Votare non serve, non votare non basta

Questa è la parola d’ordine, l’indicazione politica, il senso dell’atteggiamento pratico da tenere, che abbiamo indicato per affrontare l’ennesima truffa elettorale delle elezioni amministrative ultime.

Riaffermazione di una critica politica e pratica fattiva all’elettoralismo borghese in generale, in linea con la nostra posizione di Partito di sempre, calandola nel contesto concreto odierno e delle sue contraddizioni sul fronte borghese e di coscienza e mobilitazione della nostra classe.

Votare non serve

Come indicazione politica funzionale a riaffermare la centralità degli interessi di classe proletari, fuori e contro gli interessi borghesi e dai suoi meccanismi di cooptazione.

Non votare non basta

Come indicazione pratica, politica e di prospettiva che la soluzione agli interessi della nostra classe non può che porsi su un terreno di costruzione di un'alternativa proletaria e rivoluzionaria indipendente, uscendo dalle secche delle compatibilità capitalistiche e non accontentandosi dell’astensionismo e della semplice disaffezione verso il sistema politico.

Anche in quest’ultima tornata elettorale non è un caso che il primo dato che salta agli occhi è proprio il crescente astensionismo. In molti, moltissimi, ormai non vanno più a votare, disgustati da un sistema politico che rappresenta solo i propri interessi, senza nemmeno più l'illusione ideologica di tutelare l'interesse collettivo.

Da qui alla presa di coscienza di appartenere alla classe sfruttata, alla presa d'atto della necessità di una alternativa di sistema, il passo è grande, ma tant'è.

A livello intuitivo avanza la presa d'atto che, qualsiasi sia il politicante mandato al governo o in comune, di destra, di sinistra o cinquestelle, nulla cambierà.

Per noi il fatto è evidente: l'evolvere della crisi riduce a zero i margini di mediazione, chiunque governi non lo fa per affermare una differente visione di gestione della società (sia pure nell'ambito del capitalismo) ma solo ed unicamente per gestire le contraddizioni del sistema. Dal piano locale a quello continentale, dalla destra al centro alla sinistra, la ricetta è sempre la medesima: tagli, razionalizzazione, flessibilità, ossia attacco alle condizioni di vita e di lavoro della classe proletaria.

Un proletariato nuovo perché composito, variegato, differenziato, ma pur sempre caratterizzato dal vivere di magri salari e dal vedere in costante peggioramento le proprie condizioni di esistenza.

Un proletariato tutto sommato ancora imbrigliato nella propria condizione di subordinazione, che ad ogni passo è costretto a fare i conti con il peso di condizioni di vita sempre più degradate, ma le cui risposte o finiscono nell'immediato per ridursi nel particolarismo o, alla lunga, per essere risucchiate dentro le opzioni che il sistema borghese mette in campo per governare la sua crisi.

La battuta d’arresto del PD e l’avanzata del M5S esprimono congiunturalmente sia - sul terreno sociale e dei rapporti fra le classi - la crisi degli equilibri politici borghesi di fronte alle misure draconiane che la borghesia ha posto sul terreno come necessarie per affrontare la propria crisi, che, al contempo, l’estrema debolezza di una posizione di classe indipendente. Le tensioni sono ancora catalizzate all’interno di formazioni politiche che fanno dell’interclassismo variamente declinato la propria base programmatica e di riferimento ideale all’interno delle compatibilità del sistema capitalistico.

Così fu a suo tempo per il berlusconismo e il leghismo, così è oggi per queste forme di interclassismo “populista” che, lungi dal essere fenomeni a-storici, sono in realtà il prodotto della fase che li ha determinati con tutte le loro contraddizioni destinate a scoppiare. Dal classico interclassismo “socialdemocratico”, passando per quello declinato in forma “populista”, fino a quello apertamente “reazionario”, politicamente queste espressioni o sono divenuti fenomeni ancillari al sistema politico borghese in una sostanziale legittimazione dello stesso e delle forze dominanti, o una volta chiamate a governare la crisi sul proscenio della storia non hanno potuto che gettare la maschera in un'azione politica che ruotasse principalmente intorno agli interessi della borghesia dominante, all’interno di una parabola politica che ne ha mostrato la vera natura di classe non senza contorsioni e crisi interne.

Per questo la collocazione politica obiettiva del M5S, forza borghese fra le forze borghesi, è mantenere in vita il sistema, sostituire alla contrapposizione reale tra sfruttati e sfruttatori quella illusoria tra “onesti e disonesti”, ma poi appunto i conti vanno fatti quadrare.

Per certi versi il M5S, al di là delle istanze particolariste che lo animano, pone sul piatto la questione di un'ulteriore spinta in avanti alla razionalizzazione stessa del sistema, già di fatto in corso da molto tempo.

La dicotomia “onesti vs disonesti” con cui viene presentato oggi (ieri era il “vecchio” contro il “nuovo”) il conflitto di interessi contro la permanenza di interessi “parassitari” e di “casta” non più consoni ad avere voce in questa fase, è stato il ritornello su cui più concretamente si è data battaglia fra interessi particolari e interesse generale della borghesia.

A partire di queste narrazioni, apparentemente a-classiste, per il bene comune di tutti, non solo si è data contraddittoriamente una selezione di interessi all’interno dello stesso campo borghese, fra le sue frazioni, ma molto più sostanzialmente si sono messe in campo quelle politiche che hanno stabilito nuovi livelli di sfruttamento intensivo e degrado delle condizioni di vita delle classi lavoratrici e proletarie.

Una spinta propria agli interessi generali della grande borghesia e di cui il PD stesso e il “renzismo” si sono fatti interpreti in questa fase, ma che, per quello che riguarda il M5S, come forza politica chiamata a “governare”, allo stato deve uscire dalla formula di “mediazione di interessi” che porta con sé come forza interclassista.

La borghesia, nella sua crisi non può ritornare indietro, le fasi di crisi e di rappresentanza politica non possono che trovare risoluzione in un “salto in avanti”, in un rafforzamento del proprio sistema di dominio a garanzia dei propri interessi, in un riadeguamento e razionalizzazione di tutti i fattori politici, economici, di comando e sfruttamento adeguati alla fase imperialista.

O le forze politiche borghesi si fanno capaci di interpretare questi interessi, o rimangono ai margini del quadro politico borghese, riflettendo le contraddizioni che questo stesso processo genera, in una funzione di mera legittimazione del sistema stesso. Un procedere contraddittorio, non lineare, che se in prima istanza riflette le contraddizioni dell’adeguamento della sovrastruttura alle necessità strutturali del capitalismo, tende nel suo procedere ad investire gli assetti politici e le stesse forze politiche borghesi chiamate a rappresentare gli interessi centrali della borghesia con i contraccolpi che si producono in termini di selezione degli interessi e di consenso di ritorno.

Ed ecco che lo stesso M5S giocoforza si scontrerà con questo ordine di problemi non aggirabili, primo fra tutti il “dazio obbligato” di far pagare al proletariato i costi della crisi del sistema, in nome della competitività del sistema Italia, del rilancio degli investimenti, della crescita dei profitti: taglio delle pensioni, disoccupazione, riduzione dei salari e maggiore sfruttamento per chi ha la "fortuna" di avere un posto di lavoro.

Dicevamo all’inizio come sia l’astensionismo che la spinta alla delega politica verso forze come il M5S non rappresentano che in modo e forma diversa, seppur non assimilabili e corrispondenti, la sostanziale mancanza di una capacità indipendente del proletariato e di strati delle classi lavoratrici di costruire una propria alternativa sulla base dei propri interessi contingenti e generali .

Lo scoglio è capire che, se mai è esistito, è finito il tempo nel quale ci si poteva illudere di delegare ad un candidato o ad un quesito la difesa dei propri interessi di classe. Il dato di realtà è che o ci si impegna e ci si organizza in prima persona, per la lotta di classe, per la lotta per un mondo nuovo, oppure si perde, sempre e comunque, indipendentemente dall'esito delle consultazioni dalle quale usciamo sempre un poco più deboli di come vi siamo entrati.

Mercoledì, June 22, 2016