012, le forze di polizia aprirono il fuoco contro gli operai in sciopero, uccidendone 34 e facendo quasi un centinaio di feriti].

Israele non è uno Stato colonialista nello stesso senso. È una democrazia (l'unica in Medio Oriente secondo la propaganda sionista) come il Sudafrica sostiene di essere ora, ma la democrazia, come tutti sappiamo, non è altro che una foglia di fico politica per la dittatura della borghesia. È "democrazia per i ricchi" (Lenin - Stato e rivoluzione) e per la borghesia è il miglior involucro per perpetuare, nella pace sociale, il dominio sugli schiavi salariati. La sua oppressione si svolge in questo quadro. A Gaza possiamo vedere cosa significa veramente la democrazia e gli studenti che occupano i campus negli stati democratico-borghesi, dagli Stati Uniti in poi, stanno avendo solo un piccolo assaggio della repressione a cui tutti gli stati democratici ricorrono quando il dominio del capitale è minacciato. I veri stati colonizzatori sono i prodotti dell'espansione capitalistica europea nel mondo, come il Canada, gli Stati Uniti, l'Australia, l'Argentina e il Brasile, ma perché distrarsi opponendosi solo ai risultati di centinaia di anni di storia capitalistica, quando dovremmo affrontare l'intero sistema su scala mondiale?

Gli studenti occupanti non riescono a vedere il legno imperialista dei vari alberi nazionalisti che vorrebbero che noi sostenessimo. Si tratta di una politica identitaria della peggior specie, che non farà altro che perpetuare la miseria e lo sfruttamento prodotti da un sistema capitalista che, nella sua crisi sempre più profonda, sta portando l'umanità a un pericoloso bivio. La sinistra del capitale è proprio come i vari sostenitori della Russia e dell'Ucraina, profondamente radicati in questo movimento che sta semplicemente mobilitando una parte della “gente” nella corsa verso la guerra imperialista generalizzata. Ciò che non riescono a vedere è che la classe operaia palestinese (e la popolazione nel suo complesso) è crocifissa tra due forze ugualmente reazionarie (anche se una gode di un maggiore sostegno imperialista rispetto all'altra). "Dal fiume al mare", lo slogan più sentito in queste occupazioni, è tratto dalla Carta di Hamas del 1982 e non è altro che un appello a spazzare via Israele. Gli imperialisti occidentali e la loro stampa lo citano come appello antisemita dei "palestinesi", ma non ricordano che la frase originale compare in realtà nel programma del 1973 del partito Likud, ora guidato da Netanyahu, che dipende completamente dai partiti dei coloni e dei pogromisti di Smotrich e Ben Gvir, che vogliono la pulizia etnica degli arabi, siano essi musulmani o cristiani, da Eretz Israel [Grande Israele] . I lavoratori di tutto il mondo devono opporsi a questi due racket capitalistici come parte di un rifiuto internazionalista di tutte le frontiere. Tra l'altro, non tutti i palestinesi della diaspora hanno appoggiato le manifestazioni per la "Palestina libera" (così come non tutti gli ebrei appoggiano le azioni dello Stato israeliano). Gli internazionalisti sono per la libertà dei palestinesi, così come siamo per la libertà dell'intera classe operaia mondiale (compresi i lavoratori, arabi ed ebrei, dell'attuale Stato di Israele). Ma porre la lotta in termini nazionali significa perpetuare gli argomenti dei nostri nemici di classe. Coloro che chiedono una “Palestina libera” dovrebbero pensare a come ciò possa avvenire. Ciò implica o un nuovo schieramento imperialista al di là della “Pax Americana” dominata dal dollaro, ma questo vorrebbe dire una guerra mondiale. Oppure si realizzerebbe attraverso la lotta dei lavoratori di tutto il mondo per porre fine al sistema che vive di sfruttamento e oppressione. Sappiamo per quale delle due lotte stiamo combattendo.

La soluzione alla crisi nelle terre di Palestina non è la soluzione di uno o due Stati, ma una soluzione senza Stati in comune con il resto del mondo, un mondo senza il capitalismo e i suoi confini nazionali di sfruttamento e oppressione. Un mondo senza la guerra imperialista.

Giovedì, May 23, 2024