Rendere la povertà storia? Rendere il capitalismo storia!

Distribuito alle manifestazioni anti-G8

È fuori questione che la povertà nel mondo sia una delle più grandi oscenità del nostro tempo. In un mondo di ricchezza, ogni giorno 30mila bambini muoiono di fame. Un miliardo di persone, un sesto della popolazione mondiale, vive con meno di 1$ al giorno. Un terzo della popolazione mondiale vive con meno di 1£ (~1,75$, vedi tabella in basso).

E il livello di povertà sta aumentando in tutto il pianeta. Ciò non vale solo per Africa, Asia e America Latina, ma anche per le nazioni più ricche del globo. In Gran Bretagna, tra il 1979 e il 1995, il 10% più ricco ha visto un aumento del reddito del 70%, mentre il reddito del decimo più basso è sceso del 10%. E questa è solo la stima ufficiale del Dipartimento del Lavoro e delle Pensioni. Oggi, anche perché il welfare state viene tagliato, il numero di persone che dipendono dai sussidi assistenziali è a livelli record.

Noi non abbiamo dubbi che la maggior parte di quelli che stanno prendendo parte alla campagna anti-G8 siano genuinamente interessati a combattere questi problemi. Ma pensiamo per un minuto. "Rendiamo la povertà storia" è uno slogan su cui difficilmente qualcuno può dissentire. È uno slogan talmente innocuo che ministri del governo come Gordon Brown si sono accodati al carrozzone. Egli spera di rilanciare la sua popolarità con i programmi di "cancellazione del debito" per l'Africa ecc. Lo slogan è sostenuto da varie chiese, capeggiate da quella stessa Chiesa Cattolica che condanna i preti coinvolti nella lotta alla povertà in America Latina, da sindacati che hanno abbandonato i propri iscritti, da un migliaio di associazioni di carità che promuovono varie religioni e un intero nugolo di pop star invecchiate che non vedono come il "far festa contro la povertà" abbia un aria vagamente ridicola. Nessuna di queste persone avanza la benché minima critica del sistema che crea la povertà, e le loro "soluzioni" sono francamente utopiche.

La crisi mondiale

La povertà globale ha cominciato drammaticamente ad aumentare fin dagli anni 1970, quando il boom post-bellico giunse al termine. Questa non è una novità sotto il capitalismo. La legge della caduta tendenziale del saggio del profitto implica che a un certo punto il ciclo di accumulazione si arresti o stagni. Quando ciò si verifica, solo una massiccia svalutazione del valore del capitale esistente può far ripartire l'accumulazione. Nel ventesimo secolo il risultato di tutto questo furono le due guerre mondiali.

Oggi stiamo vivendo 30 anni di stagnazione e il sistema continua ad arrancare solo attraverso l'accumulazione massiccia di debiti, sia pubblici che privati. I singoli stati capitalisti hanno provato a ripianare i propri deficit attraverso il taglio alla spesa assistenziale, ma non sono riusciti ad abolirla completamente senza provocare il collasso sociale. Quindi il nuovo trucco è far comprare a tutti sempre più beni inutili con soldi che non hanno. Questo spiega il gigantesco debito personale in occidente, visto che qui i lavoratori comprano i beni a basso costo prodotti dalle aziende fondate sulla sfruttamento del mondo. Alla periferia del sistema lo sfruttamento massiccio è talvolta accompagnato dalla vera e propria schiavitù per 100 milioni di lavoratori che lavorano per quasi niente. I lavoratori di tutto il mondo creano beni che contengono il valore della propria forza lavoro, che viene loro sottratto. Dal momento che i capitalisti col salario non restituiscono il valore che viene loro estorto, essi diventano più poveri.

L'illusione del commercio equo

In termini internazionali le nazioni più ricche continueranno a scaricare la crisi su quelle più deboli. Detto in maniera semplice, questo succede perché i capitali più ricchi si servono della concorrenza per produrre beni a basso prezzo con salari stracciati. Inoltre, quanto più una nazione impoverita come il Mali diventa integrata nel capitalismo globale, tanto più i contadini poveri e i lavoratori rurali rinforzano i ranghi dei disoccupati. Questa è una legge ferrea del capitalismo. Sotto il capitalismo l'idea di "commercio equo", così cara al movimento "Rendiamo la povertà storia" è perciò solo una crudele presa in giro.

Lo stesso è per l'idea della cancellazione del debito. Brown ha proposto che 21 nazioni africane ottengano la cancellazione del 100% del loro debito. Ciò può sembrare generoso, finché non si nota che la mossa fa parte della partita inglese per danneggiare gli interessi degli altri vecchi stati coloniali in Africa. E ci sono delle condizioni capestro. Le nazioni che ricevono tale aiuto saranno obbligate ad adottare un piano di ristrutturazione che li renderà ancora di più dipendenti dagli stati dominanti o imperialisti.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale rappresentano gli interessi di questi stati, perciò non offriranno mai prestiti a meno che le nazioni in questione non si liberino delle leggi che potrebbero proteggere (anche se in maniera inadeguata) i lavoratori locali.

Un'ultima piccola trappola del sistema è denominata "aiuto". L'Unicef vuole che le nazioni ricche diano lo 0.7% del proprio prodotto interno lordo al mondo (non) "in via di sviluppo". Anche l'aiuto, comunque, fa parte del ricatto. Nessun aiuto sarà fornito senza condizioni. La nazione ricevente deve cedere per iscritto i diritti di negoziazione della sua monocoltura locale, oppure i soldi che riceverà potranno essere usati solo per comprare beni dalla "nazione donatrice". Questi "beni" sono, nella grande maggioranza dei casi, armi da usare poi contro la popolazione locale. Da qui il dominio delle forze armate in questi stati.

Molto risalto è stato recentemente dato dalla stampa inglese al fatto che dell'"aiuto" si siano appropriati regimi militari corrotti. Infatti, proprio questo mese la commissione nigeriana anti-corruzione ha dimostrato che i dittatori militari corrotti hanno sottratto alla nazione qualcosa come 220 miliardi di $ a partire dall'indipendenza, nel 1960; una cifra pari a tutti gli "aiuti" destinati all'Africa sub-sahariana nello stesso periodo. Ma chi erano questi dittatori? Quegli stessi ufficiali che erano stati addestrati all'accademia militare di Sandhurst, quando il Regno Unito voleva controllare l'esercito nigeriano sapendo che questo, a sua volta, avrebbe controllato la nazione.

La presa dell'imperialismo

Tutto ciò non è una sorpresa. Difficilmente c'è qualcosa che avviene in Africa che non sia conseguenza dell'interferenza della competizione imperialista tra gli stati dominanti sul pianeta. Anche i massacri in Rwanda del decennio scorso erano il risultato diretto della situazione lasciata in eredità dall'imperialismo e dal colonialismo. Allora il Belgio controllava il territorio applicando il principio "divide et impera". La minoranza tribale Tutsi era stata favorita contro la maggioranza Hutu. Quando i belgi sono partiti, i Tutsi hanno preso il loro posto come dominatori coloniali. Non solo non fu fatto niente per prevenire gli scontri, ma anzi fu fatto tutto il possibile per incoraggiare i massacri allontanando le truppe. E quando i massacri di Hutu cominciarono, il solo modo tramite cui i Tutsi potevano essere identificati era dalle carte d'identità ch'essi portavano e che i Belgi avevano contrassegnato con la loro origine tribale. Come conseguenza, un milione di persone sono morte. Il mondo restava a guardare mentre le potenze imperialiste aspettavano di capire cosa fosse meglio per loro.

Alcuni pensano che "imperialismo" sia solo una parola, l'invenzione di pochi pazzi vecchi marxisti che rifiutano di accettare che il capitalismo è il migliore sistema, in questo migliore dei mondi. In Africa, in Asia e in America Latina esso non è una astrazione. Milioni di vite vengono rovinate ogni giorno da questa realtà.

La sola alternativa al capitalismo

Queste sono le radici materiali del sistema. Il capitalismo dipende dalla crescente povertà dei molti per incrementare la ricchezza dei pochi. Non sarà scosso dai concerti pop o da dimostrazioni legali (come i 2 milioni che hanno dimostrato il 15 febbraio 2003 contro la guerra in Iraq ben sanno), né tanto meno le lettere a Tony Blair turberanno la coscienza della nostra classe dirigente. Esso non verrà modificato nemmeno da qualche drammatica, ma in definitiva inutile, bravata dall'ala dissidente del movimento.

Molti che leggono questo documento si considereranno "anti-capitalisti". Molti avranno preso parte al movimento anti-globalizzazione degli ultimi anni. Molti capiranno che le cause della povertà globale giacciono nelle leggi dello stesso sistema capitalista. Molti vorranno una società in cui tutte le gerarchie siano distrutte e il pianeta sia spinto dai bisogni e i vantaggi di tutti quelli che lo abitano. Ma questo pone una dura questione. Qual è l'alternativa? Le persone che hanno coniato lo slogan "rendiamo la povertà storia" non sono interessate ad alcuna alternativa. Loro vogliono tenersi il capitalismo. Loro vogliono solo che ci sentiamo bene per aver fatto la nostra buona azione per rendere il capitalismo più "umano", più "etico". In altre parole, in realtà non vogliono affatto battersi per un confronto effettivo con le cause della povertà.

La storia offre solo un numero limitato di opzioni. Se non il capitalismo, allora cosa? Bene, ci sono tutti gli strumenti per una alternativa a questo sistema che è basato sul profitto e lo sfruttamento del lavoro salariato. Il capitalismo ha sviluppato gli strumenti per creare una società globale basata sulla cooperazione umana e la pianificazione razionale: una società che possa decidere che il costo è irrilevante quando si tratta di scelte ambientali o umanitarie. Una tale società sarebbe in grado di far ciò solo perché avrebbe abolito il denaro, lo strumento di scambio che permette ai capitalisti di derubarci del frutto del nostro lavoro. Essa non avrebbe neppure frontiere nazionali, rivalità nazionali e classi dirigenti ansiose di parassitare sulla ricchezza che noi abbiamo creato per loro. Il pianeta è abbastanza ricco per assicurare una vita decente, anche abbondante, per tutti i suoi abitanti ma solo dopo che i rapporti sociali antagonistici che permettono ai ricchi di fomentare guerre, carestie e leggi ingiuste siano stati rovesciati.

Un tale sistema possiamo chiamarlo solo "comunismo". E con ciò non intendiamo niente di simile al sistema che ha retto l'URSS sotto Stalin e i suoi eredi. Infatti una tale società è la più lontana possibile dall'idea di comunismo. Ci vorrà del tempo perché il mito che lo stalinismo coincida con il comunismo sia abbandonato, ma un giorno ciò accadrà. Proprio con la stessa sicurezza con cui la crisi capitalista provocherà una ripresa generalizzata della lotta collettiva dei lavoratori salariati. Poiché noi creiamo la ricchezza del mondo, noi abbiamo la potenzialità di cambiare il mondo. Una volta che noi, lavoratori di tutto il mondo, saremo coscienti della nostra forza e dell'obiettivo di una società senza classi, senza denaro, senza stato, saremo inarrestabili.

Lavoratori del mondo, uniamoci, abbiamo un mondo da guadagnare.

Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario