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Home ›Contro i sacrifici! Contro la guerra!
Ancora sacrifici! Padroni, governo e sindacati ci hanno fatto ingoiare sacrifici per anni e ogni volta doveva essere l'ultima. Ora siamo daccapo: il governo si appresta a tagliare le spese sociali per decine di migliaia di miliardi (sanità, previdenza, assistenza; é in atto una nuova ondata di licenziamenti e di CIG; si riparla di blocco di quel che rimane della contingenza; si prepara la riforma al ribasso del salario.
Il contratto dei metalmeccanici non si sblocca e non certo per i suoi contenuti.
I padroni lo usano come arma di ricatto, ma ciò non cancella le responsabilità del sindacato colpevole una volta di più di aver imposto d'autorità una piattaforma che inchioda gli operai ai salari di fame di sempre.
"La festa é finita" proclama Agnelli, ma per gli operai non é mai iniziata e ciò significa il passaggio dalla padella alla brace, significa che la crisi dell'economia é tutt'altro che risolta e che ai sacrifici non c'é mai fine.
Di nuovo la guerra! Gli stessi mass-media che osannavano la nuova era di pace apertasi con la fine di Yalta, ora - servi come sempre della borghesia-, propagandano la inevitabilità della guerra. Il diritto internazionale é solo un pretesto. Dietro la foglia di fico dell'ONU gli eserciti USA e degli altri paesi sono nel Golfo Persico a difendere gli interessi delle grandi potenze nella regione. L'Iraq, spinto da una crisi interna eslosiva, ha cercato di ridefinire a proprio vantaggio gli equilibri economico-politici in Medio Oriente, mettendo le mani sui pozzi e cancellando il suo debito verso il Kuwait.
Grandi o piccoli che siano, i banditi dell'imperialismo difendono i propri profitti senza arrestarsi nemmeno davanti alla possibilità dello sterminio chimico, biologico o atomico di intere popolazioni inermi. La crisi del golfo dimostra che nell'epoca dell'imperialismo la pace nbon può esistere.
Contro i sacrifici! Contro la guerra! Cosa hanno da guadagnare gli operai occupati e disoccupati da una nuova guerra? Assolutamente nulla: Hanno solo da perdere. La contrapposizione che conta realmente non é quella fra Nord e Sud, o fra...cristiani e musulmani, ma quella di sempre fra borghesia e proletariato a livello internazionale.
È la borghesia a volere la guerra per i suoi interessi; tocca ai proletari, al nemico di classe della borghesia, lottare contro la guerra.
Non serve il pacifismo inconcludente e interclassista, le petizioni, gli appelli al dialogo e alla diplomazia, le marce della pace. Alla fine le forze della socialdemorazia alla testa di tali iniziative si sono sempre schierate e si schierano su un fronte o l'altro della guerra imperialista.
Occorre invece che i proletari di ogni paese riconquistino la consapevolezza di essere classe sfruttata e internazionale e rivolgano le proprie lotte contro i propri sfruttatori, la prorpria borghesia e il proprio stato.
In Italia, come in Iraq o negli USA occorre respingere la campagna guerrafondaia e interventista in atto, smascherando i veri interessi che le stanno dietro. E Occorre organizzare una risposta alle stangate assestate alla nostra classe in nome dell'economia nazionale (borghese) e della lotta contro il... "nemico".
Operai! Se lasciamo passare senza reagire le nuove stangate, se lasciamo che i padroni con la complicità dei sindacati decidano loro ciò di cui abbiamo bisogno, se ci lasceremo convincere che il mondo dei padroni é bello, giusto ed eterno - la borghesia si riterrà libera di fare tutte le guerre che vuole. Compagni!Bisogna far tornare a parlare e agire la nostra classe. I profeti del capitalismo di stato camuffato da socialismo hanno fallito. Siano seppelliti con tutte le loro mistificazioni. Ma non é finito il bisogno di una società senza sfruttamento, senza milioni di morti in guerra, senza milioni di morti per fame nel mondo.
Contro la nuova stangata e i nuovi sacrifici.
Per aumenti di salario consistenti e uguali per tutti.
Contro la guerra e contro l'interventismo.
Per la ripresa della lotta contro gli interessi e le compatibilità del capitale.
Per la ripresa del programma di emancipazione di classe e del suo partito.
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