La tattica del Comintern dal 1926 al 1940

5. - Tattica dell'antifascismo e del Fronte Popolare (1934-38)

L'avvento di Hitler al potere (30 gennaio 1933) non determina immediatamente un mutamento radicale nella tattica del Comintern che continua à concentrarsi nella formula dell'antifascismo che abbiamo esaminato nel 4o Capitolo (vedi Prometeo n. 4).

La Seconda Internazionale lancia la proposta del boicottaggio dei prodotti tedeschi ed invita il Comintern a partecipare ad una campagna internazionale destinata a sollevare l'indignazione del “mondo civile contro la tirannia nazista”. Il Comintern rifiuta, ma non presenta nessuna obiezione di principio, ciò che d'altronde avrebbe potuto difficilmente fare poichè nel 1929 - all'epoca in cui non era ancora abbandonata la tattica dell'alleanza con la socialdemocrazia - fu esso a proporre una vasta azione internazionale per il boicottaggio dell'Italia fascista. Ed a quell'epoca fu la Seconda Internazionale che impiegò l'espediente delle tergiversazioni, fornendo così il pretesto all'impiego dello stesso metodo da parte del Comintern dopo l'avvento di Hitler al potere.

Il “boicottaggio” dei prodotti tedeschi, poiché comporta l'incorporazione del movimento proletario nel seno del capitalismo “antifascista”, resta pienamente nella logica della politica socialdemocratica, la quale sin dal 1914 aveva fatto appello alle masse lavoratrici perché si gettassero nella guerra fra gli stati capitalisti facendo causa comune con quella costellazione imperialista che dichiarasse di lottare “per la libertà e la civiltà”.

La classe che, sia nel campo della produzione, come in quello degli scambi internazionali, poteva decidere di boicottare o no un dato settore dell'economia mondiale, era evidentemente la classe borghese. L'appello a questa classe da parte della socialdemocrazia non rappresentava nulla di inedito, ma la confusione che regnava già nelle file dell'avanguardia proletaria doveva manifestarsi evidente nell'adesione che a questa campagna del boicottaggio diedero il movimento trotskista, il quale si avvia verso la tattica che fu qualificata di “entrista” - cioè di adesione ai partiti socialisti per rinforzarvi l'ala sinistra - , ed il S.A.P. (Sozialistische Arbeiter Partei), nato dalla congiunzione delle correnti di sinistra dei partiti Comunista e Socialista tedeschi.

Abbiamo già detto che il Comintern non aveva preso una posizione frontale e di classe contro la proposta della Seconda Internazionale. E ciò è del tutto naturale se si tien conto che tutta la tattica del “socialfascismo” era stata in definitiva di affiancamento al movimento nazista, e che l'avvento di Hitler comportava una migliore organizzazione degli scambi economici russo-tedeschi. In corrispondenza all'accrescersi dell'intervento dello Stato anche nel campo economico, disposizioni particolari furono prese da Hitler per una garanzia dello Stato a favore dei gruppi industriali che ricevevano ordinazioni da parte della Russia e che dovevano attendere una scadenza assai lontana per il pagamento.

Sul piano internazionale la diplomazia russa agiva su una linea convergente e Litvinof si incontrava con le delegazioni italiana e tedesca alla Conferenza del Disarmo di Ginevra, per sostenere la tesi “pacifista” del disarmo per piani, di realizzazione immediata, contro la tesi francese, altrettanto “pacifista” e impostata sulla formula della preminenza della nozione della sicurezza (cioè della garanzia del predominio dei vincitori di Versaglia) sulle nozioni dell'arbitrato e del disarmo.

Fu in questo momento che Mussolini concepì l'idea del Patto a Quattro (Francia, Germania, Inghilterra ed Italia); idea dei Quattro Grandi, che sarà ripresa dall'arcidemocratico Byrnes nel 1946 ed appoggiata dal laburista Bevin, pur essendo mutati gli attori. Il Patto a Quattro firmato a Roma il 7 giugno 1933 sancisce:

Le Alte Parti contraenti s'impegnano a concertarsi su tutte le loro questioni e a fare tutti gli sforzi per praticare, nel quadro della Società delle Nazioni, una politica di collaborazione effettiva fra tutte le potenze, in vista del mantenimento della pace.

Il Patto è firmato per dieci anni e contiene l'ipotesi di una revisione dei trattati. Quest'ipotesi era di già diventata una realtà, poichè, dopo la moratoria proclamata nel 1931 da Hoover, alla Conferenza di Losanna nel 1932. - e quando ancora vi era un governo “democratico” in Germania - la Germania era stata esplicitamente liberata dal pagamento delle riparazioni.

È noto che non attraverso la via delle consultazioni a tipo parlamentare, ma attraverso i grandi colpi di scena Hitler smantellò una ad una le clausole del Trattato di Versaglia. Quattro mesi dopo la firma del Patto a Quattro Hitler esce dalla Società delle Nazioni ed indice un plebiscito spettacolare. Questo sistema del “fatto compiuto”, del “pugno sulla tavola” rispondeva pienamente alle necessità della accentuata preparazione delle masse alla guerra ed Hitler era costretto a farvi ricorso dal fatto che l'economia tedesca non poteva trovare altra uscita alla situazione al di fuori di un'immediata intensificazione dell'industria di guerra. E, per questo, occorreva una contemporanea e plebiscitaria adesione delle masse. Le potenze “democratiche” lasciavano provvisoriamente fare, in attesa che la situazione internazionale raggiungesse il punto di saturazione voluto per lo scatenamento della seconda guerra mondiale.

Ma l'essenza del Patto a Quattro consisteva sovratutto in una manovra di allontanamento della Russia dall'Europa e contemporaneamente in un orientamento di appoggio alla Germania affinché questa straripasse non verso l'Ovest franco-inglese, ma verso l'Est russo e particolarmente verso l'Ucraina.

È in queste particolari contingenze internazionali che matura la nuova tattica del Comintern dell'antifascismo e del Fronte Popolare: la Russia si orienta verso le potenze “democratiche”. Nell'autunno del 1933 gli Stati Uniti riconoscono “de jure” la Russia, e la Rundschau scrive un articolo così intitolato: “Una vittoria dell'U.R.S.S. - Una vittoria della rivoluzione mondiale”.

Sul piano politico il primo sintomo del mutamento di tattica si ha nel processo di Lipsia nel dicembre 1933. Si doveva qui giudicare l'anarchico olandese Van der Lubbe il quale aveva appiccato il fuoco al palazzo del Reichstag il 27 febbraio 1933, un mese dopo che Hitler aveva preso il potere. Comintern e Seconda Internazionale danno immediatamente sfogo ad una campagna oscena di demagogia: è il fascismo, il nazismo che ha distrutto il luogo sacro della democrazia tedesca; un contro-processo sarà organizzato nell'epicentro del capitalismo più conservatore, a Londra; un “Libro Bruno” sarà pubblicato dagli antifascisti ed Hitler, che ha magnificamente afferrato il senso reale di questa immonda farsa mondiale, aggiunge note supplementari alla sacrosanta indignazione universale contro l'attentato portato alla sede della democrazia borghese: la stampa estera sarà ammessa al processo di Lipsia dove uno degli imputati, il centrista Dimitrov, concluderà dicendo:

Domando, in conseguenza, che Van der Lubbe sia condannato in quanto ha agito contro il proletariato.

Ed i giudici nazisti “vendicano” il proletariato, poichè Van der Lubbe è condannato a morte e quindi giustiziato, mentre gli altri imputati centristi saranno assolti e lavati dall' “infame accusa”.

All'ombra di tutta questa cagnara internazionale si sviluppa intanto la repressione feroce di Hitler contro il proletariato tedesco. Mentre la campagna intorno al processo di Lipsia raggiunge il massimo della réclame solo poche righe sono dedicate al contemporaneo processo di Dessau (28 novembre 1933), ridotto ad un episodio insignificante di cronaca:

Dieci condanne a morte sono state pronunziate dal Tribunale di Dessau contro i comunisti accusati di avere ucciso un milite hitleriano.

Abbiamo visto, nel 4o Capitolo destinato alla tattica del “socialfascismo”, che Hitler, contrariamente alla tattica seguita dal fascismo in Italia nel 1921-22, aveva impostata la sua azione sul piano prevalentemente legalitario dello smantellamento progressivo dalie istituzioni democratiche tedesche dei suoi complici socialdemocratici. Quale occasione magnifica si presentava dunque ai rivoluzionari marxisti per impostare un'azione internazionale intesa ad arrestare la mano del carnefice nazista che si abbatteva sull'anarchico Van der Lubbe responsabile di aver mandato alle fiamme una delle istituzioni fondamentali del capitalismo, che d'altronde aveva così bene servito a favorire l'ascesa di Hitler al potere. Ma i rivoluzionari marxisti erano ridotti alla ristretta cerchia della corrente della sinistra italiana che impostava la lotta su basi di classe sia contro il nazismo vincitore, sia contro la democrazia soccombente in Germania, mentre gli stessi trotskisti correvano in sostegno della socialdemocrazia decidendo la loro entrata nei partiti socialisti.

Come abbiamo detto, è sul piano internazionale e degli interessi particolari e specifici dello Stato russo che si enuclea la nuova tattica del Comintern. Alla formula del “socialfascismo” succederà la formula opposta dell'antifascismo, del blocco democratico, della difesa della democrazia, della lotta contro i faziosi (i fascisti), tattica che passa attraverso la difesa del Negus di Abissinia, della lotta antifranchista, e cade infine nell'istituzione del volontariato attraverso i movimenti della “Resistenza” nel corso della seconda guerra imperialista mondiale.

In Russia, nel 1932, il primo Piano Quinquennale aveva ottenuto un successo completo. Realizzatosi in quattro anni invece di cinque, esso aveva, nell'industria pesante, sorpassato gli obiettivi stabiliti all'inizio. Nel 1o capitolo di questo esame della tattica del Comintern (vedi Prometeo n. 2) abbiamo messo in evidenza che se non si può immaginare una qualsiasi opposizione fra i primi piani concepiti da Lenin nel 1918 e le considerazioni di principio che indussero Lenin ad operare la ritirata che va sotto il nome di Nep, per contro un'opposizione di principio esiste fra i primi pani economici di Lenin, la Nep e i piani quinquennali di Stalin. Sulle tracce di Marx e dei suoi schemi sull'economia capitalista, l'idea di Lenin sull'indispensabile pianificazione dell'economia era imperniata sullo sviluppo dell'industria di consumo alla quale doveva adeguarsi lo sviluppo dell'industria di produzione. La stessa Nep si muove su questa considerazione di principio e nessuna necessità vi sarebbe stata di realizzarla se l'obiettivo fosse stato non quello dell'elevazione delle condizioni di vita dei lavoratori, ma l'altro - di tipo schiettamente capitalista - di una intensa accumulazione per lo sviluppo dell'industria pesante. Lenin non avrebbe avuto alcun bisogno di fare concessioni ai contadini ed alla piccola borghesia - elementi economici e politici non utili ma nocivi alle colossali realizzazioni industriali - , ma queste concessioni egli doveva fare per mantenere l'orientamento dell'economia sovietica sulla linea di un costante miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Stalin rompe con i principi marxisti di Lenin sia sul terreno economico interno in Russia, quando istituisce i piani quinquennali i quali non possono raggiungere le vette dell'industrializzazione che grazie ad un intensificato sfruttamento dei lavoratori, sia sul terreno politico con l'espulsione dal Comintern di ogni tendenza che resti sul piano internazionale ed internazionalista e si opponga alla teoria ed alla politica nazionale e nazionalista del “socialismo in un solo paese”.

Il 1o Piano quinquennale conosce un successo totale. Seguendo le orme dei suoi compari capitalisti di tutti i paesi, Stalin abborda il secondo Piano quinquennale (1932-1936) affermando che si tratta ora di realizzare obiettivi che in realtà saranno del tutto opposti a quelli dichiarati. Fin dalla sua ascesa al potere il capitalismo ha sempre detto che il miglioramento della condizione generale di vita dei lavoratori dipende dallo sviluppo dell'economia e che quanto più grande sarà il montante della produzione tanto maggiore sarà la parte riservata ai lavoratori. Quando si prepara il secondo Piano quinquennale, Stalin dirà la stessa cosa: l'industria pesante è ricostituita, si tratta ora di ricostituire le altre branche dell'economia sovietica e conseguentemente di migliorare il tenore di vita dei lavoratori. È nel corso del secondo Piano quinquennale che sorge la nuova divinità: Stakhanov; l'essenza del socialismo viene a consistere in una gara al massimo rendimento del lavoro ed al contemporaneo rafforzamento delle possibilità economiche e militari dello Stato sovietico. sull'altare del quale ogni rivendicazione salariale deve essere sacrificata.

Questo indirizzo economico non trova alcuna possibilità di reazione marxista nel seno del Partito russo e quando. sulla fine del 1934. Nicolaiev fa ricorso ad un attentato uccidendo il segretario del Partito di Leningrado, una repressione feroce si abbatte sul Centro di Leningrado. Stalin, anticipando i procedimenti che nazisti e democratici applicheranno durante la seconda guerra imperialista mondiale, passa alle rappresaglie. Nessun processo e 117 persone fucilate. Frattanto Litvinof si associa, a Ginevra, ad una mozione che condanna il terrorismo e sostiene argomenti “marxisti” secondo i quali marxismo e terrorismo si oppongono irrimediabilmente. La Russia, per finanziare il secondo piano e ottenere le materie prime indispensabili deve esportare grano. In forza delle invocate prospettive di miglioramento delle condizioni dei lavoratori, il C.C. del Partito russo abolisce il 1o gennaio 1935 la carta del pane ed il razionamento dei prodotti agricoli. Così i lavoratori sono costretti ad accentuare il loro sforzo di lavoro affinchè i salari permettano di approvvigionarsi al mercato libero, giacchè lo Stato “proletario” non garantisce più - attraverso i magazzini statali - il controllo dei generi di prima necessità.

È dunque in forza di considerazioni inerenti allo Stato sovietico sul piano internazionale, ed in crescente opposizione con gli interessi dei lavoratori russi, che matura il cambiamento della tattica del Comintern.

La crudele disfatta cinese del 1927 aveva definitivamente trascinato nel vortice del tradimento l'Internazionale Comunista: di quella che fu l'Internazionale della Rivoluzione non potevano oramai fare parte che coloro i quali volevano battersi per il programma nazionale e nazionalista del “socialismo in un solo paese”. Gli altri, gli internazionalisti, sono dapprima espulsi e successivamente, in Russia e in Spagna, massacrati; negli altri paesi sono messi all'indice e - nella misura in cui si accentua la connivenza dei Partiti Comunisti con l'apparato dello Stato borghese - si domanda a questo “Stato democratico” di provare con i fatti le sue virtù “antifasciste” nell'abbandono di ogni tergiversazione e nell'impiego della violenza repressiva contro i “trotskisti”. Tutti sono qualificati di trotskisti quando si oppongono all'indirizzo contro-rivoluzionario della Internazionale. Come nell'epoca che succedette alla liquidazione della Prima Internazionale, la scena politica viene ora occupata da un contrassegno che non solamente moltiplica la dispersione e la confusione ideologica ma tende a polarizzare l'attenzione dei rari proletari rivoluzionari sopravvissuti a questa tragica ecatombe intorno ad un'insegna assolutamente inoffensiva.

Nel 1866-70 tutti erano chiamati anarchici, Marx compreso; ed è noto che la proposta di Marx del trasferimento della sede della Prima Internazionale dall'Europa in America rispondeva al suo convincimento che la nuova situazione storica determinatasi con la disfatta della Comune non conteneva la possibilità del mantenimento di un'organizzazione internazionale del proletariato. Il suo mantenimento non poteva che favorire la vittoria delle tendenze anarchiche contro quelle schiettamente proletarie e rivoluzionarie. Dopo il 1927 l'epiteto in voga era quello di “trotskista”. Il peggio fu che Trotski stesso cadde in questo tranello e lasciò che l'organizzazione internazionale dell'Opposizione si qualificasse “trotskista”. Quando Marx aveva detto che egli non era un marxista, aveva voluto indicare che la teoria e la politica del proletariato si enucleano nel corso della lotta di classe, che esse costituiscono un metodo della conoscenza e della interpretazione della storia, non un insieme di versetti biblici da recitare dopo avere impiegato tutti i sacramenti necessari per stabilire le volontà del creatore. E Trotski - rompendo definitivamente con quella che era stata la divisa di Marx, Engels e Lenin, sul problema fondamentale della costruzione del Partito della classe proletaria - constatò che la vittoria di Hitler annullava la possibilità di “raddrizzare” l'Internazionale Comunista e dopo una analisi della situazione dove la forma smagliante dell'esposizione prende il posto di una comprensione marxista della realtà, si lancia nell'avventura dell'entrata dell'Opposizione nei Partiti Socialisti. Sul piano politico egli si impunta nell'ipotesi storica che non Stalin ma Hitler è il super-Wrangel che concentrerà l'attacco del capitalismo internazionale contro la Russia portata allo sfacelo dall'impossibilità della realizzazione dei piani quinquennali. Mentre tale schema politico doveva essere pienamente smentito dagli avvenimenti, la concentrazione dell'avanguardia proletaria sul piano della difesa dello Stato russo, portato al disastro da Stalin, rendeva completamente inoffensivo il chiasso politico che Trotsky e la sua organizzazione facevano in ogni paese: non solamente Stalin. dal momento in cui aveva potuto piegare il proletariato russo a subire un intenso sfruttamento, poteva realizzare i piani quinquennali, ma lo Stato sovietico, incorporato nel sistema del capitalismo mondiale, doveva conoscere non già il disastro bensì la vittoria nel corso della guerra del 1939-45. Per il fatto di vedere dappertutto - anche quando Mussolini attaccò il Negus - un episodio della lotta del capitalismo mondiale contro la Russia, quando questo Stato russo era ormai - allo stesso titolo degli stati democratico e fascista - uno strumento della controrivoluzione mondiale, Trotsky, che era stato uno dei più grandi capi della Rivoluzione d'Ottobre, era diventato completamente inoffensivo per il capitalismo; e l'epiteto di trotskista appioppato a tutti era un elemento supplementare della confusione ideologica in cui giaceva il proletariato; e tanto più lo era poichè Trotsky e la sua organizzazione vedevano un crescente successo rivoluzionario nel fatto che la loro merce politica conosceva i successi della grande pubblicità giornalistica.

Dopo lo scoppio della crisi economica mondiale del 1929, il Comintern aveva capovolto i termini di una manovra politica che aveva portato all'immobilizzazione della classe proletaria: prima alleanza con i tradunionisti e Tchang-Kai-Shek, poi lotta contro il “socialfascismo”. Se i termini cambiano, la sostanza è la stessa. E, nel corso di queste due fasi della tattica dello smantellamento progressivo della classe proletaria sia in Russia che negli altri paesi, il Comintern si appoggia su una molteplicità di organismi sussidiari che favoriscono la dispersione ideologica e politica del proletariato. Nel corso del primo periodo questi organismi periferici sono polarizzati intorno alla parola dell'antifascismo, nel corso del secondo periodo - quello del socialfascismo - la polarizzazione si fa intorno alla formula della lotta contro la guerra e della difesa dell'U.R.S.S.

Dopo la vittoria di Hitler ci si avvia verso la tattica del Fronte Popolare ed i socialfascisti di ieri diventano “democratici progressisti”. Ma l'evolversi della situazione economica e politica impone un corrispondente avanzamento sulla via dell'inquadramento delle masse lavoratrici nelle maglie dello Stato capitalista. Fino al 1934 il Comintern trovava in tutti gli organismi periferici un veicolo sufficiente per fare avanzare le sue posizioni contro-rivoluzionarie; a partire dal 1934, quando il mondo capitalista non può trovare altra via d'uscita alla formidabile crisi economica che lo devasta che quella della preparazione del secondo conflitto imperialista mondiale, si deve andare oltre e fare accettare dalle masse come un obiettivo loro quello della modificazione della forma di governo della classe borghese. Il movimento delle masse deve essere ricongiunto e saldato intorno allo Stato capitalista ed è in questo che consiste la nuova tattica del Fronte Popolare il cui centro sperimentale si trova in Francia prima, in Spagna poi. E non deve affatto stupire che lo Stato Sovietico, il quale aveva decisamente e definitivamente rotto con gli interessi del proletariato russo ed internazionale nel 1927, possa con tanta disinvoltura operare così radicali e contradittori mutamenti e che sulla stessa linea si svolga la politica del Comintern. Di già Mussolini, quando nel 1923 si vantava di essere stato il primo a riconoscere “de jure” lo Stato russo, metteva in evidenza che questo non lo impegnava ad operare la minima modifica alla sua politica ferocemente anticomunista. Hitler ribadì la stessa cosa dopo avere preso il potere.

In effetti, il punto di saldatura fra la politica degli Stati borghesi si trova su basi di classe ed a questo proposito la congiunzione è perfetta fra la politica anticomunista di Stalin e quella di tutti gli altri governi capitalisti che ristabiliscono le relazioni “normali” con lo Stato russo divenuto uno Stato “normale” della classe capitalistica internazionale. Il riflesso nel campo internazionale di questa politica anticomunista, che è comune sia agli stati democratici che a quelli fascisti ed al sovietico, solo formalmente si esprime in modo contradittorio, mentre sostanzialmente la linea è unitaria e tende verso lo sbocco del conflitto imperialista dove tutte le “idealità” saranno magnificamente commercializzate per imbottire i crani e gettare gli uni contro gli altri i proletari dei differenti paesi.

Marx, nella Critica del programma di Gotha, confuta l'idea lassalliana dell'esistenza di una sola classe borghese reazionaria, perchè il semplicismo di Lassalle conduceva non solamente all'impossibilità di comprendere l'intricato processo sociale che il capitalismo riesce a polarizzare a suo vantaggio, ma anche a congiungere il movimento proletario con quelle forze schiettamente capitaliste che non appartengono alla categoria qualificata “conservatrice “. Quelle che si spostano dunque sulla linea di Lassalle, che concepiva un socialismo statalista appoggiantesi su Bismark, sono le forze politiche le quali affettano di volere “correggere” gli abusi del capitalismo quando invece assicurano il successo di queste forme abusive, le sole che hanno diritto di cittadinanza nella fase storica della decadenza del capitalismo imperialista e monopolista.

Che in Germania ed in Italia queste forze si chiamino fasciste, mentre in Francia esse si chiamano socialiste e comuniste, il programma politico è lo stesso, e se Blum non lo realizza, mentre Hitler sovratutto ottiene indiscutibili successi nell'interventismo statale, questo dipende dalle differenti particolarità dei due stati capitalisti e dal posto che essi occupano nel processo del divenire del capitalismo nella sua espressione internazionale.

Quanto alla contrastante espressione formale di un processo che è internazionale ed unitario, quanto al fatto che uno stato si chiami fascista e l'altro democratico, che la dominazione borghese si eserciti in un paese sotto una forma determinata, in un altro paese sotto un'altra forma, la cosa non presenta alcuna difficoltà di comprensione per i marxisti. La classe borghese che è un tutto di cui - a meno di non uscire dal dritto cammino del marxismo - nessuna forza può essere avulsa dall'insieme e condannata o presentata in opposizione al tutto, ha visto, nel periodo di sviluppo coincidente con lo scorcio del secolo scorso, un urto fra le sue forze politiche e sociali di destra e di sinistra (le conservatrici e le democratiche), ma nella fase storica della sua decadenza non potrà servirsi dell'antica divisione in destra e sinistra che ai fini della propaganda e degli interessi del suo dominio sul proletariato.

Sia la Francia del Fronte Popolare che la Germania nazista sono sullo stesso piano imposto dalla storia al capitalismo e se l'una fa ricorso all'ideologia antifascista, l'altra a quella nazista, il fine è unico: inquadrare le masse sotto la ferma disciplina dello Stato per poi lanciarle nel massacro della guerra. I rapporti fra i differenti stati borghesi non hanno alcun carattere di fissità giacchè essi dipendono dalla loro evoluzione nel campo internazionale e dall'impossibilità dell'intervento di un elemento di guida cosciente e volontaria delle differenti borghesie. Churchill è un esempio del come si possa restare coerentemente e ferocemente anticomunista passando con grande disinvoltura dalla lotta all'alleanza con la Russia o con la Germania.

In questo divenire del processo unitario dello Stato nella fase imperialista del capitalismo, si assiste al fatto che determinati Stati trovano negli Stati, che ad essi si oppongono per la difesa dei loro interessi, il materiale politico che facilita la mobilitazione delle masse per aggiogarle al loro carro e sganciarle dalle loro basi di classe. Nel gennaio 1933, in corrispondenza con l'ascesa al potere di Hitler, si assiste alla realizzazione in Francia della formula di governo che sembrava la più a sinistra, tenuto conto delle contingenze del momento, mentre Daladier è chiamato al Governo da un Parlamento che aveva conosciuto, nel 1932, una vittoria elettorale della sinistra.

Quanto alla politica dello Stato russo ed alla corrispondente tattica del Comintern, essa è dovunque controrivoluzionaria ma prende espressioni contradittorie nel tempo. È quella del “socialfascismo” nel 1930-33, perchè l'obiettivo del capitalismo internazionale si concentra allora nella vittoria di Hitler. Una volta che questa terribile disfatta fu inferta al proletariato tedesco e mondiale, e che questa vittoria fu solidamente stabilita, l'obiettivo si sposta verso altri paesi e particolarmente la Francia. Ne risulta la politica che si preciserà nella formula del Fronte Popolare, politica che farà gli affari sia del capitalismo francese, sia di quello tedesco e di quello di tutti gli altri paesi. E l'idea di patria sarà dagli uni e dagli altri validamente invocata giacchè è manifesto che dall'una e dall'altra parte della barricata non si persegue oramai che un solo fine: quello di minacciare “l'integrità nazionale” con la guerra.

L'essenza della nuova tattica consiste dunque nell'inquadramento del proletariato negli apparati statali rispettivi, mentre l'alternarsi degli obiettivi internazionali del capitalismo determinerà l'antifascismo od il filo-fascismo dello Stato sovietico e l'espressione formale della tattica del Comintern: alleanza con la socialdemocrazia, socialfascismo, Fronte Popolare.

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Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.