Dalla parte di chi?

Manifestazione per la ridistribuizione della ricchezza

Milioni di persone in ogni angolo del pianeta sprofondano nella miseria, incrementando, ogni giorno che passa, il già sterminato esercito dei poveri; guerre "umanitarie" e guerre "dimenticate" - ma non dalle loro vittime - diffondono a piene mani dolore e morte e mettono in fuga verso altre sofferenze migliaia e migliaia di diseredati, l'eterna canne da cannone dei giochi assassini dei potenti; in ogni paese del mondo, senza eccezione alcuna, la classe operaia, il proletariato di qualunque colore e lingua è sottoposto ad un attacco spietato che tende a livellare verso il basso le sue condizioni di vita e di lavoro, ricacciandolo indietro di 150 anni, quando non subisce già queste condizioni in moltissimi luoghi del globo terrestre.

Al polo opposto della società, invece, i ricchi sono sempre più ricchi; anzi, mai nella storia si è vista così tanta ricchezza concentrata in così poche mani. È naturale e giusto, allora, che questo scenario faccia sorgere rabbia e volontà di cambiare le cose; ma rabbia e volontà da sole non bastano: occorre imboccare la strada giusta per mettere la parola fine alla società del capitale.

Rifondazione Comunista ha indetto una manifestazione popolare per ridistribuire la ricchezza, ma è o, meglio, dovrebbe essere noto a chiunque si dica e pretenda di essere comunista, che il modo in cui viene distribuita la ricchezza è determinato dal modo in cui questa ricchezza viene prodotta. Dunque, in ogni società divisa in classi contrapposte e, a maggior ragione, nel capitalismo, la ricchezza di una ristretta minoranza è prodotta esclusivamente dalla grande maggioranza. Voler ridistribuire senza mettere in discussione - se non in un futuro tanto lontano da svanire alla vista - il meccanismo che regge tutte le ingiustizie sociali significa accettare le regole della società e diffondere l'anticomunista illusione che questo sistema possa essere riformabile, cioè ripulito dei suoi aspetti più odiosamente appariscenti. Ma il sistema non è riformabile, e se un tempo, per ragioni economiche e sociali, il capitale concedeva le classiche briciole, oggi non ci sono più nemmeno quelle; adesso, al contrario, intensifica lo sfruttamento del proletariato perché la sua fatica e il suo sangue devono alimentare saggi del profitto declinanti e la rendita parassitaria finanziaria in enorme espansione.

In breve, il riformismo (anche se si fa chiamare "comunista") mai anticapitalista, ora non ha nemmeno gli spazi per la difesa minimale del proletariato e non può fare altro che mostrare apertamente la sua natura di puntello della borghesia.

Infatti, non si può dire di stare dalla parte dei lavoratori e allo stesso tempo sostenere governi - Prodi - che bastonano il mondo del lavoro salariato/dipendente esattamente come la Destra, partecipare alle giunte locali che amministrano e somministrano ulteriori pesanti tosature a salari e stipendi, né tanto meno intrigare tra i banchi parlamentari per mercanteggiare appoggi a nuovi governi sempre e comunque antioperai. Non si può scrivere di stare dalla parte degli sfruttati e contemporaneamente sostenere - sia pure "criticamente" - il sindacato, gestore della forza-lavoro per conto del padrone o, nel migliore dei casi (si fa per dire) illudere che nuovi sindacatini "antagonisti" possano risolvere i problemi dei lavoratori: in questo modo si frastorna o si mente sapendo di mentire al proletariato: in ogni caso si rinforzano le catene del proletariato...

La via per opporsi alla barbarie sociale dilagante è esattamente l'opposto: fuori e contro le sordide manovre parlamentari, fuori e contro la logica sindacale, sia in versione apertamente antioperaia confederale che in quella neoriformista - semplicemente impotente - "di base", per la ripresa della vera lotta di classe di parte operaia, autenticamente dal basso, contro i limiti e le compatibilità asfissianti imposte da governi e sindacato, per il rafforzamento del partito rivoluzionario, per la rivoluzione proletaria anticapitalista!

PCInt

GLP