Tutti uniti contro i lager della borghesia

Volantino distribuito a Bologna il 3 marzo in occasione del corteo nazionale contro i CPT

Le anticipazioni ufficiali sulle proposte di riforma della legge Bossi-Fini ribadiscono che i CPT saranno riconfermati e proseguirà il processo della loro esternalizzazione verso i paesi di transito (nord Africa, est Europa, ecc.) dove costano meno ed è ancora più difficile sapere ciò che accade al loro interno. Niente di strano. È stata infatti proprio la sinistra ulivista a creare, con la legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, i CPT, veri e propri lager per clandestini in attesa di rimpatrio. Una “sinistra” che ha poi la faccia tosta di dichiararsi per una società multietnica e per una cultura dell’accoglienza...

L’opera dei governi dell’Ulivo è stata proseguita e peggiorata dalla legge Bossi-Fini, che ha introdotto il contratto di soggiorno al posto del permesso di soggiorno. Non è difficile capire che in questo modo la vita di un proletario immigrato dipende totalmente da padroni e padroncini, nonché da delinquenti vari che speculano sulla vita degli immigrati (vendita di veri o presunti contratti di lavoro a prezzi da strozzini). La condizione di lavoratore usa e getta, ormai diffusissima in tutti i luoghi di lavoro grazie ai diversi accordi tra governi-padroni-sindacati, è come e più di prima la condizione normale del lavoratore immigrato, con costi umani pesantissimi.

Lungi dal cambiare rotta, la riforma Ferrero-Amato, a cui sta lavorando l’attuale governo, ribadisce il rapporto tra obbligo di lavoro e diritto al soggiorno, e prosegue sulla via della trasformazione del CPT da luogo di espulsione a strumento di gestione della forza-lavoro immigrata.

L’obiettivo del capitale internazionale di spingere i salari al disotto del loro valore, cioè al di sotto di quanto è necessario per vivere, fa sì che in ogni paese ci sia un costante livellamento verso il basso di tutti i settori del lavoro salariato/dipendente, perché oggi il punto di riferimento dei padroni è il salario degli strati più poveri e sfruttati del proletariato mondiale. Tutto ciò è frutto della crisi economica mondiale, che spinge alla intensificazione dello sfruttamento per alimentare il profitto industriale e la speculazione finanziaria, e che ha ormai chiuso ogni spazio di manovra alle politiche riformiste. Questo porta, oltre all’aumento bestiale dello sfruttamento, alla sempre più frequente trasformazione delle tensioni interimperialistiche in focolai di guerra - ipocritamente mascherati da interventi umanitari o in difesa della civiltà e della religione - e una reazione sempre più feroce e poliziesca da parte della borghesia contro ogni forma di opposizione sociale. Tutto ciò è facilitato dal razzismo, che intossica anche strati non insignificanti di quel proletariato che ha perso o non ha mai avuto né identità né, tanto meno, coscienza di classe. Un razzismo alimentato dall’abbrutimento fisico e morale tipica di ogni società fondata sull’oppressione, e fomentato dai settori più reazionari e pidocchiosi della borghesia, ma che torna utile alla borghesia nel suo insieme.

Per questo, dobbiamo e possiamo lottare contro i padroni, i loro governi, le loro leggi razziste, reazionarie e anti-operaie, perché maggiore sfruttamento e oppressione per i proletari immigrati vuol dire maggior sfruttamento e oppressione per tutti. Solo una classe lavoratrice unita sul terreno della lotta anticapitalista - e non su quello perdente della concertazione sindacale - può farlo, oltre e contro le false divisioni religiose, etniche, linguistiche. Solo un partito rivoluzionario su scala internazionale, libero da ogni residuo politico dello stalinismo e di ogni opportunismo, può indicare le prospettive di uscita da questa infame società!