La nostra battaglia

Di seguito pubblichiamo un documento redatto in occasione del corteo organizzato dal S.I. Cobas per il 24 febbraio a Roma. Tale documento verrà distribuito anche durante la manifestazione ed è finalizzato ad aprire un sincero confronto politico con tutti/e i/le compagni/e che si pongono sul terreno dell’anticapitalismo e della rivoluzione comunista.
Ricordiamo inoltre, a chi voglia incontrarci, che saremo presenti alla manifestazione del 24 e interverremo prossimamente a Roma all’Assemblea astensionista del 25 febbraio. Inoltre organizzeremo il primo marzo, alle 16:00 presso La Sapienza, un dibattito pubblico dal titolo “Votare non serve, astenersi non basta”.

Per cambiare realmente le cose è necessario costruire lo strumento politico della lotta di classe

La nostra battaglia

è per la lotta rivoluzionaria del proletariato,

è per il partito di classe,

è per rovesciare il sistema capitalista,

è per un nuovo ordine sociale comunista.

Crisi capitalista e lotta proletaria

La crisi economica che da lunghi anni ci sta stringendo alla gola - gettandoci nella precarietà, nella miseria, nell’incertezza – non è un prodotto della volontà di Dio o della cattiveria di pochi individui. No. La crisi è il prodotto di un sistema economico dalla natura intimamente irrazionale e violenta, giunto ormai alla sua massima fase di maturazione.

Il capitalismo non ha altro da offrirci se non ulteriore sfruttamento, fame, guerra.

Qualsiasi ragionamento politico deve partire da questo dato di fatto.

Chi pensa che sia oggi possibile conquistare diritti, salario, benessere, democrazia e libertà per generalizzarli… sta mentendo e sta seminando illusioni e falsità: nulla cambierà veramente se non attraverso una rivoluzione politica e sociale.

Fortunatamente l’umanità, e noi sfruttati che ne rappresentiamo la parte ancora sana, non si arrende e non si arrenderà mai di fronte a tale barbarie: pur tra mille difficoltà e nonostante i tanti nemici interni ed esterni, qua e là continua ad esserci chi decide di alzare la testa, esponendosi in prima persona. Le lotte proletarie, per quanto al momento flebili e poco numerose, continuano e continueranno ad accendersi in Italia e nel mondo. Queste lotte dimostrano un dato di realtà: un mondo che si fonda sullo sfruttamento può essere messo in discussione, ma per farlo veramente c’è bisogno di fare un salto di qualità.

I rapporti di classe

In questi anni di aperta crisi del sistema capitalista:

Il proletariato arretra sconfitta dopo sconfitta mentre la borghesia impone sempre nuovi termini di dominio, steccati e frammentazione alla classe sfruttata e alle sue espressioni di lotta.

La borghesia si fa interprete delle sempre più stringenti compatibilità imposte dalla crisi, agendo a 360 gradi per imporre il suo dominio mentre la risposta di classe retrocede sempre più sul piano della difesa estrema, frammentandosi di pari passo col frammentarsi dei luoghi di lavoro e con il precarizzarsi delle forme dello sfruttamento: clima da caserma e ipersfruttamento nei luoghi di lavoro e passività sociale sono le 2 facce di questa medaglia.

La borghesia e il padrone esprimono tutta la loro capacità di porre ed imporre i propri interessi generali, la risposta di classe proletaria è invece parziale, difensiva. In questo fatto emerge tutto il limite della nostra risposta: sempre capace di ripresentarsi perché incalzata dagli attacchi borghesi; ancora mai capace di superare questa dimensione immediata per confrontarsi con l’ordine generale dei problemi posti dall’avversario di classe.

Dietro il singolo padrone c’è il sistema di dominio della borghesia.

Questo dato di realtà si manifesta ancor più crudamente nelle fasi di crisi, quando oppressione e sfruttamento aumentano a dismisura.

Le sconfitte subite dalla nostra classe hanno fatto si che andasse perso anche l’orizzonte generale di un alternativa politica di sistema. Attestandosi nel contrastare di volta in volta i progetti padronali e borghesi immediati, le lotte (quand’anche generose) hanno perso il loro senso generale auto-imponendosi come limite l’orizzonte rivendicativo immediato.

A volte si è vinto, più spesso si è perso, ma sempre si è evitato di porre il problema politico della costruzione di una prospettiva di superamento della propria condizione di sfruttamento, ossia di porre il problema della costruzione degli strumenti politici e organizzativi - anche nella fase di difensiva – necessari a perseguire un processo di emancipazione dallo sfruttamento capitalistico.

Questo il vero nodo di fondo che deve affrontare e accompagnare la lotta proletaria e le sue avanguardie nel suo svolgersi e nell’inquadrare i problemi anche immediati.

E’ di fronte a questa debolezza complessiva del proletariato, nell’articolare e ricostruire una prospettiva di superamento del sistema, che riprendono fiato le ipotesi di un riformismo dai mille volti, sempre perdente e sempre risorgente come l’araba fenice.

Riformismo che si nutre della debolezza e del disorientamento di classe per autolegittimarsi come portatore di un illusorio “interesse generale di cambiamento”, sempre all’interno dell’attuale quadro del sistema capitalistico.

O la lotta proletaria si fa carico dell’inconciliabilità degli interessi in campo, e quindi della necessità di superare i propri limiti immediati con un progetto di messa in discussione, rottura e superamento del sistema di sfruttamento, o rimarrà prigioniera nelle gabbie di questo stesso sistema.

La nuova composizione di classe

Decenni di crisi economica hanno completamente trasformato il mondo, non solo le nuove tecnologie, ma gli stessi sistemi di sfruttamento sono diventati sempre più feroci mentre milioni di proletari fuggono dai loro paesi di origine. In Occidente la grande fabbrica si è in larga parte disgregata e dispersa nei territori, molti processi produttivi sono stati spostati dove la forza lavoro costa sempre meno, spostando così le grandi concentrazioni industriali in altre aree del pianeta. Questo ha fatto sì che la composizione della nostra classe, la composizione di classe proletaria, sia enormemente cambiata rispetto anche solo a qualche decennio fa. L’avanguardia politica rivoluzionaria non può più pensare di radicarsi solo nelle fabbriche ma, sebbene queste risultino ancora centrali perché è lì che si produce il plus-valore, è oggi fondamentale che la stessa concezione di “proletariato” – che rimane attualissima – si adegui e, per esempio, che nuclei di compagni si radichino anche nei territori e facciano maturare su di un piano politico rivoluzionario anche le istanze di un proletariato (in larga parte giovane) sempre più composto da disoccupati che entrano ed escono dal mondo del lavoro, costretti a subire salari da fame, precarietà e super-sfruttamento.

Rivendicazione economica e battaglia rivoluzionaria

Ogni singola lotta rivendicativa deve diventare un momento nel quale denunciamo lo sfruttamento, le condizioni nelle quali siamo costretti a vivere e dove affermiamo che, fermo restando il capitalismo, le condizioni generale della nostra classe peggioreranno sempre di più. I lavoratori più coscienti devono agire per organizzare i colleghi migliori e i proletari del territorio attorno ad una piattaforma politica e ad un metodo di lavoro rivoluzionari.

Due sono gli obiettivi che ci diamo nelle lotte:

  1. sviluppare la determinazione della lotta stessa, spostare i centri decisionali dalle burocrazie delle sigle sindacali a sinceri momenti di autorganizzazione nei quali i lavoratori siano uniti indipendentemente dalle appartenenze sindacali o politiche: solo lottando nella maniera più forte, chiara ed estesa riusciremo ad arginare i compromessi al ribasso ai quali la logica sindacale costantemente ci espone; a trattare ci vanno i nostri delegati su preciso mandato delle assemblee, non i burocrati; no ai tatticismi.
  2. organizzare nuclei di compagni rivoluzionari, coscienti della necessità di sviluppare un percorso politico classista e anticapitalista, per il partito proletario.

Natura e funzione del partito rivoluzionario

Solo attraverso la costruzione del nostro partito di classe potremo infatti sviluppare concretamente un percorso per liberarci dalle catene che ci legano a questa società.

Il partito di classe è l’organizzazione dei proletari più coscienti, che hanno maturato la consapevolezza che ogni tatticismo sindacale e ogni opportunismo politico portano acqua solamente al mulino della classe dominante.

Il partito è lo strumento politico indispensabile della lotta di classe proletaria, è il fattore che organizza e rende più forti i singoli compagni e la classe tutta unificandola in una sola direzione: rendere sempre più incisivo il nostro agire verso un fine unico, il superamento del capitalismo e la costruzione di un nuovo ordine economico e sociale.

Da questo punto di vista il partito è il solo strumento che permette alle lotte di maturare in senso politico, evitando che rimangano nei pantani della contrattazione sindacale e delle illusioni del riformismo politico (le due cose vanno solitamente assieme). Di maturare, cioè, di lotta in lotta, una coscienza non più contrattualistica ma rivoluzionaria, almeno nelle sue frange più avanzate.

Per l’unificazione politica della classe degli sfruttati

La crisi ha frammentato la nostra classe, l’ha dispersa e stravolta, eppure gli sfruttati, i proletari, sono sempre più la componente maggioritaria della società.

L’unica identità collettiva che può unirci, non essendoci più le fabbriche che occupavano decine di migliaia di lavoratori in un unico capannone, è il nostro inconciliabile antagonismo alla classe dominante dei borghesi e dei capitalisti. Far avanzare le singole istanze sul piano politico è l’unica strada per arrivare ad una reale unità delle lotte e quindi dei settori attivi della nostra classe. Il programma politico rivoluzionario comunista è, piaccia o meno, l’unico fattore che può riunire i mille rivoli in cui si è dispersa la nostra classe.

Strategia generale

La denuncia del capitalismo, di ciò che rappresenta - sfruttamento, miseria, guerre, migrazioni e devastazione ambientale - deve diventare un elemento sempre più presente in ogni mobilitazione, sia essa nei luoghi di lavoro, nei territori, nelle scuole/università, per l’ambiente, contro la guerra etc.

Il partito di classe è l’unico fattore che può permettere alle lotte di unificarsi sempre più facendole maturare sotto il comune denominatore politico dell’anticapitalismo rivoluzionario. Attualmente le lotte sono limitate e disperse perché si collocano esclusivamente sul piano economico del rapporto capitale/lavoro, non rispondendo così all’ordine generale dei problemi che invece la borghesia pone con chiarezza. Una vera unificazione può avvenire invece sul terreno politico rivoluzionario.

La generalizzazione della lotta di classe, sempre più politica, porrà all’ordine del giorno il problema della costruzione di veri e propri organismi politici rappresentativi della nostra classe: i consigli.

I consigli dei lavoratori, precari e disoccupati saranno insomma la nuova forma di potere che sostituirà l’attuale Stato borghese e che guiderà l’umanità intera alla costruzione del nuovo ordine sociale ed economico, quello comunista.

Fasi

Le fasi di questo processo rivoluzionario sono fondamentalmente quattro, ed oggi ci troviamo nella prima:

  1. Lotta di classe: sviluppo della coscienza e dell’organizzazione di classe del proletariato attraverso la costruzione dello strumento politico della lotta di classe, il partito, che si radica nei luoghi di lavoro e nei territori unificando politicamente le istanze dei differenti settori della nostra classe sotto la parola d’ordine dell’anticapitalismo comunista.
  2. Rivoluzione: conquista rivoluzionaria del potere politico da parte del proletariato.
  3. Dittatura del proletariato (o difesa rivoluzionaria del potere dei consigli o fase di transizione): mentre sarà garantita la massima libertà di espressione a tutti i lavoratori, precari e disoccupati, nessuna libertà politica verrà concessa ai membri delle classi oggi dominanti, responsabili dello sfacelo nel quale siamo costretti a vivere, progressiva distruzione del rapporto capitale/lavoro.
  4. Comunismo: fine di ogni divisione in classi della società, definitiva estinzione dello Stato, piena uguaglianza economica e sociale: “da ognuno secondo le proprie capacità a ognuno secondo i propri bisogni”.

Obiettivi generali della fase di transizione

Gli obiettivi generali del programma che guideranno il partito e la classe attraverso la fase della dittatura del proletariato fino al raggiungimento del comunismo sono via via i seguenti:

  • difesa del potere rivoluzionario dagli assalti della reazione borghese.
  • rapida estensione e consolidamento della rivoluzione proletaria in aree sempre più vaste del pianeta.
  • retribuzioni commisurate alle necessità: famiglia più o meno numerosa ecc.; in ogni caso, questa è ancora la fase di transizione, uguaglianza di diritti, doveri e di possibilità di accesso al benessere disponibile per tutti.
  • socializzazione (passaggio sotto il controllo diretto dei consigli) di tutte le industrie, i trasporti, le infrastrutture, le abitazioni, loro utilizzo secondo una pianificazione dal basso volta a rilevare e soddisfare i bisogni complessivi della popolazione, con logica egualitaria.
  • rapido superamento del capitale come forza produttiva e del rapporto capitale/lavoro, contabilità sociale sulla base delle ore di lavoro – non tesaurizzabili – e non del denaro.
  • avviamento di un nuovo modello di produzione, abitazione e vita che veda al centro i bisogni umani, in armonia con la natura e la definitiva estinzione del capitale (denaro, salario, profitto) quale fonte delle disuguaglianze, delle lotte per il potere, delle guerre.
  • fino alla piena libertà di circolazione per tutti gli esseri umani di tutto il pianeta, all’ abolizione di tutte le frontiere.

Come si può facilmente riscontrare questo programma non ha nulla a che vedere con la Russia di Stalin, la Cina di Mao, la Cuba di Castro, la Corea di Kim Il Sung etc., tutti “capitalismi di stato”.

Infatti solo in Russia, nel 1917, ci fu una rivoluzione proletaria, ma questa venne presto sconfitta da una controrivoluzione che ebbe inizio già negli anni 1920.

Conclusione

In questo testo siamo partiti dalla crisi, abbiamo tracciato il compito degli internazionalisti nelle lotte della nostra classe e abbiamo tratteggiato il percorso che ci porterà ad un nuovo ordine sociale. Questa strategia fa necessariamente perno intorno alla costruzione del partito politico rivoluzionario della classe proletaria.

Noi, partito comunista internazionalista, ci riteniamo uno dei nuclei di tale futuro partito internazionale (come è internazionale il dominio borghese), che vogliamo costruire oggi per poter realizzare la rivoluzione proletaria domani e permettere così ai nostri figli e nipoti di crescere in un mondo nuovo, nel quale gli orrori della società attuale siano solamente un triste ricordo da studiare sui libri di scuola.

Lottare per il comunismo o morire di capitalismo, non ci sono alternative.

Le compagne e i compagni del partito comunista internazionalista
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Lunedì, February 19, 2018