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Home ›Lotta alla FIAT di Pomigliano - Cariche della polizia
Una testimonianza diretta dai picchetti
Oggi è una giornata di svolta nella mobilitazione contro le 316 esternalizzazioni. Fin dalla mattina la situazione ai blocchi appare mutata rispetto ai giorni precedenti. Il blocco dei camion merci inizia a produrre i suoi effetti sull’azienda, la quale prende le contromisure.
All’una di notte arriva il via libera all’articolo 700 dalla prefettura. Le forze dell’ordine borghese hanno recepito la richiesta dell’azienda di sgomberare i blocchi. Lo sgombero può avvenire in qualsiasi momento, ora.
La Fiat ha bisogno di portare all’esterno i semilavorati necessari a servire le altre fabbriche: lo fa utilizzando 4 elicotteri che, dall’alba, portano fuori dallo stabilimento le merci. Segno che la fabbrica è stata colpita... ma anche che è pronta a reagire.
Alle 10 di mattina arrivano due camionette dei carabinieri, vedono il gran numero di operai presenti al picchetto al varco 1 e se ne vanno. All’ora di pranzo inizia una confusa e prolungata assemblea. Sono ormai comparse, da oggi, le bandiere sindacali, simbolo della divisione degli operai sotto diverse parrocchie (altro che unità!!).
È arrivata una proposta di tavolo di contrattazione tra l’azienda ed i sindacati. Tutti i sindacalisti vogliono accettare il tavolo e il vincolo che la dirigenza impone per sedersi a discutere: la smobilitazione dei picchetti. Il lavoro di sfiancamento e divisione degli operai portato avanti da tutti i sindacati dall’inizio della vertenza, inizia a fare il suo effetto. Molti operai sono confusi e disorientati. Smobilitare per approfittare di questo spiraglio o continuare ad oltranza, ma senza più le forze di prima? Due considerazioni:
- Quasi tutti i 316 hanno già ricevuto la lettera che li invita a presentarsi il 5 maggio al polo logistico di Nola. Cosa bisogna andare a contrattare allora? I sindacalisti sostengono che avranno più forza se levano il picchetto da soli, ma è una bufala! Gli operai avranno più forza (e si daranno più coraggio) se andranno avanti, i picchetti si possono pure levare: ma deve essere la forza pubblica a farlo, non gli operai a calare le braghe preventivamente.
- Dall’inizio della vertenza il sindacato cerca di fiaccare gli animi ed indebolire la protesta. Tutti i sindacati (meno la confederazione Cobas, ma solo perché animata - in questa fabbrica - da operai sinceri e non da sindacalisti):
- stanno invitando i 316 ad andare a lavorare indebolendo, di fatto i picchetti;
- stanno cercando di fare passare ad ogni spiraglio la possibilità che i picchetti si tolgano, preferendo, loro, la vertenza legale - che non danneggia la produzione;
- sono compatti nel sostenere che i picchetti vanno tolti per approfittare del tavolo concessogli, poi, magari, si rimetteranno una volta fallito il tavolo;
- non stanno facendo niente dentro la fabbrica per costruire la solidarietà, è vero che all’interno prevale l’individualismo, ma non è una buona scusa per non fare nulla.
Alla fine della assemblea, condotta davanti alla Digos, decidono di togliere i picchetti quando arriverà il fax che convoca ufficialmente il tavolo. Ma l’ispettore dice che dobbiamo sgomberare.
Gli operai più combattivi si staccano e vanno a raggrupparsi al punto dove inizia il blocco dei camion. “Dai picchetti non ce ne andiamo”. Gli altri stanno ad un centinaio di metri a guardare. Arrivano 2 camionette della polizia e scendono 20 celerini in tenuta anti-sommossa. Gli operai si piazzano dietro una rete improvvisata a mo’ di barricata, alle spalle hanno le ruote incendiate. Il commissario intima più volte di andarcene. Il gruppo rimane compatto. Urla agli altri operai che, alla fine, proprio mentre parte la prima carica, finalmente si uniscono, anche i sindacalisti sono obbligati ad unirsi, anche se lo fanno in maniera molto defilata.
Subito un operaio rimane a terra dopo le manganellate. Siamo a mani nude, sostanzialmente disorganizzati, ma, ora, compatti. Applaudiamo le forze dell’ordine, indietreggiamo.
Arrivano i pompieri a spegnere il fuoco (delle ruote, i sindacalisti ormai non possono fare più di quello che già hanno fatto). Dopo una mezz’ora iniziano a venire i camion, cerchiamo di metterci davanti. La nostra intenzione è quella di indietreggiare fino ai cancelli della fabbrica, per poi sdraiarci in terra ed impedire il passaggio dei camion, con i nostri corpi. Parte la seconda serie di cariche, la cui furia ci fa presto desistere dal piano. Cercano di portare degli operai nelle auto. Alla fine riusciranno a fermarne uno. Altri tre feriti. Siamo costretti ad abbandonare il campo. I camion entrano, 40-50, fagocitati dal mega stabilimento. Il fax del tavolo non è ancora arrivato, fortuna che i celerini dovevano aspettarlo! Dopo un paio d’ore l’operaio fermato viene rilasciato.
Oggi si è persa una battaglia, ma numerosi sono gli insegnamenti che ne abbiamo tratto.
Domani appuntamento alle 15 sotto l’unione industriali.
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