È finito il sindacato, ma non la lotta economica

La prima considerazione che scaturisce dall'analisi fin qui fatta riguarda innanzitutto il sindacato. Se da un lato esso è divenuto sempre più un pubblico ufficio e quindi ha aumentato la sua capacità di organizzare consenso sulla base della coazione, dall'altro, non potendo distribuire le solite briciole, ha lasciato scoperto il terreno della lotta intermedia ed aziendale, dedicandosi quasi esclusivamente alla definizione delle linee di politica salariale a livello macroeconomico.

Nel vuoto che si è creato e che, sicuramente, andrà allargandosi possono attecchire anche quelle forze economicistiche rappresentanti di quella sorta di sindacalismo "di sinistra" non meno illusorio ed opportunistico di quello ufficiale.

Da ciò discende la necessità di fare chiarezza sul fatto che la degenerazione del vecchio sindacato non è un accidenti della storia, ma il prodotto del monopolio, e di fare chiarezza sulle prospettive.

Questa crisi di ciclo del capitale deve schiarire le idee ai comunisti e riportarli. ai fondamenti del pensiero rivoluzionario, spesso dimenticati o spersi nel vortice delle vicende politiche e di lotta di un secolo.

Il sindacato non è mai strumento di lotta rivoluzionaria del proletariato. Questo è un fatto che nella storia ha pienamente confermato la tesi di Marx, già citata. Gli strumenti di lotta che il proletariato ha usato nei suoi rari, ma luminosi, esempi di attacco non sono mai stati quelli sindacali: sono sempre state le forme consiliari, assembleari, nate in rottura con il quadro statico della conservazione e con le sue espressioni, fra le quali appunto il sindacato e la sua pratica della contrattazione.

Se gli esempi della Comune, della Rivoluzione d'ottobre, dei moti rivoluzionari in Germania, non bastassero o fossero ritenuti "sorpassati", si guardi ad oggi: tutti gli episodi di lotta in cui gli operai hanno difeso con forza i propri interessi autonomi di classe hanno visto questi stessi operai organizzarsi dal basso in organismi di massa che scavalcavano ogni forma d'organizzazione sindacale preesistente, o tendere a ciò. Polonia '80, sciopero dei minatori inglesi, sciopero dei dockers in Danimarca e Belgio, lotte della siderurgia in Francia, e altre decine di episodi minori, sono tutti momenti in cui i lavoratori si sono trovati spinti dalla necessità di difendersi e superare i limiti organizzativi e politici che i sindacati opponevano loro. Il fatto che tutti questi episodi siano rimasti tali, rifluendo spesso sotto il controllo di quella medesima istituzione che avevano scavalcato, ma che si ripetano ogniqualvolta i proletari si mettono in moto come tali, deve essere sufficiente a far capire a chiunque si pretenda comunista che quelle sono le forme di organizzazione di massa verso le quali i comunisti devono premere e sulle quali soltanto può esercitarsi la loro direzione politica.

D'altra parte deve far comprendere come siano proprio quelli i momenti e le situazioni in cui si fanno più pericolose e perniciose per il movimento le forze e le tendenze sindacalistiche "di sinistra". E proprio con il loro tramite che si è sempre verificato il recupero, da parte del sindacato-istituzione, di quelle lotte.

Viene così precisandosi l'annosissimo concetto di "organismo intermedio" e l'altro - fonte di equivoci - di "cinghia di trasmissione".

Se il movimento comunista, ancora con la Terza Internazionale, ha considerato il sindacato come "organismo intermedio fra partito e classe", oggi deve definitivamente dichiarare che fra partito rivoluzionario e classe non v'è altra possibilità di organismo intermedio che quella degli organi di massa che il proletariato si dà nel corso della sua lotta autonoma, in difesa reale cioè dei suoi interessi, fuori e contro le compatibilità del sistema che il sindacato sempre gli oppone.

In questo senso la Terza Internazionale avviò la soluzione della questione ma non giunse in fondo: da una parte essa indica il soviet come momento di organizzazione verso il quale la classe deve puntare nella sua lotta contro il capitale, dall'altra si mantiene fermo il concetto di sindacato come "organismo intermedio" e "cinghia di trasmissione". Nella concezione terzinternazionalista, che fu anche della sinistra italiana nei suoi primissimi anni, l'organismo intermedio sarebbe divenuto reale cinghia di trasmissione del partito quando il partito ne avesse conquistato la direzione politica, vale a dire nei momenti di lotta rivoluzionaria. Preparare la lotta rivoluzionaria significava cioè puntare alla direzione del sindacato e, ove non fosse possibile per la sua natura "gialla", puntare alla rifondazione o riorganizzazione del sindacato rosso.

Il peso di questa tesi ha gravato sul movimento comunista sino al punto da condizionare in qualche modo lo stesso dibattito interno e la stessa elaborazione nel nostro partito. Al Convegno di Torino del 1945 le tesi presentate sul problema sindacale affermavano giustamente che:

è dall'attività dei gruppi di fabbrica che potrà sorgere la nuova forma di organismo di massa, come superamento del sindacato: i consigli di fabbrica la cui parola d'ordine lanciamo non come obiettivo immediato ma come motivo di agitazione in seno alla classe lavoratrice [...] la parola d'ordine dei nuovi organismi di massa non è attuale, ma il Partito ha il dovere di prevedere quale sarà il corso degli avvenimenti e indicare fin da oggi agli operai quali saranno gli organismi che scaturiranno dall'evolversi delle situazioni e si imporranno come la guida unitaria del proletariato, sotto la direzione del partito.

Resoconti: Convegno di Torino 1945, Congresso di Firenze 1948, ed. Prometeo

C'erano tutte le premesse della nostra posizione successiva e d'oggi.

Organismi intermedi fra partito e classe" sono solo i consigli, che la classe si dà quale sua diretta emanazione. Gli strumenti di intervento del partito, in quanto emanazione del partito stesso sono i "gruppi comunisti di fabbrica.

Al momento, dal fuoco della discussione e della polemica con la componente bordighista, uscì la già citata tesi secondo cui i gruppi di fabbrica assumevano la doppia veste di organismo intermedio fra partito e classe e di organismo politico. Per l'esperienza fatta, ci pare che il gruppo di fabbrica, come è stato concepito dai primi anni di vita della nostra organizzazione, resti tuttora uno strumento valido laddove si ripropone di costituire il punto di riferimento per la trascrescenza delle lotte economiche su un terreno più specificamente politico. Non possiamo più considerarlo però organismo intermedio. Esso è e rimane emanazione del partito, inserito addirittura come propulsore, oltre che dirigente politico, negli organismi di massa della lotta proletaria, ma distinto da essi.

Sul terreno delle proposizioni politiche generali potremmo dire che non è mutata la funzione assegnata nelle Tesi di Roma al gruppo comunista di fabbrica, se non nell'oggetto della sua direzione: là si puntava sul sindacato, qui, oggi, puntiamo sui veri organi di massa intermedi fra partito rivoluzionario e classe, i consigli.

Qualcuno potrebbe chiedersi da dove nascesse quel "ritardo" nel giungere finalmente ad una soluzione definitiva dei vecchi equivoci, visto che le premesse erano già tutte contenute nei primi documenti programmatici del partito.

La risposta sta nei problemi che la nostra organizzazione doveva affrontare. Il compito dei comunisti, e quindi, precipuamente, del gruppo comunista di fabbrica, è quello di agitare e diffondere il programma comunista muovendo dai problemi reali dei lavoratori per evidenziare come la rivoluzione socialista sia l'unica, autentica e definitiva soluzione dei problemi derivanti dalla schiavitù salariale e ciò in contrapposizione tanto ai sindacati ufficiali quanto a quelli minori, che operano nel tentativo di riempire sui posti di lavoro il vuoto lasciato dai primi. Ma tale agitazione, per non ridursi ad una astratta propaganda di principi che non possono trovare risposta immediata e che quindi restano separati dalla vita e dai problemi immediati dei lavoratori, muove appunto da questi problemi reali e dunque su un terreno concreto di lotta sul quale possono determinarsi convergenze fra gli operai, anche al di là di una comunanza di milizia politica. Il gruppo di fabbrica poteva e doveva segnare il momento di concretizzazione di queste convergenze sul terreno di lotta al capitalismo e alle forze che lo rappresentano in seno alla classe.

In una fase complessivamente controrivoluzionaria, i pochi esempi di radicalizzazione della lotta operaia sul terreno della sua autonomia vedevano il gruppo comunista dilatare i suoi compiti sino a quello di sede decisionale e organizzativa delle stesse lotte operaie.

Di qui l'ultimo equivoco, ed una certa ambiguità nel delineare i compiti dei gruppi sindacali nella loro piattaforma che il V Congresso ha giustamente deciso di lasciar cadere. In essa si delineava una frazione sindacale e un'organizzazione dei gruppi di fabbrica posti a metà fra il partito e la classe, tanto da prevedere, per la frazione, anche la confluenza di altre forze.

Tutto ciò oggi è da ritenersi impraticabile e del tutto superato, per le ragioni esposte. Di più, nel passato il problema centrale che ci si poneva era quello di sottrarre le masse all'influenza del sindacato, in assenza di prospettive immediate di ripresa dei movimenti di classe. Il problema centrale era la lotta contro l'influenza del sindacato e a questa esigenza "tattica" obbedì la stesura di quella piattaforma.

Oggi il problema fondamentale su questo terreno è quello di operare perché eventuali movimenti forti della classe e gli organismi che la spontaneità operaia si darà (assemblee, coordinamenti di assemblee, consigli...), trovino sui posti di lavoro punti di riferimento ben caratterizzati politicamente e capaci di rappresentare la direzione politica degli organismi di massa medesimi.

Nessun equivoco è ormai consentito fra "organismo intermedio" e "cinghia di trasmissione". Se si vuole insistere ad usare questi abusati e invecchiati termini, va affermato chiaramente che nelle fasi di stabilità del dominio del capitale sul lavoro e della borghesia sul proletariato, non esiste lo spazio per organismi intermedi, ovvero di massa, fra il partito rivoluzionario e la classe che subisce quel dominio. È nel processo di rottura di quella stabilità che si determinano le condizioni per la nascita di organismi aperti alla possibilità di trascrescenza rivoluzionaria, aperti, cioè, all'influenza politica determinante del partito rivoluzionario. È la dinamica di ripresa attiva della lotta di classe che crea le condizioni per una rinnovata unità dialettica fra la classe e il suo organismo di direzione politica. L'unità dialettica di classe e partito si dà nella direzione politica da parte del partito (strategia e tattica della rivoluzione) sugli organi di massa del proletariato (forza viva e agente della rivoluzione).

Dove opera il gruppo comunista di fabbrica? Ove è la classe e ove è più opportuno lavorare per svolgere i compiti che gli sono assegnati. Fuori o dentro il sindacato, contro il sindacato.

Il vero problema non è dove, ma come devono lavorare. E prima di rimandare alle apposite tesi congressuali in proposito, ribadiamo il concetto: la definizione del "come" non può che scaturire dalla comprensione del rapporto esistente fra capitale e lavoro in seguito alle modificazioni di tipo monopolistico intervenute.

Dall'analisi di queste modificazioni scaturisce con chiarezza che nuovi limiti si sono determinati, rispetto a quelli già evidenziati da Marx, Engels e Lenin, nella capacità di incidere sul saggio del profitto; che questi nuovi limiti hanno costituito la base materiale della "degenerazione" dei sindacati; che i sindacati sono definitivamente perduti ad ogni prospettiva di classe.

La crisi inoltre ha provveduto a spazzar via la base materiale su cui il capitale, tramite i sindacati, ha ottenuto il consenso operaio, ed ha trasformato in maniera irreversibile il sindacato stesso in istituzione il cui compito specifico è l'imposizione delle strategie del capitale al di là e contro la volontà dei lavoratori.

Il sindacato nel terzo ciclo di accumulazione del capitale

In appendice un estratto dalle Tesi sulla tattica del Quinto Congresso del Partito Comunista Internazionalista, Milano, novembre 1982

Partito Comunista Internazionalista, Ottobre 1986