La spontaneità giovanile - 1977: Movimento del '77

Erano gli anni in cui si facevano sentire i primi morsi della crisi del ciclo di accumulazione del capitale (o fine del boom post-seconda guerra mondiale), apertasi “ufficialmente” nell'agosto del 1971 con la denuncia degli accordi di Bretton Woods (1944) da parte del presidente Nixon. Il PCI, reduce dai trionfi elettorali del 1975 e 1976, predica alla classe operaia la “politica dei sacrifici”, sia perché convinta - come sempre - della necessità che la classe operaia si “faccia carico” dei problemi del capitalismo italiano e porti sulle proprie spalle il peso della ristrutturazione dell'apparato produttivo (licenziamenti, allungamento dell'orario di lavoro, intensificazione dei ritmi, perdita del potere d'acquisto dei salari, prime forme di precarietà, ecc.), sia per favorire l'avvicinamento - presunto - alle poltrone governative, avvicinamento che si tradurrà, di lì a poco, nel cosiddetto governo dell'astensione e di unità nazionale. Naturalmente, la CGIL recita un ruolo da protagonista in tale politica anti-operaia.
In questo quadro, viene presentata la riforma Malfatti dell'università, che prevede, tra le altre cose, un aumento delle spese di iscrizione e un irrigidimento dei piani di studi (meno sessioni d'esame, obblighi di frequenza, ecc.). Nelle università scoppiano occupazioni e proteste che toccano anche la sinistra parlamentare: per esempio, Luciano Lama, allora segretario generale della CGIL, viene cacciato da studenti e militanti politici - per lo più dell'Autonomia Operaia - dall'università di Roma, dove si era recato per tenere un comizio al fine di “addomesticare” gli studenti in lotta. Si arriva così all'11 marzo 1977, quando, a Bologna, i carabinieri sparano alla schiena e uccidono Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua, durante una manifestazione contro le violenze messe in atto da Comunione e Liberazione nei confronti di studenti di sinistra. Immediatamente, scoppiano scontri durissimi con le forze dell'ordine borghese che si estendono ad altre città, in particolare Roma. Alla fine, per soffocare la protesta, a Bologna intervengono i mezzi blindati.
Benché nel movimento del '77 non fossero assenti frange di proletariato, soprattutto appartenente alle giovani generazioni, la classe operaia è ancora massicciamente sotto l'influenza, per non dire semplicemente il controllo, del PCI e della CGIL, che alzano un muro tra il proletariato e i “settantasettini”; questi ultimi, a loro volta, ben poco fanno per rompere o scavalcare questa barriera, dando anzi l'impressione di alimentare esageratamente il mito e quindi la contrapposizione tra i cosiddetti “garantiti” (operai col posto fisso, integrati dalle sinistre nel sistema) e i “non garantiti” (il “proletariato giovanile”, la piccola borghesia studentesca, ribelle e “bohèmienne”, ecc.).
Tra delusioni, confusione e sbandamenti, ebbe buon gioco a inserirsi ciò che chiamavamo “il riformismo con la pistola”, vale il terrorismo “rosso” (ma infiltrato dai colori dei servizi segreti di ogni dove), che, bruciando stupidamente, inutilmente, tragicamente tanti compagni in buona fede, ebbe la sua parte nello scrivere la parola fine ai fermenti politico-sociali di quegli anni e a preparare dunque i cupi anni a venire.

Perché non si ripeta il '68!

Da Battaglia comunista n. 3 - febbraio 1977

A nove anni di distanza, nuovamente le università esplodono. E' un nuovo sessantotto? NO! Nel '68 un generale sbandamento di masse di ceto medio si faceva interprete e attore di una crisi di ristrutturazione del capitale e del suo stato.

Ma oggi la crisi è di ben altra natura. Non di crisi di ristrutturazione si deve parlare, bensì di crisi ultimale di un ciclo di accumulazione.

Il fenomeno contro cui ha da battersi il capitale è la caduta del saggio di profitto. I tentativi di difesa del capitale sono invariabilmente legati ad un pesante attacco alle condizioni di vita della classe operaia.

Blocco dei salari, maggiore produttività (= maggiore sfruttamento), diminuzione del costo del lavoro sono le uniche misure economiche prese e possibili. l piani di occupazione giovanile sono truffe per garantire il supersfruttamento del lavoro nero al capitale privato e di stato. I piani di ristrutturazione industriale sono sempre e comunque attacchi alla occupazione. Le manovre di politica economica sono «insufficienti» al capitale, ma dilanianti per il salario operaio.

Da questa condizione parte il movimento attuale. Ogni suo tentativo di orientamento sul piano di classe, verrà a scontrarsi con la socialdemocrazia, validamente rappresentata oggi da PCI e confederazioni sindacali, che si muovono sul piano della conservazione del sistema, dopo aver abbandonato la loro stessa politica delle riforme. E chi va a recuperarla? La sinistra ex-extraparlamentare che ripropone oggi i temi che due anni fa erano del PCI.

Il partito "comunista" italiano, imbrogliando le carte sulla natura della crisi, pretende di riassorbire, magari a bastonate, il movimento nella politica dei sacrifici per... far uscire l'Italia dalla crisi. Per coprirsi a sinistra si serve dei falliti del 1968.

Da dove i fatti di Roma [cacciata di Lama, ndr]? Nel mentre il PCI è impegnato a far passare la sua politica di sostegno al capitale, non può permettere che un movimento massiccio quale quello attuale nelle università, la metta in discussione. Il rischio infatti è che quella «discussione» si generalizzi. Non di errori tattici di Lama si può quindi parlare, né di tradimenti del PCI. La socialdemocrazia è coerente al suo proprio ruolo.

Perché dunque il movimento non finisca come nel '68 in uno sterile codismo rispetto alla politica di conservazione di PCI e sindacati, l'unità organica con il movimento operaio di classe deve essere ricercata sul terreno della lotta:

  • contro il capitale
  • contro i sacrifici che esso impone
  • contro la politica di PCI e sindacati, estremo baluardo al crollo del sistema: se basta oggi, la socialdemocrazia non basterà domani a frenare il corso della rabbia proletaria.

Perché la ripresa della lotta di classe non si sperda in una serie di piccoli episodi di spontaneità, politicamente confusi e scoordinati dal punto di vista strategico e quindi facile preda della violenta reazione borghese, è necessaria la presenza e il rafforzamento nelle lotte del Partito della Rivoluzione. Dalla lotta di classe il rafforzamento della organizzazione rivoluzionaria. Dalla organizzazione rivoluzionaria la conduzione vittoriosa della lotta di classe.

Contro i recuperi democraticisti

Da Battaglia Comunista n. 4 - marzo 1977

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I fatti di Roma, Bologna, Torino dimostrano due cose essenziali:

  1. Se la socialdemocrazia - rappresentata meglio di ogni altro dal PCI - è ancora in grado di contenere la rabbia degli occupati per i colpi inferti dalla crisi e dalle contromisure economiche del governo e del padronato, non è più in grado di garantire dalle esplosioni di violenza di chi quotidianamente subisce la violenza della disoccupazione, della sottoccupazione, della emarginazione. Le favole sul nuovo modello di sviluppo, sulle riforme innovatrici, sulla graduale introduzione di elementi di socialismo, non riescono più a incantare chi con maggiore intensità e nei modi più drammatici vive gli effetti disgreganti e degenerativi della crisi capitalista.
  2. Sulla naturale rabbia delle masse emarginate che rifiutano organizzazione e programma complessivo di qualunque partito - scottate come sono dalle recenti esperienze dell'opportunismo ultraparlamentare di Democrazia Proletaria e ancora prive di validi punti di riferimento rivoluzionari - fanno indubitabilmente leva i centri, occulti e non, del potere borghese per condurre una intelligente opera di provocazione il cui scopo è portare a scontri atti a infliggere dure sconfitte alle punte avanzate della protesta.
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Di fronte a queste evidenze i rivoluzionari hanno precise constatazioni da fare e precise posizioni da assumere.

La neosocialdemocrazia (PCI, PSI, sindacati) è la forza meglio adeguata a gestire la crisi del capitalismo perché è la forza capace di convogliare il movimento operaio nella politica di sostegno alla conservazione capitalista (politica dei sacrifici), capace cioè di garantire il clima di pace sociale necessario affinché la borghesia possa compiere tutti i passi necessari nei frangenti di crisi.

L'alternativa, sempre borghese - al metodo socialdemocratico è la reazione aperta che non mancherà di manifestarsi (non importa i soggetti) allorquando esso si mostrerà insufficiente.

Ma per il momento ciò che si mostra con tutta evidenza è la manovra aggirante proprio della socialdemocrazia che, con il tentativo universalmente riconosciuto di «criminalizzare» ogni forma di opposizione, mira a rinchiudere nelle proprie gabbie legalitarie e collaborazioniste il grosso del movimento operaio, che pur ben altri interessi avrebbe da esprimere che non la salvaguardia delle istituzioni democratiche.

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La messa in discussione della socialdemocrazia, sempre doverosa e legittima, va espressa ben altrimenti che come oggi nelle piazze.

Non si va allo scontro fisico con le forze della reazione borghese, sostenute e anzi aizzate dal PCI, senza una adeguata preparazione politica del retroterra sociale, senza cioè la solidarietà attiva del proletariato che nelle ragioni dello scontro identifica le stesse ragioni della propria lotta.

Non si attaccano fisicamente le fortezze della socialdemocrazia prima di averla sconfitta sul piano ideologico politico organizzativo nell'ambito della classe operaia.

Quando ciò avviene è inevitabile la riuscita delle strumentalizzazioni conservatrici che hanno buon gioco nel solleticare il diffuso perbenismo democratico e giustificarsi così nella repressione più dura.

I rivoluzionari si impegnano sin da oggi nella preparazione delle condizioni politiche perché all'attacco dello stato e delle sue forze di conservazione, comunque camuffate, vada compatta la classe operaia, quale unica agente della emancipazione della società dalla schiavitù di classe, sulla precisa linea strategica e tattica della rivoluzione proletaria, della instaurazione della dittatura del proletariato, dell'avvio rivoluzionario della costruzione del socialismo.

Lotta alla socialdemocrazia nelle sue forme politiche e sindacali!

Agitazione e propaganda dei dimenticati principi del comunismo e della dittatura proletaria!

Denuncia delle manovre del capitalismo agonico verso un nuovo macello mondiale.

Organizzazione della rete operaia rivoluzionaria, cui faranno riferimento le future lotte della classe operaia!

Lenin, 1902: Bisogna sognare!

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