La commemorazione borghese del 25 aprile e le illusioni del proletariato

Resistenza antifascista contro il proletariato

Il 25 aprile è divenuto una flaccida commemorazione borghese di morti. Ognuno sfodera i propri e li contrappone a quelli degli altri seppur nell’affievolimento dell’antifascismo a favore di un recupero del fascismo nel nome del nazionalistico ‘siamo tutti italiani’. Questa diatriba sul primato dei morti non ci interessa, bensì i motivi politici per i quali più di 60 ani fa la classe operaia venne chiamata alla resistenza. Il 1943 fu l’anno di svolta per il conflitto in Europa: la sconfitta nazista a Stalingrado dopo quella in Africa settentrionale alla fine del 1942 erano il segno che la II guerra mondiale stava volgendo a favore degli Alleati (USA, Gran Bretagna e URSS). In Italia gli scioperi del marzo 1943 decisero la borghesia sulla necessità di abbandonare il ronzino fascista per cavalcare lo stallone antifascista-democratico. Via Mussolini, 25 luglio 1943, avanti, per il momento, Badoglio. Così, mentre i nazisti stavano consolidando la loro posizione in Italia arrivando a schierare 21 divisioni; il re iniziò le trattative con gli Alleati. È già evidente l’occupazione dell’Italia: al centro-nord i nazisti ed al sud, possibilmente da Roma, gli Alleati. Compito degli occupanti era anche quello di mantenere l’ordine pubblico. Per il momento ci pensava il governo Badoglio che, più di tutto, temeva le manifestazioni delle classi popolari e la saldatura tra queste ed esercito. La defenestrazione di Mussolini si era immediatamente tradotta in scioperi e manifestazioni contro la guerra, il fascismo e per la liberazione dei detenuti politici. La risposta fu la circolare del generale Roatta del 26 luglio che dava disposizione alle forze armate di procedere contro i manifestanti

in formazioni di combattimento et si apra fuoco a distanza, anche con mortai et artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche... Non est ammesso il tiro in aria; si tira sempre a colpire come in combattimento. (1)

Ben chiaro è alla borghesia quale sia il nemico di classe da combattere. Ad armistizio annunciato, mentre il 9 settembre gli Alleati sbarcano a Salerno, il re e Badoglio, col loro codazzo, scappano a Brindisi. Lo stesso giorno il costituito Comitato di liberazione nazionale (Pci, Psiup, PdA, Dc, Pli e Dl) lanciò un appello per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza contro tedeschi e fascisti per riconquistare all’Italia un posto tra le libere nazioni. In precedenza, maggio 1943, Stalin aveva sciolto l’Internazionale comunista, atto dovuto all’alleanza imperialista di guerra, mentre i partiti comunisti dovevano partecipare attivamente alla guerra di liberazione contro la coalizione hitleriana. Lo stesso Stalin spiegò che in quella guerra chi occupava un territorio gli avrebbe imposto il proprio sistema sociale: altro che rivoluzione socialista come credeva la classe operaia, ma ferreo controllo imperialistico dei territori occupati. Il 28 settembre Pci e Psi definirono una linea politica che consisteva nel chiamare la classe operaia a guidare la nazione nella lotta per l’indipendenza, la libertà contro nazisti e fascisti e per la creazione di una democrazia popolare. Il Pci, sull’Unità del 29 settembre, con un manifesto al popolo italiano, invitò la classe operaia a porsi alla testa del popolo per una lotta di indipendenza, all’interno dell’unità nazionale, e a battersi decisamente con tutti i mezzi nelle città, nelle campagne, fra i monti per cacciare l’invasore tedesco. Quindi da un lato mobilitazione contro i tedeschi in una guerra di indipendenza-liberazione e l’apertura di un nuovo fronte di guerra; dall’altro una politica moderata e di conciliazione di classe in nome dell’unità nazionale. La parola d’ordine per tutti era guerra, guerra imperialista: e la classe operaia? E l’internazionalismo proletario? Si era tornati al risorgimento nel bel mezzo di una guerra imperialista, così la classe operaia non doveva esistere come classe con propri interessi storici e fu ridotta a plebe: massa d’urto degli interessi della borghesia nazionale in una resistenza antifascista e antitedesca. Ma la classe operaia continuava a vivere nonostante si muovesse su posizioni politiche non sue, e con essa doveva vivere il suo partito di classe: partito internazionalista che si ricostituì in quei frangenti e riprese la sua battaglia comunista inserendosi in un contesto tanto drammatico quanto aggrovigliato:

riteniamo infatti che lo sfacelo borghese del nostro paese, determinato dall’andamento della guerra, non offra serie possibilità alla lotta finale del proletariato fino a che rimarranno sul nostro suolo truppe di occupazione qualunque esse siano”, nonostante questo ben chiaro dato di fatto “riteniamo d’altro canto nostro compito urgente sganciare le masse dalle influenze ideologiche e sentimentali verso questo o quel belligerante ciò che implica lotta aperta contro i partiti tradizionali socialista e centrista, che del fermento antitedesco e antifascista hanno fatto motivo di collaborazione imperialista e di tradimento del proletariato. (2)

Altrettanto netta è la posizione nei confronti della nascente lotta partigiana:

Il partigianismo a sfondo nazionale antitedesco è un’arma di cui la borghesia si serve per accecare l’operaio, per distoglierlo dal suo specifico terreno di lotta... Fra due imperialismi che si combattono nel nostro paese... non v’è per noi interesse di scelta: non vogliamo combattere contro il tedesco perché l’imperialismo anglosassone vinca.... Non vogliamo combattere contro la guerra nazista per legittimare la guerra democratica sotto qualsiasi veste si nasconda. Non vogliamo che il proletariato si dissangui per amore di una patria borghese: vogliamo che lotti per la sola causa che gli interessi, la conquista del potere. Alla parola d’ordine ‘nazione contro nazione’, noi sostituiamo la parola d’ordine ‘classe contro classe’: al moto delle bande partigiane antitedesche, l’armamento del proletariato per il raggiungimento dei suoi compiti storici...Il dilemma non è di combattere nell’esercito democratico o fascista o inserirsi nelle bande partigiane: è uno solo: guerra o lotta di classe...La liberazione del proletariato sarà realizzata non da chi l’ha invitato a combattere sotto la bandiera della democrazia, ma dal solo organismo che abbia lanciato al proletariato di tutto il mondo la vera parola d’ordine rivoluzionaria: Proletari disertate la guerra, disertatela sotto qualunque maschera vi si presenti! (3)

Seppur tra mille difficoltà si cercava di portare il proletariato su posizioni di classe, di riallacciarlo ai principi del marxismo: si operava per il disfattismo rivoluzionario e la rivoluzione socialista. Questo, e non altro, è stato ed è l’insegnamento di Lenin.

mr

(1) INSMLI “L’Italia dei quarantacinque giorni”, pp. 11-12, Milano 1969

(2) Prometeo, 1 novembre 1943, ‘La nostra via’

(3) Prometeo, 1 novembre 1943, ‘L’insidia del partigianismo’

 

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.